Torino vive il dramma della Bertone
Maurizio Peverati

Intervista a Maurizio Peverati, Segretario Provinciale della UILM

La situazione che il mondo del lavoro sta vivendo in questo particolare momento storico della nazione è sicuramente uno dei meno felici; fabbriche che chiudono, altre che riducono la produttività, altre ancora che trasferiscono la propria attività fuori dai confini.

 Ma in particolare in questi ultimi mesi Torino si sta giocando il futuro nel settore produttivo dell'auto; questo momento particolarmente difficile per la difesa del posto di lavoro è stato il tema dell'intervista a Maurizio Peverati, Segretario Provinciale della UILM:

 "Ritengo - ha esordito Peverati - che ci sia una scelta di fondo che la Fiom ha fatto da anni, una scelta che ha modificato totalmente le relazioni sindacali del mondo metalmeccanico.

Noi che siamo i portatori di una linea politica di partecipazione siamo sempre di più impegnati proprio in funzione del particolare momento; ma proprio per questo motivo la partecipazione richiede particolari sacrifici: abbiamo il problema dei giovani ma anche del modello occupazionale per cui è necessario spaziare nell'orizzonte più vasto possibile per dare alla maggior parte dei lavoratori risposte concrete e certezze sul loro futuro".

Ma perchè i sacrifici devono sempre farli gli stessi:

"Da che mondo è mondo - ha replicato Peverati - e se qualcuno mi smentisse sarei contento cambiano i musicisti ma la musica è sempre quella. Credo che ragionare su ciò diventi retorica, aria fritta: tutte le volte diciamo "perchè sempre noi e solo noi" ma il giorno dopo, chiunque arrivi, la chiave di lettura non cambia.

 La cosa seria da affrontare prima di scendere nei particolari del mondo dei metalmeccanici è il costo della politica che ha raggiunto livelli allarmanti ed esasperanti.

Ormai non ce la si può più fare per cui bisogna cominciare di lì abolendo i triploni; avere comuni, province, regioni e stato centrale vuol dire moltiplicare in maniera esponenziale le tasse e sapppiamo bene chi alla fin fine le paga: i lavoratori.

Occorre diminuire gli appettiti; non mi sogno di pensare di abolire il modello attuale, ma affermo che occorre ridurlo poichè nel momento in cui la politica raggiunge dei costi proibitivi bisogna decidere di abbatterli e diminuire le tasse alla gente, alla povera gente, quella cioè che  va a lavorare dalle sei del mattino alle sei di quello successivo".

 E' chiaro che per dare a loro qualcosa in più per vivere semplicemente con dignità occorre reperire fondi tagliando gli sprechi e non operando sulla sanità e quantaltro:

"Quello che si faceva ieri oggi non è più possibile; oggi è crollato anche quel palcoscenico che si reggeva su fondamenta di carta e di sabbia. Ricordo l'inflazione a due cifre di quand'ero ragazzo: 16/17 % ed i bot che rendevano 14/15 %.

 Oggi la situazione è così grave da imporre scelte drastiche; in primis il costo della politica da abbattere verticalmente e continuare drasticamente nella lotta all'evasione fiscale. Oggi devo ammettere che a quest'ultimo proposito si sono fatti molti passi concreti dopo le parole e le promesse degli anni passati mai concretizzate in maniera sostanziale. Per cui ribadisco che la questione va affrontata seguendo questi due filoni".

Ma nel mondo metalmeccanico esiste soprattutto un problema politico, cioè parte del sindacato che non fa più il suo mestiere e si è sostituito alla politica:

"La Fiom non riesce nemmeno a far quello e la dimostrazione sta nel 4% ottenuto dal candidato che sosteneva nonostante la campagna basata sulle disperazioni. Una strada che è risultata sbagliata e non ha prodotto nulla di significativo; il sindacalista deve fare il suo mestiere che è quello di confrontarsi con i datori di lavoro e i governi: una legge buona non deve avere colore politico.

 L'importante è capire che la politica deve essere di supporto al lavoro che viene svolto secondo un fine logico. Il sindacato deve tornare ad essere il famoso cuscinetto fra quello che sono le esigenze dell'azienda e quelle dei lavoratori; la capacità sta nel ottenere i risultati con la mediazione in positivo nel periodo di vacche grasse ma anche in negativo, nei limiti sopportabili, in perido di vacche magre".

