I debiti sovrani preoccupano l'Europa
Il Parlamento

Renato Cambursano perplesso sull'atteggiamento del Governo

 

La preoccupante situazione finanziaria che sta colpendo le economie di molti paesi europei induce, più che a una riflessione, allo studio di quelle misure necessarie per arginare l'effetto domino che inevitabilmente potrebbe riguardarci in maniera diretta. A questo proposito l'On. Renato Cambursano, Capogruppo alla Camera in Commissione Bilancio e Finanza, ci ha illustrato la proposta di legge orientata nella direzione indicata dall'Unione Europea. Cambursano ha altresì ricordato come sia già stata adottata costituzionalmente dalla Germania e la Francia sia in fase di attuazione proprio in questi giorni mentre pare che il nostro Governo non riservi alcuna attenzione particolare al pericolo incombente. L'iniziativa di Cambursano si traduce nell'iniziativa di cui ci ha partlato.

 

 

" Quanto sta nuovamente avvenendo in questi giorni - ha esordito - sui debiti sovrani di alcuni Paese europei, quali la Grecia, l'Irlanda ed il Portogallo e che potrebbe presto accadere anche alla Spagna, ci dovrebbe preoccupare, perché subito dopo potrebbe toccare al nostro Paese". 

 

 Preoccupa sempre più anche il debito pubblico:

  

" Quello  italiano nei giorni scorsi ha superato i  1.879 miliardi di euro, raggiungendo il 119 per cento rispetto al prodotto interno lordo e ciò, nonostante i tagli lineari alla spesa pubblica praticata dal Governo, che non hanno prodotto grandi risultati sul piano del contenimento del debito complessivo, sia in termini assoluti che in termini percentuali.

Nel 2009, l'Italia ha dedicato 88 miliardi di euro al servizio del debito. Questa cifra è destinata ad aumentare nei prossimi anni, per raggiungere i 100 mildi nel 2012. Un punto di rialzo dei tassi d'interesse  si tradurrà in 18 miliardi di euro di servizio del debito in più ogni anno". 

 

Ma qual'è in pratica la  nostra posizione in tale merito:

 

" L'Italia è il secondo debitore pubblico europeo, per un totale di 393 miliardi nel 2010. In questo stesso anno, il saldo primario del bilancio italiano è stato negativo, allo 0,6 per cento. In un tale contesto, la salita dei tassi di interesse sul debito porterà l'Italia a indebitarsi non soltanto per rimborsare il debito, ma anche per pagare gli interessi sugli interessi".

 

Una trappola per il paese:

 

" Sarà come la corda al collo dell'impiccato.  Lo Stato non avrà più i mezzi per assumersi integralmente le spese del funzionamento dei grandi servizi pubblici né quelle delle pensioni. Il finanziamento degli investimenti necessari per le infrastrutture, le università, le reti numeriche, l'energia alternativa, sarà introvabile.

L'Unione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale esigeranno che l'Italia riduca drasticamente le spese pubbliche e le prestazioni sociali, che svenda i suoi attivi"

 

Ma qual'è il rischio maggiore:

 

" Il rischio è quello che inizi una guerra tra le generazioni. Le istituzioni politiche italiane rischieranno di non reggere e con esse la classe politica.

E' indispensabile cominciare fin da subito, ecco perché ho presentato ieri una  proposta di legge di riforma dell'articolo 81 della Costituzione, che va proprio in questa direzione".

 

Tuttavia l'andamento del deficit annuale rispetto al prodotto interno lordo è stato più contenuto rispetto ad altri Paesi della stessa Unione Europea:

 

 

"Questo è dovuto essenzialmente al fatto che il sistema bancario e finanziario italiano non ha dovuto ricorrere ad operazioni di iniezione massicce di denaro pubblico a seguito di operazioni di finanza derivata. 

In alcuni Paesi della zona euro è in corso una profonda riflessione sul risanamento del bilancio pubblico, sulla correzione degli squilibri macroeconomici e  sulla stabilità del settore finanziario  e proprio questi Paesi si stanno interrogando sulle iniziative legislative anche di natura costituzionale da adottare, atte a garantire l'equilibrio annuale del bilancio, vietando il ricorso al debito e consentendo solo percentuali predeterminate rispetto al prodotto interno lordo".

 

Quali Paesi hanno già adottato misure concrete:

 

"Una correzione in questa direzione si è avuta in Germania nell'estate del 2009, con l'introduzione nella Legge Fondamentale di una clausola che, richiamandosi al rispetto della disciplina europea, obbliga il governo federale e i Lander al bilancio in pareggio. Inoltre è stato stabilito che il pareggio vada conseguito senza il ricorso al debito, abbandonando la Golden Rule, in base alla quale, i disavanzi sono consentiti, limitatamente alle spese per investimento e che le entrate derivanti dal debito non potranno superare lo 0,35 per cento del prodotto interno lordo. Superata questa percentuale, viene meno l'equilibrio del bilancio.

