La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

1500 detenuti in rivolta alle Carceri «Nuove» - prima parte

Prosegue la nostra ricognizione sulla sommossa avvenuta alle Carceri «Nuove» di Torino il 26 e il 28 dicembre 1945, con l’analisi delle cronache del quotidiano “La Nuova Stampa”. Il quotidiano del 27 dicembre 1945 scrive:

 

1500 detenuti in rivolta / alle Carceri “Nuove„

Gli ammutinati tentano di forzare i cancelli - Intervento della Forza Pubblica – Il Prefetto, il Questore, il Sindaco ed autorità alleate sul posto - Una rapida e violenta agitazione notturna

 

Nella mattinata di ieri 1500 detenuti delle carceri Nuove si sono ammutinati. Già durante la notte di Natale si era notato un certo fermento nei vari «bracci». Ma la rivolta scoppiava fulminea verso il mezzogiorno di ieri: mentre era in corso la distribuzione del rancio, tre o quattro detenuti sbucati dal quinto reparto, usando ferri acuminati aprivano le altre celle del loro corridoio. I liberati, a loro volta, si spargevano negli altri bracci aprendo con lo stesso sistema le porte di tutte le celle. In breve 1500 prigionieri erano liberi e si gettavano contro i cancelli divisori dei bracci schiantandoli. Altri impossessatisi di picconi si spingevano fino agli ultimi cancelli interni. Le guardie impotenti ad arrestare la marea umana inferocita e tumultuante, fuggivano; tuttavia sembra che alcune di esse siano state catturate e tenute come ostaggi. Un tenente, ex partigiano, andò a parlamentare coi detenuti, ma il risultato fu che anch’egli venne trattenuto.

Telefonicamente avvisati, giungevano con la massima rapidità contingenti di carabinieri del gruppo interno scortati da quattro autoblinde, un reparto corazzato leggero della divisione Cremona e gruppi di agenti accorsi dalla vicina Questura. Per sedare la rivolta venivano sparate in aria raffiche a scopo intimidatorio; ma visto che non era possibile raggiungere alcun risultato e, dato che i prigionieri erano in procinto di uscire dal carcere, i militi aprivano il fuoco ferendo leggermente due rivoltosi i quali erano subito ricoverati e medicati dal sanitario delle Nuove, dott. Rossi.

Il processo verbale del capitano dei Carabinieri Luigi Schirinzi parla di un solo ferito, ad un piede, Giovanni Franco e la stessa “Stampa” del 28 dicembre darà la notizia corretta, indicandolo come «detenuto per reato comune».

Poco dopo giungevano il Prefetto, il Questore, il Sindaco, l’avv. generale della locale Procura, i col. Mighell e Montague.

I due ufficiali appartengono all’A.M.G., Allied Military Government, amministrazione militare alleata dei territori occupati durante la seconda guerra mondiale.

I detenuti venivano invitati a rientrare nelle celle dopo aver nominato una commissione che esponesse i motivi della rivolta. Un gruppo di dieci detenuti, guidati dall’avv. Dal Fiume, si recavano nell’ufficio del direttore per conferire con le autorità. L’avv. Dal Fiume dichiarava che i detenuti si erano ammutinati non per evadere, ma per protestare contro l’eccessiva lentezza dei procedimenti a loro carico ed inoltre, a nome dei compagni, lamentava che la posizione di ciascuno non fosse con sufficiente sollecitudine definita e chiarita. Le autorità rispondevano che le richieste dei detenuti sarebbero state prese in considerazione e che nessuna misura disciplinare sarebbe stata adottata a loro carico. Li invitavano però a ritornare nelle celle immediatamente. La rivolta poteva dirsi praticamente cessata alle 17. L’ordine si poteva considerare ristabilito benché i prigionieri fossero ancora liberi nell’interno dei bracci.

L’avvocato Mario Dal Fiume, già avvocato della FIAT, era in carcere perché sbrigativamente accusato di collaborazionismo e di interessate mediazioni per la liberazione di prigionieri detenuti dalle forze di polizia repubblicane. È un personaggio di cui dovremo ancora occuparci in seguito.

