Antonio Stuardi, don Bosco e l'Augusta Signora delle Alpi – seconda e ultima parte

Lo scultore «rappresentò l'Augusta Signora delle Alpi nevose che sorge dai monti, tutta circonfusa di maestà e di grazia in atto di accogliere maternamente fra le sue braccia i pellegrini che traggono a Lei»

Veniamo ora a parlare della Madonna del Rocciamelone, la statua in bronzo, raffigurante la Madonna delle nevi, opera di Antonio Stuardi, che viene portata in vetta a spalle, fra grandi difficoltà, da una ventina di Alpini del battaglione Susa del 4° Reggimento alpini, dopo essere stata suddivisa in otto pezzi.

La Madonna delle nevi è inaugurata il 28 agosto del 1899 concretizzando così l’iniziativa lanciata il 28 agosto 1895 dal canonico Antonio Tonda, Prevosto della Cattedrale di Susa, e dal professor Giovanni Battista Ghirardi, direttore di un giornale per bambini, di collocare una statua della Vergine alla sommità della montagna realizzando così il più elevato monumento della cristianità.

La raccolta del denaro necessario è stata attuata mediante una grandiosa sottoscrizione di 130.000 bambini di tutta Italia che ha ottenuto l’alto patronato della Regina Margherita: ciascun bambino ha offerto la modestissima cifra di 10 centesimi (due soldi). A ricordo del loro contributo, sul basamento della statua è scritto «I bimbi d’Italia a Maria».

La statua di Antonio Stuardi, fusa a Milano dallo stabilimento Strada, è alta 3 metri, pesa 650 kg e ha al suo interno una fitta armatura di rinforzo e sostegno in ferro, dal peso di ben 800 kg.

Tutto questo avviene sotto il pontificato di S.S. Leone XIII che detta l’epigrafe del monumento, al tempo molto apprezzata per il nobile senso patriottico: «Alma Dei Mater – nive candidior - Maria – lumine benigno Segusium respice tuam – Ausoniae tuere fines – Coelestis Patrona – Leo PP XIII» (O alma madre di Dio, più candida della neve, Maria, con sguardo benigno veglia sulla tua Susa e celeste patrona proteggi i confini d’Italia).

La statua pare quasi vivere una vita propria: è molto nota e amata ma pochissimi conoscono il nome del suo autore. L’anno scorso, il 21 luglio, a Usseglio, nella Valle di Viù, si svolta la commemorazione dei 119 anni della posa della Madonna del Rocciamelone, in collaborazione con i comuni di Bessans, Novalesa e Mompantero (4 comuni in vetta). Nel pieghevole, dove si narra la storia della statua, il nome dell’autore Antonio Stuardi non viene neppure citato!

La Madonna del Rocciamelone è condivisa tra la Val di Susa e la Valle di Viù. Non soltanto in senso topografico, visto che la si può raggiungere dalle due valli ma anche per una tradizione orale che voglio qui condividere.

Torniamo al trasporto in vetta della statua effettuato dagli Alpini del battaglione Susa, immortalato da una copertina della “Domenica del Corriere” disegnata da A. Beltrame: «I soldati alpini trasportano su la punta del Rocciamelone (a 3537 metri) la statua in bronzo della Madonna delle Nevi».

Un bel disegno, un po’ idealizzato, anche se la didascalia dice che è stato realizzato sulla base di disegni e fotografie. Sono proprio le fotografie coeve a mostrarci i soldati vestiti con una uniforme di fatica e senza il cappello piumato ma con un berrettino a visiera che ricorda il personaggio di Marmittone disegnato da Bruno Angoletta qualche anno dopo.

Orbene, a Viù (Torino) abbiamo sentito raccontare che, durante il trasporto, ad un certo punto della salita, non era più possibile procedere reggendo in coppia la testa della statua. A questo punto uno degli Alpini, originario di Viù e noto col soprannome di Murasca, aveva detto all’ufficiale che li comandava: «Se lei mi dà il permesso, io scendo verso la Valle di Viù e mi procuro una grossa garbina (una gerla, N.d.A.) così posso trasportare la testa portandola sulle spalle». L’ufficiale gli ha dato il permesso e così Murasca è sceso a cercare la garbina, è tornato, si è caricato la testa che è giunta così a destinazione.

Lo raccontava il cav. Ignazio Guglielmino, di Viù (classe 1928) che da bambino aveva conosciuto Murasca, ormai anziano, come narra nel suo libro “La vita di un uomo” (Castellamonte, 2013).

Così, vedendo la foto del soldato che posa davanti all’obiettivo reggendo la testa della Madonna, viene da chiedersi se si tratti del nostro Murasca, evocato almeno per un attimo dall’oblio del tempo grazie al racconto di Ignazio Guglielmino.

 

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Articolo pubblicato il 28/06/2019