 Vivere cioè il momento cercando di limitare i danni cercando tutte le strade per dare il lavoro a tutti, soprattutto a coloro che lo hanno perso e hanno moglie e figli da mantenere per lo meno in maniera decorosa:

 "Io sono disposto a fare accordi anche con il diavolo pur di risolvere i casi che tutti i giorni mi si propongono: ecco perchè sostengo che talvolta occorre dare qualcosa, sempre nel rispetto della dignità della persona, occorre essere più tolleranti e disponibili aiutando l'azienda nei momenti di difficoltà per cercare la ripresa che viene solo dalla soddisfazione dei clienti.

Sono sacrifici, è pur vero, che servono per avere poi la possibilità di chiedere quando le situazioni migliorano: ho dato, oggi voglio. Fino a poco tempo fa facevamo dei sacrifici per i nostri figli, oggi li dobbiamo fare per mantenere il posto di lavoro. Oggi purtroppo si discute di cassa integrazione, mobilità e licenziamenti: dove vai trovi solo disastri e quindi bisogna prendere coscienza della situazione senza tuttavia scendere a compromessi che mettono in discussione la dignità del lavoratore".

 In ogni caso il compito del sindacalista è quello di dare delle risposte nell'immediato:

"L'amarcord va bene al bar davanti ad una bibita ma il lavoratore ti chiede quale sarà il suo futuro e se la fabbrica resterà ancora aperta o se chiuderà. Oggi con le scelte che ha fatto la Fiom il dramma è che le conseguenze le pagherà tutto il movimento sindacale perchè la credibilità nasce da ciò che il sindacato unitariamente riesce a costruire.

Mi fa rabbia quando sento qualche sindacalista che critica la litigiosità dei politici quando anche noi siamo nelle stesse condizioni; occorre maggior coerenza da parte nostra se vogliamo dare degli esempi. Noi abbiamo sempre mantenuto la stessa linea ed anche oggi la manteniamo affrontando la vicenda Bertone; a Pomigliano abbiamo firmato l'accordo garantendo l'occupazione alla gente del posto che solo con la campagna non avrebbe potuto andare avanti. 

 La Fiom, non firmando quell'accordo, ha fatto politica ed ha così sancito la caduta di una grande organizazzione a livello nazionale la quale si sta sgretolando. A Mirafiori c'è stata la seconda botta: ci siamo misurati senza riserva di colpi ma siamo tuttavia quelli che hanno sofferto di meno perchè abbiamo la coerenza della partecipazione: i momenti sappiamo distinguerli, non siamo applauditi ma coscenti del fatto che la verità può far male. Comunque è sempre meglio una brutta verità piuttosto che una bella bugia".

L'importante è poter continuare a guardare la gente negli occhi e non doversi sottrarre al confronto:

"In alcune situazioni ho avuto pochi applausi subito ma molti apprezzamenti dopo. Ed oggi vivo amaramente la vicenda Bertone: essendo "Fiat" non si deve fare l'accordo.Ricordo che quand'ero ragazzo lavorare alla Bertone o alla Pinifarina era come lavorare in banca e con la passione di raccontare il proprio mestiere.

Ritornando alla Bertone, Torino merita di avere questo marchio ma non con una produzione di basso profilo bensì con produzioni di altissimo livello. La Maserati sarebbe il fiore all'occhiello per la città e potrebbe essere il miglior imput per pretendere nuovamente il Salone dell'Auto proprio qui nella città dov'è nato.

Ma è tutto un insieme di situazioni come la nuova produzione Alfa Romeo, la Crysler con la Fiat ed i nuovi modelli interessanti ad alto valore aggiunto che devono essere il nuovo panorama cittadino del settore eliminando il pericolo che ci venga scippato un'altra volta. Ricordo il lancio della nuova 500: ci sarebbe da meditare a lungo su quell'evento e invece ce lo siamo dimenticati: nemmeno in America si è mai vista una presentazione del genere.

 Dobbiamo imparare a ragionare in maniera diversa: Torino deve tornare ad essere la città produttiva per eccellenza, un volano trainante di alto profilo perchè qui non servono gli assemblaggi perchè abbiamo le competenze e le capacità, le tecnologie e la creatività; quindi o il sindacato la deve smettere di fare ostruzionismo là dove non c'è il contendere poichè sulla bilancia ci sono da una parte gli investimenti e dall'altra 1100 persone a casa".

