Dispositivi per l’offesa incendiaria alleata, seconda e ultima parte
Piastrina incendiaria britannica.

di Alessandro Mella

Nella prima parte abbiamo spiegato sinteticamente come funzionavano gli spezzoni incendiari e le modalità del loro impiego. In questa parte, invece, accenneremo agli altri dispositivi impiegati, in misura minore, per lo stesso scopo.

 

Le altre offese: piastrine e bottiglie. - Le piastrine erano delle lastre in celluloide, di forma quadrata, di 5 cm per ogni lato. Al centro, in un foro di circa 1,5 cm di diametro, si collocava una pillola di fosforo di 0,5/1 grammo.

La stessa era avvolta piccola garza fissata mediante un paio di gancetti in metallo.

Ne fu rinvenuta anche una variante con superficie rivestita in gomma.

Al momento del lancio venivano imbevute di acqua o altra sostanza liquida capace di impedire al fosforo l’autoaccensione spontanea.

Giunta a terra la piastrina si asciugava ed il fosforo si incendiava con una vivace fiammella alta fino a 20 cm.

La combustione durava in genere un paio di minuti, apparentemente pochi ma sufficienti ad incendiare interi raccolti o dei fienili.

Questo piccolo ordigno, per la sua leggerezza e per le minute dimensioni, poteva essere lanciato in numero notevole anche sulle culture e sui raccolti.

Proprio per questo furono molto sensibilizzati i rurali ed i contadini formati per conoscerne gli effetti micidiali.

Si consideri poi che un clima umido poteva ritardarne l’azione anche di molte ore dopo l’incursione. Per cui il pericolo si faceva ancora più insidioso e quasi occulto.

Qualora la piastrina venisse intercettata prima dell’accensione, la si poteva collocare in una buca o altro luogo ove potesse bruciare senza recare danno alcuno.

In alternativa la si poteva seppellire a circa 50 cm di profondità per impedire la combustione per assenza di ossigeno.

Le piastrine già accese si soffocavano con terra o sabbia prima di essere interrate o eliminate nei modi descritti.

Era saggio evitare di respirare le esalazioni tossiche del fosforo, costituite da anidride fosforica, capaci di arrecare danno alle vie respiratorie dell’operatore.

Naturalmente si sconsigliava anche di raccoglierle a mani nude o portarle nelle tasche per tutelarsi dalle terribili ustioni che potevano provocare.

Le piastrine ebbero un uso limitato ma potevano rappresentare comunque una seria minaccia.

Uso minore e sporadico ebbero le bottiglie incendiarie alimentate dal petrolio o da miscele a base di benzolo e di fosforo.

Alcuni esemplari erano in vetro, simili alle normali bottiglie per liquidi, con le sostanze disposte su tre livelli:

1) Superiormente la soluzione di fosforo in solfuro di carbonio,

2) Al centro dell’acqua,

3) In basso uno strato di pece o gomma diluita in benzolo.

Giunta a terra la bottiglia si frantumava e la miscela si accendeva per via dell’autocombustione del fosforo.

Ovviamente la presenza dello stesso ne rendeva lo spegnimento un poco pericoloso per via delle precauzioni da adottare per la tutela da ustioni e vapori tossici.

Anche in questo caso la collocazione in una buca permetteva di lasciare che l’effetto si esaurisse autonomamente.

In alternativa era possibile ricoprire il tutto di terra per soffocarne l’azione similmente alle piastrine. Del resto il principio era il medesimo.

Le bottiglie potevano essere lanciate sia da aerei che da palloni incendiari. Ebbero comunque un uso molto limitato e sporadico a differenze degli spezzoni incendiari.

Nell’ottobre 1942 furono lanciate varie bottiglie, forse a scopo sperimentale, sui fabbricati di Buttigliera d’Asti (AT) causando vari incendi che richiesero anche l’impiego di vigili del fuoco.

Furono rinvenuti vari frammenti di vetro degli ordigni ed una bottiglia integra fu trovata nei pressi di Castelnuovo Don Bosco (AT).

Il caso fu segnalato alle autorità che gli diedero una certa visibilità alla vicenda. Non è del tutto peregrino, comunque, sospettare che le foto e la storia di queste bottiglie anglosassoni, lanciate sull’astigiano, possano esser state anche una trovata propagandistica progenitrice delle moderne “fake news”.

Doveroso, comunque, darne cenno.

Si sostenne che il lancio fosse avvenuto mediante palloni, ipotesi credibile se si considera che degli aerei avrebbero probabilmente attaccato obbiettivi più rilevanti. Ma al tempo stesso anche potenziale giustificazione per l’assenza di aerei in zona e per semplificare il confezionamento della trovata propagandistica. Non lo sapremo forse mai.

I rischi dell’offesa incendiaria preoccuparono molte le autorità che delegarono l’Unpa (Unione nazionale protezione antiaerea) e i Vigili del fuoco ad effettuare frequenti raduni, sia nei centri urbani che nelle campagne, per istruire la popolazione e spiegare come difendersi da questa minaccia.

Gli incursori non furono mai avari e gettarono sull’Italia una quantità inimmaginabile di bombe e spezzoni tale da contribuire sensibilmente a radere al suolo molte città.

Si racconta che gli spezzoni che si piantavano nei marciapiedi di Milano (ed i cui segni sono ancora visibili) alle volte illuminassero le vie come lunghe e malinconiche file di lampioni.

Alessandro Mella

 

Ringraziamenti.

Piero Paganoni, Giovanni Sanguineti, Domenico Occhiali e Fabio Calò.

 

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Articolo pubblicato il 25/02/2019