Incubo radiazioni e petrolio alle stelle

Il disastro giapponese impone di riflettere sulla scelta nucleare: non ci sono alternative?

In Giappone si lotta ancora per scongiurare che i reattori della centrale di Fukushima Daiichi, severamente danneggiati dal terremoto dell’11 marzo scorso e dallo tsunami che ne è seguito, rilascino all’esterno più radiazioni di quante non ne siano già fuoriuscite. E’ passata una settimana dal sisma e un paese tecnologicamente avanzatissimo come il Giappone non è ancora stato in grado di porre fine all’emergenza. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ha innalzato il livello di gravità dell’incidente da 4 a 5, e così sancisce che non si tratta più di un evento con ripercussioni soltanto locali, ma che potrebbe avere conseguenze di raggio più ampio.

Il disastro impone di riflettere sulla scelta dell’energia nucleare come fonte alternativa ai carburanti fossili, che non solo mettono a rischio la salute del pianeta, ma inoltre non sono risorse infinite e per di più il loro prezzo subisce fluttuazioni anche notevoli, sulle quali i paesi occidentali hanno scarso controllo.

Il Giappone, che dopo il sisma non può più contare sull’energia fornita da una parte delle proprie centrali atomiche, sarà costretto a importare più petrolio, il che contribuirà di certo a farne alzare il prezzo a livello globale. L’effetto delle tensioni nel Golfo Persico hanno già fatto la loro parte e continuano a farla: oggi si è registrato un aumento di 1,65 dollari, che porta il prezzo del petrolio a quota a 103,07 dollari a barile.

La situazione sembra abbastanza grave per spingere cittadini e governi a domandarsi se non sia il caso di smettere di considerare le fonti rinnovabili come una semplice “aggiunta” pulita alla produzione di energia. E cominciare a pensare di puntarci più decisamente, soprattutto stimolando la ricerca, per fare in modo che in un futuro non troppo lontano sole, vento, biomasse, geotermia, onde possano fornirci tutta o quasi l’elettricità di cui abbiamo bisogno.

La roadmap dell’Unione Europea per una economia a basso tasso di carbonio, presentata qualche giorno prima del sisma giapponese, ribadisce che l’obiettivo degli Stati membri per il 2050 è quello di ridurre l’emissione di gas serra dell’80-95 per cento rispetto ai livelli del 1990. Per farlo è necessario migliorare l’efficienza (cioè consumare meno) e aumentare esponenzialmente la quota di energia proveniente dalle rinnovabili fino a escludere idealmente del tutto i carburanti fossili.

E’ possibile? E come? Quali sono le tecnologie più promettenti e come potremo assicurarci che le rinnovabili un giorno basteranno da sole a coprire un fabbisogno energetico che si prevede in crescita, dal momento che aumenta la popolazione mondiale e soprattutto aumenta la quota di coloro che raggiungono un relativo benessere, e quindi consumano più energia?

Fonte: Panorama.it

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 21/03/2011