La verità non si tace né teme

Nel giorno del 25 Aprile, una riflessione dell’Avv. Corrado Sforza Fogliani

Civico 20 News riprende e pubblica un’importante intervista all’Avv. Corrado Sforza Fogliani, Presidente di Assopopolari e Presidente Onorario della Banca Popolare di Piacenza. L’articolo, a firma di Mauro Ferri, è tratto da PiacenzaSera.it: in esso traspare la lucidità di chi esamina i fatti storici non alla fioca luce dell’ideologia ma con la torcia dello spirito critico, figlio di una solida consapevolezza.

 

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La conversazione con l’Avvocato Sforza Fogliani inizia sul filo dei ricordi del tempo della guerra.

Ero un bambino allora e ho memorie limitate della guerra. Ricordo che con la mia famiglia eravamo sfollati a Vicobarone, quando i tedeschi che occupavano il paese scoprirono che nella notte un loro soldato era scomparso. Allora decisero di fermare i primi dieci abitanti e li portarono nel giardino della nostra casa, che si trovava proprio nella piazza del paese.

Mia nonna, che in età seppur avanzata aveva imparato il tedesco, si recò a parlare all’ufficiale sostenendo che non era detto che il loro soldato fosse sparito o fosse stato fatto fuori, magari era fuggito spontaneamente per raggiungere i partigiani.

Fortunatamente questi soldati tedeschi la ascoltarono e da Vicobarone raggiunsero la cima della collina a Montalbo. Da lì con il cannocchiale individuarono proprio il loro ex commilitone mentre si stava dirigendo verso la Rocca d’Olgisio dove stazionavano i partigiani. E quindi non era stato affatto ucciso o catturato. Decisero così di lasciare andare i civili che avevano sequestrato e confinato nel nostro giardino, e che attendevano la propria sorte. È questo l’unico episodio che io ricordo con una certa precisione di quegli anni.

Avvocato, Lei pensa che 74 anni dopo sia possibile costruire una storia condivisa della lotta di Liberazione?

Io credo che ci sia ancora molto da dire e da scrivere su quel periodo storico, perché fino ad oggi la storia Resistenza è stata fatta soprattutto in senso “anti” o in senso elogiativo. Ci sono stati due eccessi opposti, che a tanti anni di distanza richiedono di essere rivisti.

Prendiamo l’eccidio di Strà, uno degli episodi più noti. Se si legge il comunicato ufficiale che allora redasse il Cln, che non disponeva di tutte le informazioni che abbiamo noi oggi, ci si trova di fronte a una versione non necessariamente in malafede, ma che oggi è comunque stata superata dai fatti.

La versione poi (da altri diffusa, non dal Cln) che i tedeschi avessero compiuto una strage di innocenti senza una vera ragione, soltanto perché avvinazzati o indispettiti, per non essere riusciti a conquistare la postazione partigiana nemica di Rocca d’Olgisio, non ha più ragion d’essere.

In realtà come le cose siano andate esattamente non lo sappiamo ancora, però è già un dato di fatto che non sono andate come si ricava da alcune ricostruzioni successive. Sulla tragica vicenda di Strà, a Palazzo Galli abbiamo organizzato un confronto tra studiosi che si è svolto in maniera molto corretta e utile alla comprensione dei fatti.

Che dire della Resistenza in provincia di Piacenza, che fu quanto di più distante dal comunismo… Comandata da un anarchico e con il capo più carismatico un carabiniere?

La considerazione che mi sento di fare è che non hanno più senso le celebrazioni della Resistenza fine a se stesse, in cui si dicono delle ovvietà sulla libertà o sulla riconciliazione. Si dovrebbe lavorare ancora per dare un contributo serio alla ricostruzione della vicenda della lotta partigiana.

Qualcosa è già cominciato ad emergere. Sul nostro periodico “Banca Flash” abbiamo ospitato ad esempio un intervento di Afro Carini con il racconto di quando era bambino durante la guerra. Ricorda un episodio avvenuto a Gropparello, quando un esponente della sua famiglia non stava bene di salute e un ufficiale tedesco gli mandò il medico tedesco.

