Giovanni Battista Scagliotti e la Scuola per i Sordo-Muti (seconda e ultima parte)

Si conclude la biografia di questo benemerito personaggio valsesiano

Unico sostegno di Scagliotti è il re Carlo Felice che insiste perché Falquet trovi il modo di aiutarlo. Il ministro interpella le città più ricche del regno per valutare la loro disponibilità a creare posti gratuiti riservati ai loro abitanti. Riceve, tra il 1829 e il 1830, una deludente risposta: sono disponibili soltanto Torino (3 posti per 1.800 lire), Nizza, Novara, Cuneo e Asti (1 posto ciascuna per 600 lire) ma la cifra totale dell’eventuale finanziamento è nettamente insufficiente.

La morte di Carlo Felice nel 1831 segna il definitivo fallimento di una esperienza che, secondo Maria Cristina Morandini, nemmeno all’inizio, col favore dell’opinione pubblica e delle autorità aveva saputo affermarsi in maniera significativa nella realtà torinese.

Scagliotti non si perde d’animo, trova conforto a tutte questa difficoltà nel sacrificio a vantaggio degli infelici che continua ad assistere.

Nel 1831 quando sale al trono Carlo Alberto, Scagliotti nutre grandi speranze nella convinzione che il nuovo sovrano non avrebbe tollerato la mancanza di scuole per sordomuti e ciechi nella capitale del suo regno. Decide di chiedergli l’autorizzazione per un efficiente istituto per i sordomuti e spende tutto il suo patrimonio per comperare gli oggetti più necessari alla futura scuola. È felice pensando che una classe molto sfortunata della società poteva essere istruita e accolta come utile nella collettività mentre prima era solo di peso e tollerata per compassione.

Carlo Alberto preferisce finanziare l’istituto di Genova e iniziative sorte nelle province del regno e si mostra insensibile alla supplica presentata da Scagliotti il 12 dicembre 1831. È anche poco attento alla successiva proposta del 20 novembre 1833, per nuove sottoscrizioni ad un istituto del tutto a carico dei benefattori. In contemporanea, Scagliotti chiede, invano, agli amministratori cittadini di finanziare il suo progetto con un nuovo stanziamento del sussidio interrotto dal 1830.

Nel 1834 Carlo Alberto concede al sacerdote Francesco Bracco di aprire a Torino una scuola normale per istitutori di sordomuti: è la base di una realtà educativa che, attraverso una serie di cambiamenti, è giunta fino ad oggi.

Anche se il re conosce ed apprezza don Bracco che ha già sovvenzionato per le sue modeste iniziative a favore dei sordomuti, di cui parleremo nel prossimo capitolo, appare sorprendente la sua decisione che non tiene conto dell’esperienza pluridecennale di Scagliotti, già finanziata dall’amministrazione civica e da Casa Savoia, e della sua indiscutibile competenza riconosciuta a livello internazionale. È difficile spiegare il singolare provvedimento di Carlo Alberto che trascura una istituzione già collaudata per attivarne una nuova, affidata a un personaggio con esperienza molto limitata, senza precise motivazioni economiche e senza adottare un particolare modello pedagogico. Scagliotti è convinto di vedere in questo fatto lo zampino dei gesuiti che avevano convinto Carlo Alberto ad adottare il concetto di escludere i laici dalla direzione di tutti gli istituti pubblici di educazione. Si erano dati da fare negli ambienti amministrativi e grazie all’autorità al tempo conferita dal «gesuitico paludamento» sarebbero riusciti a sostituire un valente insegnante laico come Scagliotti con don Bracco, col doppio risultato di avere un religioso alla direzione dell’istituto e di placare i timori dei sostenitori della scuola di Genova, perché Bracco con la sua modesta competenza non destava preoccupazioni.

Riescono persino a far cancellare la scuola di Scagliotti dai ruoli dell’Università perché venga dimenticata.

Le decisioni torinesi vengono criticate nell’ambiente scientifico: il competente barone De Gérando, che ha già lodato pubblicamente più volte Scagliotti, quando apprende la sua esclusione scrive nella Quatrième Circulaire de l’Institut Royal des sourds-muets de Paris del 1836 che l’istituzione dei sordomuti a Torino esiste solo più nel Calendario Generale, perché fatto bersaglio di ostilità nascoste, l’istitutore è stato costretto a ritirarsi…

Anche la rivista “Annali Universali di Statistica” lamenta che Scagliotti si limiti ormai a esercitare con pochi allievi in privato: «… questo esperto Istitutore che da molti filantropi stranieri veniva visitato, [giace] inoperoso».

La situazione di Scagliotti si fa veramente deplorevole. Ha sacrificato ogni sua sostanza, gli hanno tolto ogni autorità di insegnante, mentre lui ha moglie e figli a cui provvedere. Unica sua risorsa è lo stanziamento di 1.500 lire, concesse nel 1820 e 1823 - mantenuto ma a carico del ministero dell’interno - insufficiente alle necessità di famiglia.

