L’Europa Unita alla prova dei fatti

L’intervento in Libia e la gestione dei flussi migratori dalla Tunisia pongono grossi interrogativi sull’essenza di un’Europa unita.

Mai come in questo periodo ci si può domandare se e quanto l’Europa risulti unita verso una coesione che vada al di là di quella meramente monetaria.

In merito alla questione della Libia, nelle ultime settimane abbiamo assistito all’intervento decisionista di Francia e Gran Bretagna, di quello dubbioso dell’Italia e di quello astensionista della Germania.
Oltre a ciò si è dibattuto parecchio su come dovessero essere coinvolti anche gli altri Stati europei nella gestione dei flussi migratori dei rifugiati che dal Nord Africa si spingono verso le coste italiane.

L’Italia è la Nazione maggiormente coinvolta nella crisi libica per ovvie ragioni sia di tipo storico-commerciale che di natura geografica; eppure poco tempo fa alla videoconferenza tra alcuni leader mondiali (Cameron, Sarkozy, Merkel e Obama) mancava l’Italia.
Non vogliamo discutere su chi decide cosa, ma è altrettanto vero che atteggiamenti imbarazzanti di questo tipo inducono a riflettere sul grado di coesione tra gli Stati membri dell’Unione Europea.

E’ ormai trascorso un decennio da quando le monete locali sono state sostituite dall’Euro e questa è risultata essere un’iniziativa interessante, benché ancora oggi Paesi come la Danimarca e la Gran Bretagna non vi abbiano aderito.
I dubbi, però, sorgono quando si pensa a un’Europa unita anche su altri piani: immigrazione, cultura, identità, sostegno economico…

Spesso si sente dire dagli antieuropeisti e dagli euro-scettici che questa Unione Europea sembra poco attenta ai localismi, alle culture regionali e che quindi, più in generale, assomigli poco ad una unione compatta come ci appare essere quella degli Stati Uniti d’America.
Vero è, però, che bisognerebbe anche rendersi conto di una cosa e cioè che, mentre il nord America ha avuto sin dall’inizio una storia e una lingua comuni, l’Europa è l’esatto opposto: quasi tanti idiomi quanti sono i suoi Stati e culture locali che spesso sono diverse non solo tra le Nazioni stesse, ma anche al loro interno (si pensi a Catalogna e Paesi Baschi in Spagna, a fiamminghi e valloni in Belgio, a Inglesi, Scozzesi, Gallesi e Irlandesi in Gran Bretagna).
Tutto ciò significa che l’Europa è sì una regione geografica, ma costituita da realtà molto diverse tra loro.

I Paesi come il nostro che si affacciano sul mediterraneo hanno specificità ben diverse da quelli del nord Europa o dell’est, tanto è vero che la Francia sino a poco tempo fa aveva addirittura tentato di proporre una sorta di coalizione del Mediterraneo.
Si constata che al di là della coesione monetaria, che certo in un mondo sempre più globalizzato appare indispensabile, per il resto è forse pretendere un po’ troppo, allo stato attuale, pensare a una veduta comune su altri grandi temi che riguardano gli stati membri della UE.

E’ notizia di qualche giorno fa che il Portogallo, che versa in una grave crisi finanziaria, verrà aiutato molto probabilmente dal Brasile, a dimostrazione, ancora una volta, di come ognuno debba rimboccarsi le maniche e trovare soluzioni da sé.
Anche noi nei giorni scorsi abbiamo ricevuto la nostra “dose” di non aiuto, dopo che l’Europa ha dato il proprio no sulla gestione comune dell’immigrazione avvenuta nell’ultimo mese in Italia facendo chiaramente capire che dovremo sbrigarcela da soli.

Benché con il Trattato di Lisbona del 2009 siano state meglio definite e ampliate le funzioni dell’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, che dovrebbe avere voce in capitolo su come gestire le problematiche relative alla sicurezza e ai rapporti con l’estero, è più che mai evidente che in Europa la diarchia Francia-Germania è quella ad avere il vero peso specifico nell’Unione.

Recentemente l’antropologa Ida Magli ha detto, durante una conferenza organizzata a Torino dall’Associazione Borgo Dora, che questa Unione Europea sembrerebbe essere stata voluta più che altro dai banchieri e dagli economisti. Sebbene la speranza è che non sia proprio così, per il momento dobbiamo accontentarci di una coalizione ai soli fini monetari, sebbene le ultime vicende ci dimostrino che non potrà e non dovrà essere così ancora per molto, poiché, in una fase storica in cui stiamo assistendo a grosse migrazioni verso la ricca Europa, i problemi degli Stati membri che si trovano sul Mediterraneo non posso più essere solo un loro problema, ma un problema dell’intera Europa, dal momento che l’immigrazione verso il nostro continente, che oggi può apparire un’emergenza temporanea, si rivelerà presto una mobilitazione epocale.

 

Marco Pinzuti


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Articolo pubblicato il 14/04/2011