La genialità della follia – I nazisti a Norimberga tutt'altro che decerebrati

di Alessandro Mella

Spesso ci siamo chiesti come le atrocità del Terzo Reich abbiano preso forma nella mente e negli animi di coloro i quali ne furono responsabili e attuatori più o meno convinti e consapevoli.

Follia, stupidità, ignoranza ed altre facili spiegazioni sono state spesso le risposte più gettonate. Quasi per convincersi che le persone normali non siano capaci, nemmeno per arrivismo e fame di potere e ricchezza, di abbassarsi a livelli d’orrore e disumanità inimmaginabili. Quasi le circostanze storiche, sociali e ambientali non condizionassero le scelte, la formazione e la personalità anche di individui dalla mente brillante e vivace.

In questi giorni, quasi per caso, mi sono imbattuto in una lista che mi ha fatto riflettere.

Nel 1945 G. M. Gilbert, un noto ufficiale e psicologo americano, di fede ebraica quindi tutt’altro che simpatizzante per i suoi “pazienti”, sottopose gli imputati del processo di Norimberga al test del quoziente intellettivo. Vi era, certamente, il desiderio di capire come gli orrori e la degenerazione di un intero popolo avessero preso forma.

Il desiderio di affidare alla scienza il compito di dare una risposta era senz’altro molto sentito dalle potenze vincitrici forse anche per dare al processo un inquadramento più preciso ed una ulteriore legittimazione. I dati emersi sono formidabili perché confermarono, e dimostrarono ancora una volta, che per scivolare verso terribili derive non c’è bisogno di essere minus habens.  

I numeri sono spesso molto corrispondenti alle personalità, alle biografie, alle storie personali e politiche dei vari soggetti:

H. Schacht 143, A. Seyss Inquart 141, H. Goering 138, K. Doentiz 138, F. Von Papen 134, E. Reader 134, H. Frank 130, H. Fritsche 130, B. Von Schirach 130, J. Von Ribbentrop 129, W. Keitel 129, A. Speer 129, A. Jodl 127, A. Rosenberg 127, C. Von Neurath 125, W. Funk 124, W. Frick 124, R. Hess 120, E. Kaltenrunner 113 e J. Streicher 106.

Ma come interpretare questi valori? Ecco la risposta:

 

130-139 = intelligenza nettamente superiore, 120-129 = intelligenza superiore, 110-119 = intelligenza brillante e 90-109 = intelligenza normale. 

 

La lista merita qualche commento.

Al vertice troviamo, con il QI più alto, ma alto davvero, l’economista Schacht che si allontanò polemicamente da Hitler al punto da essere poi assolto al processo.

 

Interessanti i dati relativi a Goering e Doenitz.

 

Il primo, ex asso dell’aviazione da caccia nella grande guerra, fu un nazionalsocialista convinto fin dalla prima ora. Per anni annebbiato dalla morfina, quando ne fu privato in carcere ritrovò un vigore inatteso ed al processo si batté con energia pur non potendo far nulla contro l’evidenza delle sue responsabilità.

 

Il secondo, invece, ammiraglio e geniale stratega dei sommergibili, fu scelto all’ultimo minuto da Hitler come suo successore. Dopo aver negoziato la resa della Germania dovette rispondere dell’operato della Kriegsmarine. Forte anche di cavalleresche testimonianze favorevoli dei suoi avversari, si difese bene al processo rimediando una condanna tutto sommato mite.

 

Piuttosto alti anche i dati del suo predecessore l’ammiraglio Reader e del diplomatico Von Papen. Un uomo che il nazismo lo cavalcò senza troppa convinzione ideologica muovendosi spesso al limite del tradimento.

 

Degni di nota sono anche i risultati di Speer e Von Ribbentrop.

 

Personaggi dotati di una certa astuzia al punto da ascendere ad alti livelli con biografie eloquenti.

 

Il primo fu l’architetto prediletto di Hitler e forse uno dei suoi pochi affetti (anche se a fine guerra disobbedì all’ordine di distruggere tutti gli impianti produttivi e le infrastrutture del Reich).

 

Il secondo un uomo apparentemente modesto, disprezzato quasi unanimemente da tutta l’Europa, eppure capace di arrivare al ruolo di Ministro degli Esteri.

 

Ma, con un QI di 129, stupisce anche Keitel. Generale da tutti ritenuto privo di personalità e di brillante spirito. Dai più considerato un lacchè a differenza di Jodl che, con un lusinghiero QI di 127, dimostrò sempre maggior autonomia di pensiero arrivando qualche volta anche ad armarsi del coraggio necessario a contraddire Hitler. Ma ne assecondò comunque tutte le imprese militari finendo a sua volta sul patibolo con una sentenza forse eccessiva.

Doveroso dire che negli anni’50 una corte tedesca lo riabilitò parzialmente.

 

Alto anche Rosenberg, uno dei massimi e deliranti teorici dell’antisemitismo.

 

Non stupisce il 120 di Hess, uomo da tutti considerato eccentrico e talvolta visionario ma comunque ancora degno di menzione e tutt’altro che in preda a follia come molti credevano.

 

Il QI più basso, sotto la normalità, è quello di Juilus Streicher. E non stupisce poiché fu notoriamente un antisemita volgare, ottuso e celebre per i suoi giornaletti al limite dello squallido. Un personaggio di levatura tanto bassa da raccogliere il disprezzo e la diffidenza dello stesso entourage nazista. 

 

Certo si dovrebbe parlare molto e nel dettaglio delle biografie di ognuna di queste figure, approfondire, fare molte considerazioni ma in estrema sintesi quella ricerca, da cui fu poi tratto un volume, conferma che anche uomini e donne dotati di vivace intelligenza possono scivolare nell’abisso e nelle peggiori pulsioni umane. Non erano pazzi quegli animi dannati. Eppure scatenarono la devastazione dell’Europa e non solo.

 

E fa male, molto male, dover riconoscere questo dato inquietante. Sono numeri che ci responsabilizzano e ci costringono a vigilare sempre più in difesa della libertà e della giustizia dal momento che queste, troppo spesso, finiscono per esser messe in pericolo non dai pazzi ma da figure losche e astute. Figure capaci di dissimulare, di utilizzare la propria intelligenza per perseguire il male per il male.

 

 

Alessandro Mella

 

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Articolo pubblicato il 02/02/2019