Un aneddoto di questo tenore in altri tempi non sarebbe neppure uscito, mentre la forza della verità nella ricerca storica, anche dal punto di vista ideologico, consiste nel non avere “soggezione” nei riguardi di alcun episodio. Come se un singolo episodio a favore della parte sconfitta possa gettare in cattiva luce l’operato delle forze partigiane, o, addirittura, possa mettere in discussione la scelta tra antifascismo e fascismo.

Certo, estremisti in circolazione ce ne sono ancora, da tutte le parti, ma non possono mutare assolutamente il giudizio ideale di carattere generale. Anche di recente, quando è stato invitato a Piacenza Stefano Delle Chiaie, con la conseguente protesta per non concedere la sala all’incontro pubblico. E allora? Se questo Delle Chiaie fosse effettivamente venuto e avesse parlato davanti a 20 o 30 persone, che cosa sarebbe cambiato?

Se invece cerchiamo di impedire questi eventi, allora facciamo esattamente come il fascismo che aveva la necessità di individuare un nemico per poter mantenere un sistema autoritario. Del resto si è visto in Unione Sovietica, mandavano i giovani a lezione di marxismo, ma di marxisti in realtà ne hanno tirati su ben pochi.

Limitare la libertà non è conveniente neppure al fine della diffusione delle proprio idee.

Ho scoperto da poco che esiste un notiziario provinciale della Guardia Nazionale Repubblicana, che è dettagliatissimo e che riporta tutti gli interventi della Gnr sul nostro territorio. Certamente andrebbero analizzati con attenzione, uno ad uno, perché sono scritti, per quello che ho potuto vedere, di esaltazione dell’operato di quelle forze operative. Tuttavia nessuno ha mai fatto uno studio serio su queste notizie, riportate in forma cronachistica, per approfondire i singoli fatti e cercare di ricostruirli nella verità.

Ci sarebbe poi – a proposito – un filone da studiare che riguarda anche il comportamento dei carabinieri nelle vicende della lotta di Liberazione; anche loro si ritrovarono sbandati con addosso una divisa, non sapevano nemmeno a chi obbedire perché dopo l’8 settembre il re se n’era andato, senza scioglierli dal giuramento di fedeltà.

Chi vestiva una divisa militare l’8 di settembre si ritrovò improvvisamente in balìa dei tedeschi e non ha certo passato bei momenti. Era peggio che al fronte. Mio zio venne ucciso per non aver consegnato le truppe e fu il primo caduto della Resistenza. Era un Gonzaga della stirpe di Mantova ed era uno dei pochissimi generali di corpo d’armata che c’erano nel ’43 in Italia.

Si trovava in accampamento sotto Napoli con i tedeschi, i quali seppero prima di lui dell’armistizio. Circondarono la sua tenda e gli ingiunsero di consegnare l’esercito e di fronte al suo rifiuto fu fucilato al momento. Non è mai stato ricordato adeguatamente questo tragico fatto di vero eroismo.

Furono tanti i carabinieri che si trovarono nella stessa situazione l’8 settembre. Anche mio padre mi raccontò che, da un momento all’altro, semplicemente avere una divisa in casa costituiva un pericolo.

Quali comandanti e combattenti ha conosciuto dopo la guerra?

Io li ho conosciuti un po’ tutti i combattenti partigiani dopo la guerra. In particolare ho conosciuto e avuto come collega giudice tributario l’Ingegner Piacenza e poi naturalmente Cossu, Muratori, Prati, Ziliani. Il comandante Piacenza era stato dei più valorosi combattenti, lo ricordo perché era inflessibile dal punto di vista morale e nella conduzione della propria vita, rigoroso ed esemplare.

Sono cresciuto professionalmente nello studio dell’Avvocato Grandi, proprio sullo stesso tavolo ove aveva fatto pratica mio padre. È lì che ho conosciuto l’Avvocato Gaetano, padre di Filippo Grandi già Sindaco di Piacenza, che fu fuggiasco perché era rappresentante del Partito Liberale nella Resistenza. E naturalmente ho ascoltato molti dei racconti della sua vicenda umana nel corso della guerra.

Durante la Resistenza ci furono anche episodi fratricidi come la fucilazione della Banda Piccoli…

Della vicenda della banda Piccoli ho trovato a Pavia – e anche in questo caso pubblicato su Banca Flash – il provvedimento con il quale era stato archiviato il procedimento contro Fausto Cossu (comandante partigiano della Brigata Piacenza, ndr). L’accusa al comandante Fausto era quella di aver costituito illegalmente un tribunale militare per processare Piccoli e i suoi. Viceversa a guerra finita, ed eseguiti i necessari approfondimenti, si arrivò alla conclusione che era tutto regolare, effettivamente c’era un decreto luogotenenziale che autorizzava i comandanti partigiani a costituire tali tribunali straordinari.