È stato accertato che danni notevoli non sono stati arrecati all’edificio. La vigilanza interna ed esterna è stata rafforzata anche con truppe corazzate della divisione Cremona. […]

Questa notte verso le 1 e 30 i detenuti hanno improvvisamente ripreso ad agitarsi. Essendo in condizione di potersi aggirare per gran parte dell’edificio, alcuni di essi, raggiunta la cabina di trasformazione, manovravano le leve in modo tale da provocare per una decina di minuti il totale spegnimento delle luci nelle carceri. Immediatamente soldati, carabinieri e agenti aprivano con la massima vigoria il fuoco, temendo un tentativo notturno d’evasione. La violenta sparatoria, a tratti, si prolungava sin oltre le 2, destando vivo allarme fra gli abitanti della zona. I detenuti, spaventati, riaccendevano infine la luce: non si sa ancora se l’azione repressiva della forza di polizia abbia provocato vittime.

Questa la cronaca de “La Nuova Stampa” del 27/12/1945. Il giorno seguente il giornale parla di un certo miglioramento della situazione, ben espresso dal titolo e dal sommario:

 

La rivolta alle “Nuove”

Forza pubblica e autoblinde / bloccano ancora le carceri

Due capitani di Polizia disarmati entrano a parlamentare con i detenuti - Nel sinistro edificio regna una relativa calma - Alcuni facinorosi rinchiusi dai dimostranti in celle di rigore - Nella notte ammonitrici raffiche di mitra

 

[…] La mattinata di ieri [27 dicembre] è trascorsa calma: i detenuti tuttavia erano ancor padroni dell’interno delle carceri. Infatti, liberamente, circolavano da un braccio all’altro, discutendo e riunendosi in animatissimi crocchi.

Alle 15 e 30, due ufficiali in borghese disarmati, i capitani Diberti e Sabatini dell’ufficio politico della nostra Questura, entravano con alcuni agenti nella zona occupata per parlamentare coi prigionieri: essi venivano bene accolti e potevano trattare a lungo e pacificamente con i loro rappresentanti. Infine si rivolgevano alla massa dei detenuti, svolgendo calda opera di persuasione. La iniziativa dei due capitani risultava ottima: i rivoltosi, placati, rientravano volontariamente nelle celle. […]

Si sono subito iniziati gli accertamenti. Anzitutto si è potuto assodare che nessun detenuto era evaso. In secondo luogo si è venuti a conoscenza di un fatto curioso e significativo. Durante i tumulti alcuni facinorosi si lanciavano nel magazzino viveri ed asportavano non poca roba: i compagni, individuatili, li acciuffavano e li rinchiudevano senz’altro nei «buchi» ossia in quel profondi sotterranei che servono da celle di rigore.

Il giornale sottolinea la mancanza di viveri «… una delle principali ragioni che ha indotto gli ospiti delle “Nuove” a desistere dai loro bellicosi propositi. I detenuti hanno tutto l’interesse a starsene zitti e buoni, a meno che non vogliano stringere la cinghia più del consueto…». Poi sottolinea «l’opera di pacificazione e di convincimento» svolta da alcuni detenuti, fra cui l’avv. Mario Dal Fiume, il generale Raffaele Castriota (1887-1978), ex-ispettore per il Piemonte della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana, forza di polizia della Repubblica Sociale che aveva inglobato i carabinieri) e i sette partigiani arrestati per la sanguinosa rapina all’Esattoria Comunale di Torino del 19 febbraio 1945.

Il rigoroso servizio di vigilanza alle «Nuove» è stato mantenuto anche questa notte. Numerose raffiche di arma automatica sono state sparate in aria, a scopo intimidatorio, per avvertire i detenuti della costante presenza della polizia. (La Nuova Stampa, 28/12/1945).

(Fine prima parte – continua)

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Articolo pubblicato il 06/06/2019