La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

«La gran-a dla mosca»

Domenica 23 settembre 1877, siamo in via Palazzo di Città, dove in una trattoria la giornata festiva è gravemente turbata dalle intemperanze di tre giovani che il cronista della «Gazzetta Piemontese» il giorno successivo definirà «giovinastri di mala specie», «mascalzoni», «farabutti» e infine, «barabba».

Cronaca NeraBarabbismo. – Tre giovinastri di mala specie trovavansi ieri (23 settembre 1877) in una trattoria della via Palazzo di Città e dopo avere esuberantemente mangiato e bevuto vennero a litigio al momento di pagare il conto. Alle parole seguirono presto le picchiate, ma queste non caddero sulle persone dei contendenti, ma sul servizio di tavola, onde furono rotti piatti e bicchieri per il valore di tre a quattro lire. Si intende che si trattava solo di piantare la solita gran-a dla mosca

 

Interrompiamo la lettura per spiegare che con questa locuzione si indica l’atteggiamento di quegli avventori che, per non pagare il conto, espongono falsi pretesti.

Riprendiamo a leggere:

 

L’esercente voleva essere risarcito del danno: i tre mascalzoni vi si rifiutavano; sicché nacque un alterco nuovo, a mettere fine al quale si paravano tre persone dabbene che scendevano dal piano superiore dello stabilimento.

Male ne incolse ad una di esse, al signor C. M., impiegato ferroviario, che fu ferito di coltellata ad una mano.

I tre farabutti tentavano farsi largo col coltello alla mano: l’esercente, più per impaurirli che per coglierli, impugnò una rivoltella e ne esplose un colpo.

Disgrazia volle che il proiettile andasse a colpire in una coscia, traforandola, un cameriere della trattoria.

Approfittando del turbamento di tutti, i tre barabba scomparvero.

Il ferito fu portato in casa, fu visitato da medici e si dichiarò grave, ma non immediatamente pericolosa, la sua ferita («Gazzetta Piemontese», lunedì 24 settembre 1877).

Abbiamo rievocato questo drammatico episodio perché ci permette di soffermarci sul modo di dire piemontese ormai desueto «Pianté la gran-a dla mosca», del quale esiste anche la variante «Pianté la gran-a del cavèj»: è verosimile che l’espressione sia nata dal fatto che qualche avventore imbroglione consumava il piatto per una buona metà poi vi lasciava cadere una mosca oppure un capello e richiamava l’attenzione dell’oste, simulando irritazione e sdegno, per non pagare il conto. Poi l’espressione ha preso il significato più generale di cercare falsi pretesti, sempre per non pagare.

 

Foto dal Gruppo “Torino sparita su Facebook”

 

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Articolo pubblicato il 02/05/2019