Dopo la fine della guerra alcuni dei parenti dei caduti della banda Piccoli fatti fucilare da Cossu fecero un esposto alla Procura Militare competente di Torino e fu lì che risultò legittima la costituzione dell’organo giudiziario. Nella redazione del pubblico Ministero che chiedeva l’archiviazione al giudice, si chiariva inoltre che la banda Piccoli era in possesso di monili d’oro frutto di un furto.

Quel documento ritrovato assolveva Cossu anche dall’accusa di aver fucilato senza motivo alcuni dei componenti della banda Piccoli. Anche questa è la dimostrazione che ci sono vicende ancora da chiarire e che possono ancora emergere elementi nuovi, sia pro che contro i partigiani.

Anche la vicenda dell’esecuzione di Don Giuseppe Borea può essere presa ad esempio. La sua esecuzione fu ordinata sulla base di un processo illegittimo anche perché i cappellani militari da un punto di vista giuridico sono da considerarsi civili, quindi non doveva essere processato da un preteso tribunale militare, ma da una corte ordinaria. Prima si disse che venne fucilato solo per essere stato partigiano, oggi sappiamo i contorni della storia dopo gli opportuni approfondimenti di carattere storico.

Non trova che dovremmo tutti abbandonare posizioni di comodo sulla Resistenza, da sinistra quando si reclama una specie di monopolio sui valori della Resistenza, e da destra quando si invoca una non meglio definita festa del perdono?

Certo c’è un deficit culturale tremendo in questo campo. Per quanto riguarda la politica, rientra tra le manchevolezze che ha sul piano culturale. Nel nostro piccolo, come Banca di Piacenza, abbiamo fatto qualcosa per far conoscere i campi di concentramento sovietici e nazisti. Abbiamo invitato Aman Utegenov, ragazzo kazako di 27 anni, per farci raccontate la situazione dei campi di concentramento sovietici in Kazakistan. Per la prima volta, quest’anno il Prefetto ha fatto una circolare perché sia celebrata la Giornata della Libertà il 9 novembre, l’anniversario della caduta del Muro di Berlino, ricorrenza istituita per legge e incentrata alla lotta a tutte le dittature. Occorre fare di più per far conoscere questo anniversario, perché i nostri giovani crescono senza sapere che ci sono stati i campi di sterminio sovietici.

Cari professori – io l’ho scritto anche su “Il Giornale” – portate i giovani nei campi di sterminio nazisti, fate benissimo, ma portateli anche nei campi sovietici. La stessa cosa si dovrebbe fare per la resistenza e il fascismo, illustrando la verità storica a beneficio dei più giovani.

Quando questi studenti saranno adulti, di una scuola che ha detto solo male dei campi nazisti e nulla di tutti gli altri, che cosa potranno dire? Che siamo una generazione che li ha traditi anche sotto questo profilo, e perderanno fiducia anche nel sistema democratico e nel confronto delle idee.

C’è allora spazio per una ricostruzione storica senza preclusioni?

Io credo che si stia facendo largo faticosamente una ricostruzione storica più rigorosa e mi auguro che abbia molte più possibilità di manifestarsi. Il nostro contributo come Banca di Piacenza anche in questo (come in tanti altri notoriamente) senso prosegue, abbiamo inviato uno studioso assai scrupoloso come Claudio Oltremonti a Washington per studiare e approfondire un aspetto poco conosciuto, ma fondamentale della lotta di Liberazione: gli aiuti alleati che venivano sganciati dal cielo alle formazioni partigiane. Ha già redatto una prima relazione importante attraverso la consultazione di documenti importanti. Non so che valutazioni possa aver fatto, ma presto saranno rese pubbliche.

 

Mauro Ferri

Fonte PiacenzaSera.it del 19 Aprile 2019

 

(La fotografia in copertina, riferita all’Avv. Corrado Sforza Fogliani, è mutuata da PiacenzaSera.it)

 

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Articolo pubblicato il 25/04/2019