La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini
Incisione da «Il Mondo Illustrato», 3 agosto 1861

La Festa di San Giacomo sul Po: più coltellate che rinfreschi

La Festa di San Giacomo Maggiore è una festa tradizionale della nostra città che viene descritta da un articolo del periodico torinese «Il Mondo Illustrato» del 3 agosto 1861, dove appare anche una illustrazione, piuttosto nota, che ha sicuramente contribuito a tramandarne il ricordo.

 

Festa popolare di San Giacomo sul Po a Torino.

 

È antichissima usanza il festeggiare in Borgo Po a Torino la ricorrenza del giorno di San Giacomo; esso trae origine da un voto fatto dalla famiglia dei pescatori da oltre 300 anni. Esiste di mano ignota un vecchio quadro rappresentante la festa ed il voto. Per lo addietro era portato attorno trionfalmente; ora è del tutto guasto e abbandonato.

 

La festa avviene nel modo seguente. Alle 11 antim. parecchie barche festivamente parate stanno leste alla riva del Monte dei Cappuccini per recare sul fiume le numerose brigate del popolo accorrente. Una barca maggiore adorna di bandiere e drappi a foggia di padiglione è adattata appositamente con un assito a modo di ponte.

 

Ivi si raccolgono i capi della festa, così detti Abbà, la banda militare, un picchetto di soldati, e i giovani gareggianti alla pesca festiva. La carovana alle 11 e ½ si mette in moto al suono della musica, e, attraversato il fiume alla sponda opposta a’ piè della vicina chiesa di San Lazzaro, gli Abbà, preceduti dal picchetto e dalla banda, scendono a fare ivi benedire una ventina di pesci raccolti in una tinozza; quindi, tornati a bordo con marcia trionfale e popolaresca solennità, muovono le barche nuovamente per ancorarsi a mezzo il fiume disegnando una specie di quadrato.

 

Ivi il capo della festa getta uno dopo l’altro i pesci adorni di nastri nelle onde, traendoli dalla tinozza e facendo loro descrivere un arco in aria. A un tratto i giovani competitori in abito di atleti, spiccando un salto con maestrevole, si tuffano un dopo l’altro nelle onde, e fanno a gara a raccogliere colle mani i pesci guizzanti. Il primo che riesce ad afferrare il pesce maggiore è proclamato il re della festa, ed apre il ballo, che, sotto un padiglione eretto sulla destra sponda, rallegra sino a tarda sera quella famiglia di popolani.

C. F. B.

 

 

Un quadretto forse un po’ oleografico che a distanza di sedici anni appare nettamente ridimensionato da questo velenoso articolo della «Gazzetta Piemontese» del 25 luglio 1877.

Leggiamo:

 

San Giacomo ha vuotato il fiasco stanotte e che diluviata! Fra i proverbi contadineschi ne corre uno che vuole che questo fiasco si vuoti proprio il 25 luglio, pena a vedere andare a male il raccolto. Ci auguriamo che l’espressione della sapienza popolare non falli.

 

Anni sono – e non son tanti – in questo giorno o nella più vicina domenica, San Giacomo si festeggiava solennissimamente in Borgo Po dalla maestranza, o Compagnia che si dicesse dei barcaioli e pescatori.

 

Tra il mezzogiorno e il tocco si faceva nel Po, dirimpetto al monte, il getto di grossi pesci che essendo trattenuti da sottili cordoncini di seta passati fra le branchie, guizzavano per darsi aria d’esser liberi, ma eran tosto ripescati da una frotta di palombari a buon mercato, portati all’osteria, fritti e divorati prima che scoccassero le due.

 

Il più bello e più grosso di questi pesci (ed era sempre un carpione raccattato in qualche pescaia e che del Po non aveva mai udito parola) veniva solennemente portato al Municipio dai pescatori in costume di bagnanti e regalato, assieme a due mazzi di fiori, al sindaco che con la largizione d’uso e due parole in croce ringraziava i donatori.

 

Poco a poco la festa andò in disuso o non ne rimase altro che un ballo che, un venti anni fa, era famosissimo e dava occasione di una specie di fiera nel Borgo Po. Ma anche il ballo perdette la sua celebrità: di regola generale, anzi di prammatica, vi si distribuivano più coltellate che rinfreschi e l’autorità per parecchi anni vietò che quel ballo si tenesse di modo che anch’esso decadde ed andò in disuso, come fortunatamente andò pur quello che per tre giorni si teneva nel Borgo del Pallone in occasione della festa di San Pietro.

 

 

Si direbbe che col tempo anche le feste tradizionali dei borghi “storici” torinesi vengano rovinate dal frequente ricorso al coltello da parte dei partecipanti. Ma quello che appare francamente insopportabile è il tono critico dell’anonimo cronista che, dopo aver deriso e banalizzato gli aspetti tradizionali della ricorrenza, pare quasi contento che la presenza dei teppisti abbia giustificato la proibizione del ballo tradizionale da parte dell’autorità: anche oggi si può spesso verificare come i peggiori nemici del Piemonte siano proprio i piemontesi!

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Articolo pubblicato il 25/07/2019