Antonio Stuardi, don Bosco e l'Augusta Signora delle Alpi – prima parte

Lo scultore «trae l'ispirazione delle sue opere dalla fede cristiana e sa accoppiare in modo mirabile il sentimento religioso alla verità in una classica armonia di linee»

A Torino, domenica 25 dicembre 1938, alle ore 21:30, muore il cav. Prof. Antonio Stuardi, scultore, nella sua abitazione di via Caprie n. 12, nel quartiere Cit Turin. Stuardi non si è sposato, il necrologio pubblicato dal giornale La Stampa il giorno 27 dicembre, è firmato dalla «affezionata figlioccia» Giuseppina Riccio, dalle due cognate e da vari nipoti. I funerali si svolgono il 28 dicembre, a Torino, poi Stuardi viene sepolto a Poirino, suo paese di nascita.

A Poirino, Giovanni Antonio Stuardi è nato nel 1862. All’Accademia Albertina di Torino è stato allievo degli scultori Odoardo Tabacchi (Valganna, 1831 – Milano, 1905) e Luigi Belli (Torino, 1848 – 1919).

La guida “Augusta Taurinorum. Torino illustrata nelle sue Cose e nei suoi Cittadini”, pubblicata nel 1901, ci informa che il Cav. G. Antonio Stuardi ha il suo studio in via Vanchiglia n. 36 e ne fornisce questa sintetica biografia:

Egli trae l’ispirazione delle sue opere dalla fede cristiana e sa accoppiare in modo mirabile il sentimento religioso alla verità in una classica armonia di linee. Il gruppo Charitas è fra i suoi primi e più bei lavori; fu quello, direi così, che presentò lo Stuardi al pubblico, nei suoi sentimenti, nelle sue aspirazioni.

A questo lavoro, acquistato dal Re, seguirono altri di non minore importanza: il Gruppo del Nazareno che accoglie i pargoli; il Timpano della Pentecoste, per l’ingresso della Chiesa di N. S. del Cenacolo; il Gruppo di angioli per l’altare maggiore di San Bernardino.

Opera sua è il monumento innalzato a Don Bosco a Castelnuovo d’Asti, e vinto per concorso, nel quale il santo uomo viene rappresentato in atto di accogliere paternamente un fanciullo povero d’Europa e un selvaggio della Patagonia, sintetizzando così in questo gruppo tutta la vita di Don Bosco consacrata alla gioventù dei due Mondi. Ma il lavoro destinato a rendere il nome di Stuardi popolare doveva essere la bella statua della Madonna, protettrice dei confini della Patria, elevata, colle offerte dei bambini d’Italia, sull’ardua vetta del Rocciamelone. E lo Stuardi incurante dei disagi, che la grande opera richiedeva, si accinse al lavoro pieno di sublime entusiasmo e ci rappresentò l’Augusta Signora delle Alpi nevose che sorge dai monti, tutta circonfusa di maestà e di grazia in atto di accogliere maternamente fra le sue braccia i pellegrini che traggono a Lei.

 

Ho scoperto in rete il sito “Le opere dello scultore Stuardi” a cura di Floriana Porta e a questo rimandiamo per un approfondimento sugli aspetti artistici della produzione di questo artista.

In questa sede vorrei soffermarmi sulle sue due sculture più significative, in primo luogo sul monumento a don Bosco, collocato a Castelnuovo d’Asti (oggi Castelnuovo don Bosco), il 18 settembre 1898, il primo al mondo raffigurante il sacerdote torinese morto da dieci anni e non ancora proclamato santo.

Il monumento, posto nella piazza al centro del paese, raffigura il don Bosco che cinge due giovani, uno italiano e uno della Patagonia. È il primo dei molti poi eretti in tutto il mondo. L’idea della realizzazione dell’opera è del vescovo di Pinerolo, Giovanni Battista Rossi, e gli abitanti di Castelnuovo, entusiasti, formano un comitato presieduto dal sindaco Avventino Musso e i fondi vengono reperiti anche fra i castelnovesi residenti all’estero. Viene inaugurato con una solenne cerimonia da monsignor Agostino Richelmy, arcivescovo di Torino, minutamente narrata e documentata da foto dal Bollettino Salesiano n. 10/1898.

Dalla stessa fonte apprendiamo che Antonio Stuardi ha realizzato le figure in marmo bianco di Carrara, alte 3 metri, su un basamento in granito roseo lucido di Baveno, alto 3 metri, per una altezza totale di 6 metri. Sempre secondo il Bollettino, che riporta una presentazione dell’artista con una foto, «Tutto il gruppo spira un sentimento soave di benevolenza, di bontà e di pace spirituale; il che prova come l’artista abbia sentito nel suo intimo l’opera e la figura di D. Bosco».

Il Bollettino insiste sulla partecipazione ideale di Stuardi alle idee della fede cristiana in contrapposizione alle scelte – che il giornale salesiano giudica inopportune – di altri scultori: «È notevole in lui la facilità, con cui sa accoppiare lo studio del vero ad uno squisito sentimento d’ideale religioso, prezioso vanto per un artista ai tempi nostri, in mezzo alla caterva di coloro che, dipartendosi da ogni nobile ideale, hanno disposato unicamente il vero e questo vero bene spesso così deforme, che ci offrono le più strane e ributtanti cose di soggetto ozioso e lascivo, da sembrare che pel brutto e pel male abbiano una speciale predilezione».

Il centenario di questa inaugurazione viene ricordato a Castelnuovo nel settembre del 1998. Il monumento ha subito un recente restauro ad opera del laboratorio Nicola di Aramengo, come racconta La Stampa di venerdì 11 settembre 1998.

Fine della prima parte – continua

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 27/06/2019