Quindi le scelte ora devono essere fatte con il buon senso ricordando l'antico motto della Fiat che recitava "La volontà di continuare":

"Credo che ogni epoca abbia una stagione; allora si parlava di cicli decennali, di tensioni anche cruente fra sindacato e impresa ma chi ha vissuto tutti questi passaggi deve dimostrare la coerenza traducendola in capacità di cambiare; mi auguro che questo paese dia un colpo di reni partendo dai garandi temi oltre tutto individuati e quindi affrontabili.

 Quindi dobbiamo abbattere i costi inutili:

"Io preferirei tre politici tosti, riempirli di soldi e sono certo che costerebbero molto meno di tutto quello che abbiamo ora. Qui la politica è troppo abituata a mettere in piazza lo specchietto per le allodole per far pensare alla gente cose diverse dalla realtà.

I nostri governi si sono persi nel giudicare le barche a vela, le case popolari assegnate impropriamente e quant'altro mentre la corruzione dilagava ancor più di prima, tangenti e appalti accomodati proliferano come nella prima repubblica se non di più, abbiamo dei politici che non sono in grado di ricoprire alcuna carica perchè sono indecenti e privi di professionalità.

 Gli Almirante e i Berlinguer non esistono più; con loro abbiamo avuto l'immagine, anche all'estero, di grande paese mentre ora l'evidenza dei fatti sta dimostrando cosa dicono di noi nel mondo. Credo che i cittadini abbiano la nausea e che si possano trovare le condizioni per eleggere chi veramente sa cosa vuol dire far politica; io preferisco uno dell'altra parte capace piuttosto che un idiota del mio schieramento. La politica deve saper fare corpo unico nei momenti di grave necessità del paese altrimenti non si va da nessuna parte".

Ritornando alla Bertone, c'è in aria una situazione molto pericolosa:

"Io come UILM non voglio veder morire quell'azienda stando fermo per cui adatteremo la nostra linea di condotta che prevede il contatto diretto con le maestranze; lo proporrò alle altre forze sindacali che come noi si dissociano dall'operato della Fiom di mettere a disposizione le nostre sedi sindacali per tutti gli operai della Bertone che intendono ragionare con noi sulle diverse opportunità lontano da improprie pressioni talvolta prodotte da infiltrati che non hanno nulla a che vedere con questa fabbrica.

Da coloro che vorranno aderire alla nostra linea chiederemo il mandato scritto con delega per poter firmare l'accordo; questo per tutti coloro i quali lontano dalle beghe politiche vogliono soltanto poter lavorare per dare certezze alle loro famiglie. Si tratta di un atto molto importante per la UILM; la Fiom parla tanto di democrazia e poi scopro che in Fiat siamo stati contestati su un referendum fatto veramente in modo certosino con firme, schede e documento: di tutto e di più per essere inattaccabili ma da loro definita anticostituzionale.

In Bertone invece con un'alzata di mano di nemmeno il 50% dei lavoratori la Fiom ha sancito una piattaforma: se questa è la democrazia gliela lascio proprio tutta. La Fiom si sta assumendo una grave responsabilità: la Fiat non scherza perchè al di là del fatto che si tratta di un'azienda mondializzata, ogni investimento che fa deve avere se non altro una prospettiva di resa quindi ci va coerenza altrimenti non ci capiamo.

Un miliardo di euro a Mirafiori, settecento milioni a Pomigliano e oltre cinquecento alla Bertone per quasi venti miliardi in totale in Italia ma per chi: per Babbo Natale? Noi in cambio offriamo la determinazione perchè finchè abbiamo un'azienda in piedi ho la possibilità di far assumere gente, se la chiudo è finita.

Se per ogni ragionamento occorrono discussioni secolari mi spieghino chi viene ad impegolarsi con una qualsiasi forma di investimento. Io ritengo che la UILM ha sempre operato secondo i dettami della coerenza e dignità nel bene e nel male con l'intento di dimostrare che la partecipazione era un modello sindacale da perseguire in luogo dell'antagonismo.

Noi non siamo quelli del no, noi non ci limitiamo ad ascoltare il che è svilente per il concetto culturale del sindacato ma proponiamo la partecipazione. Bisogna mettere da parte gli interessi di bottega e pensare al lavoratore in primis; non ho problemi a dire che anche il lavoro interinale, in momenti difficili, serve per tirare il fiato e ridare dignità alla persona che altrimenti si sente esclusa da tutto e da tutti".

In conclusione ci siamo dati appuntamento per seguire i prossimi sviluppi di una situazione che sembra più costruita per difendere l'immagine della Fiom piuttosto che gli interessi dei lavoratori.   

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Articolo pubblicato il 24/03/2011