E pensare che la Germania non è certamente tra i Paesi zona euro con un debito pubblico fuori parametri comunitari"

 

Qual'è la posizione del nostro Paese:

 

L'Italia, in questi ultimi tempi, sia in sede europea che nel G20, ha giustamente fatto rilevare che la necessità di ridurre il debito pubblico di un Paese, va valutata tenendo conto anche delle condizioni di equilibrio finanziario del suo settore privato, cioè del risparmio, della ricchezza e del debito delle famiglie e delle imprese, nonché della liquidità e solvibilità dei suoi intermediari finanziari.   Ma un grande debito pubblico finisce di far pagare tassi più elevati anche ai debitori privati che, all'estero, trovano meno merito di credito per lo stato delle finanze governative"

 

Tuttavia ci sono molte altre ragioni per disciplinare deficit e debiti pubblici:

 

" Una di queste riguarda il fatto che un Paese con debito pubblico elevato ha meno spazio per attuare politiche di bilancio espansive quando il ciclo economico depresso le richiede. Un'altra ragione è la pressione che i debiti pubblici esercitano sulle banche centrali. Tanto più alto è il debito pubblico rispetto al Pil, tanto maggiore è il rischio che il deficit esploda improvvisamente, in misura non finanziabile sul mercato interno, in seguito, fra l'altro, ad aumenti  dei tassi di interesse e, per loro tramite, dell'onere del debito pubblico".

 

Ma il debito pubblico è un debito delle generazioni attuali verso le successive:

 

" Certo e sono queste che finiscono sempre per pagare in un modo o nell'altro. Se non verrà fatto nulla in tempi rapidi, il debito pubblico di alcuni Paesi del mondo occidentale, ed il nostro è sicuramente tra questi, continuerà a crescere in maniera massiccia, sotto l'effetto combinato del calo delle entrate fiscali  e dell'incapacità di questi Paesi di ritrovare una forte crescita".

 

 

E' probabile che il tasso di crescita rimanga contenuto ancora per diverso tempo:

 

" Conviene accelerare il rientro in una fase in cui la politica monetaria contribuisce ancora a tenere bassi i tassi di interesse. Ridurre subito il debito in misura rilevante diminuisce anche la probabilità che il processo di aggiustamento sia traumatizzato da un notevole rialzo del tasso base".

 

Per cui qual'è in concreto il senso dlla proposta comunitaria:

 

" Con essa si definisce sufficiente una riduzione che, nei tre anni precedenti, sia risultata, in media annua, di almeno un ventesimo della distanza fra il livello di partenza del rapporto e il 60 per cento. Per l'Italia ciò significherebbe, inizialmente, una riduzione del rapporto percentuale di circa tre punti all'anno. D'altra parte la proposta è coerente con il criterio  di un rientro più accelerato nella fase iniziale, che è anche più conveniente per il nostro Paese.  Infatti la riduzione corrispondente a un ventesimo della distanza dal 60 per cento si contrae col diminuire di tale distanza".  

  

Quindi un rientro immediato:

 

" Sicuramente rientrando in tempi rapidi sotto il 100 per cento si potrebbe  chiedere di scendere poi ancora più piano di quanto ci consentirebbe la formula proposta dalla Commissione. 

E' ovvio che una buona qualità dei provvedimenti di rientro del debito pubblico, unita all'effettiva messa in atto del Programma di riforme richiesto dalla Commissione, formulato in modo ambizioso e incisivo, migliora le prospettive della crescita del Pil, facilitando così la riduzione del rapporto fra debito e Pil. E' però sconsigliabile contare, nel breve periodo, su un forte contributo della dinamica del denominatore alla riduzione del rapporto. Per contrarre il debito nella misura in cui deve farlo l'Italia, è impensabile avviare una radicale riforma della finanza pubblica, con tagli della spesa estremamente selettivi, riorganizzazioni profonde di quasi tutte le amministrazioni pubbliche, nuovo dimensionamento di ogni voce del bilancio".

 

Per cui la proposta di legge prevede un intervento, possiamo dire costituzionale:

 

La nostra proposta di disegno di legge di riforma dell'articolo 81 della Costituzionale prevede che  l'equilibrio annuale di bilancio debba essere raggiunto senza ricorso al debito e che le entrate derivanti dal debito debbano essere destinate esclusivamente a spese di investimento. Prevediamo, poi, che la legislazione ordinaria definisca le procedure per il raggiungimento di questo principio e gli investimenti che si intendono attivare nel corso di ogni singolo esercizio finanziario".

 

Si è qui chiuso il nostro incontro con l'On. Renato Cambursano, economista dagli illustri trascorsi all'assessorato al bilancio del comune di Torino, Sindaco del comune di Chivasso prima di accedere al Parlamento con presenza in ambedue le Camere.

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 26/03/2011