Il caso "Bertone" tiene in ansia la Città

Flavia Aiello, Segretaria provinciale UILM e Responsabile Gruppo Fiat, ci scrive

Nel momento  in cui l'indusria metalmeccanica sta attraversando uno dei momenti più bui della sua storia, la lotta sindacale pare più concentrata sulle lotte fratricide interne piuttosto impegnata alla ricerca di una ragionevole intesa per salvare il posto di lavoro ai loro tesserati. A questo proposito, Flavia Aiello, Segretaria provinciale UILM e Responsabile del Gruppo FIAT traccia una responsabile panoramica su ciò che sta accadendo alla "Bertone" dov'è in gioco la sorte dei dipendenti e delle loro famiglie dopo sei anni di cassa integrazione. 

 

Flavia Aiello esordisce dicendo: 

 

"Caro  Direttore, cari Lettori, in queste ore qualcuno sta pensando a interessi di bottega ma non a mantenere in vita posti di lavoro per il futuro, per i propri figli.  Da madre di famiglia e da sindacalista sono preoccupata. Vorrei riassumere brevemente cosa sta succedendo alla Bertone, la nota carrozzeria di Grugliasco che conta 1096 dipendenti da ben sei anni in cassa integrazione.

 

Qui la Fiat ha proposto di investire 500 milioni di euro e di produrre la Maserati. Non la Panda, ripeto, la “Maserati”. Ha anche chiesto di applicare l’accordo firmato da Fim-Uilm-Fismic e Associazioni quadri a Mirafiori e Pomigliano. E’ ovvio, non si può avere lo stesso contratto tra sud e nord Italia e poi averne due diversi tra Mirafiori e Grugliasco.

 

C’è un problema. La Fiom, organizzazione sindacale che qui è in netta maggioranza. Capita allora che noi altri sindacati in minoranza non abbiamo titolo per firmare l’accordo che potrebbe salvare tutti. La Fiom si arrocca, vuole mettere in discussione tutto (ma così facendo si tornerebbe indietro anche su Mirafiori) e Marchionne dice di voler portare altrove le produzioni.

 

Il punto, caro Direttore, è che l’accordo proposto da Fiat è addirittura migliorativo. Ma allora, perché la Fiom non firma? Non sta a me risolvere l’arcano. Quello che so è che in queste ore tutto è precipitato. Noi stiamo raccogliendo firme per chiedere ai lavoratori il mandato a firmare anche se in minoranza ma il tempo incalzava. Per salvare la Bertone sono arrivati da Roma addirittura i segretari generali di Cgil-Cisl-Uil: cosa volere di più? Hanno chiesto tutti e tre una opinione delle Rsu dello stabilimento, così come voleva questa opinione Marchionne.

 

 Purtroppo gli eletti hanno fatto un passo falso che mi ha lasciato sbigottita Hanno rimbalzato la questione ai lavoratori chiedendo un referendum per il 2 maggio. Assurdo: referendum su cosa!! Se prima non si esprimono loro sull’accordo che domanda vogliono fare ai lavoratori? Insomma, caro Direttore, la decisione delle Rsu di ieri sera amareggia la mia organizzazione sindacale. Vorrei a tal proposito farvi leggere la lettera inviata ieri dal mio segretario generale Maurizio Peverati per spiegare l’amara decisione di prendere le distanze dalle nostre stesse Rsu.

 

Scrive Peverati: "Hanno chiesto ai lavoratori di decidere con un referendum senza minimamente assumersi ciò che io, da sindacalista, ritengo la prima missione: “il coraggio della responsabilità”. Per questo ho preso le distanze addirittura dalla decisione delle mie Rsu. Perché è come (per fare un paragone) se i politici confusi domani si svegliassero e, invece di proporre, dicessero ai cittadini genericamente: cosa facciamo?

 

No. Non si fa così. Nella mia carriera sindacale ho affrontato sfide anche durissime, a volte in minoranza. Ho preso decisioni che a volte sono state accettate a posteriori dai lavoratori, a volte rigettate, ma intanto nel mio ruolo di sindacalista mi sono assunto la responsabilità di decidere. Non si lasciano 1097 persone sole al loro destino.

 

La loro salvezza era lì, a portata di mano. Bastava avere il giusto coraggio. Oggi la loro sorte, non neghiamocelo, è in discussione. Anche la Camusso ha detto ripetutamente che avrebbe atteso la decisione delle Rsu e anche io tale decisione mi sarei aspettato. Nasce una profonda riflessione sul ruolo del sindacalista, su quel confine complicato tra il rappresentare la gente e fare i burocrati.

 

Il primo ruolo richiede coraggio. Il secondo no, e va anche di moda".

 

Spero di aver contribuito a spiegare ai suoi Lettori il momento difficile per la Bertone e per Torino. Mi auguro che tutti lascino da parte gli interessi di bottega per perseguire in fretta un obiettivo: salvare il lavoro  a Torino e in Piemonte, per oggi e per il futuro delle nostre famiglie".

 

Certamente una situazione drammatica per la "Bertone" e tutto ciò che ruota attorno a quello che è sempre stato un fiore all'occhiello per l'industria automobilistica torinese.

 

C'è da sperare che alla fine prevalga la volontà di conservazione non solo del posto di lavoro ma soprattutto della dignità di ogni singolo lavoratore che oggi si trova di fronte al baratro della disoccupazione. 

 

La retorica è inutile e non potrà mai affermarsi contro i grandi poteri; seguiremo con attenzione l'evolversi del caso per relazionare nell'immediato ciò che il dialogo, che peraltro finora non c'è stato, riuscirà comunque a scaturire.

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Articolo pubblicato il 21/04/2011