Anche questa volta Scagliotti non si scoraggia. Continua a insegnare e offre ogni giorno lezioni al Cottolengo dove offre in dono tutti i suoi attrezzi scolastici. Anche presso la Piccola casa della Divina Provvidenza esiste, dal 1834, una scuola destinata ai ragazzi sordomuti poveri, frequentata da più di cento allievi.

Non si lamenta dei soprusi subiti, anzi quando sa che padre Bracco è in difficoltà nella nuova carica perché poco preparato, cerca di aiutarlo con un testo “Ragionamento sulle cause del ritardo nei progressi e del decadimento di alcune Istituzioni de’ sordo-muti; sulle vie di andarvi a riparo e sui mezzi che possono condurre al perfezionamento dell’arte” seguito dal lodevole “Programma per la costruzione di un panorama dell’Universo in tre Rotonde ad istruzione della gioventù in generale sì di parlanti che di sordo-muti”.

Scrive poi nel 1841 “La madre guidante i suoi fanciulli” e nel 1844 la “Proposta d’alcuni mezzi d’educazione per Ginnasii e Scuole infantili”.

Nel 1845 pubblica un trattato “Principii elementari di aritmetica intuitiva” e nell’anno successivo “dodici tavole sinottiche” scortate da un libro di istruzioni relative e un libriccino in cui tratta “dell’influenza della donna sulla educazione dell’uomo”.

In questi anni Scagliotti non può vivere tranquillo con la sua famiglia, senza lottare con il bisogno. Non sono finite le persecuzioni da parte dei suoi avversari, che pure lo hanno messo in condizione di non nuocere!

La moglie, che istruisce le giovani di buona famiglia a domicilio, nel 1846 è tanto ardita da chiedere l’autorizzazione per creare una scuola privata per fanciulle nobili e borghesi desiderose di studiare e di diventare istitutrici e maestre. Le viene risposto di trovare impiego presso religiose con educandato. Lei allora, come compenso dell’attività didattica a sostegno del marito svolta per 15 anni, fa domanda per ottenere almeno una privativa di sali e tabacchi che le viene rifiutata.

Nel 1845, quando vengono aperte le scuole provinciali di metodo, Scagliotti supplica Carlo Alberto perché le sue tavole sinottiche siano adottate come libri di testo, visto che gli insegnanti le adoperano per fare sfoggio di erudizione, ma senza citarlo. Gli viene concesso un sussidio di 300 lire, più per aiutare la sua famiglia in difficoltà finanziarie che per il pregio scientifico delle tavole.

Il 17 settembre 1847, ormai vecchio cadente, supplica umilmente il re: dopo aver elencato le avversità che gli hanno impedito di trarre profitto dai suoi lavori, chiede la grazia di un’offerta in modo da non dover cercare all’estero, in tarda età, il modo per sostenere la famiglia, che ha meritato ma che gli è negato in patria. Dopo questa straziante supplica gli viene concessa una modesta pensione sufficiente ai bisogni della famiglia.

Non ha mai smesso di insegnare ai sordomuti e ai ciechi e di formare maestri possano continuare la sua opera. Nel 1852 scrive il libro “Sulla pronunzia e prosodia della lingua italiana” e, nel 1865, quando a Torino viene esposta una grande quantità di oggetti donati dai concittadini per una lotteria a favore del regio istituto dei sordomuti, Scagliotti, ormai ultra novantenne, visita l’esposizione ancora interessato alla vita dell’istituto dalla cui direzione è stato ingiustamente allontanato.

Muore a Torino il 2 febbraio 1866 dove viene sepolto.

Lo storico valsesiano Pietro Galloni, in un suo libro dedicato ai personaggi celebri della Valle-Sesia (1873), conclude la biografia di Scagliotti con queste parole: «La sua lunga vita si riassume in brevi parole: fu grandemente benemerito e grandemente sventurato; i sordo-muti ed i ciechi stettero sempre in cima ai suoi pensieri; li educò finch’ebbe forse, li amò finch’ebbe vita. Che lo rimeriti l’onoranza dei posteri».

Chi scrive è uno di quei posteri e l’insolita lunghezza di questa biografia deriva del desiderio di rendere onore a un benemerito conterraneo.

 

Goffredo Casalis, Dizionario geografico storico statistico commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, vol. XXI, Torino, 1851, p. 734.

Pietro Galloni, Uomini e fatti celebri in Valle-Sesia, Varallo, 1873.

Maria Cristina Morandini, L’istruzione dei sordomuti a Torino nell’Ottocento, in Roberto Sani, L’educazione dei sordomuti nell’Italia dell’800, SEI, Torino, 2008.

Maria Cristina Morandini, La conquista della parola. L’istruzione dei sordomuti a Torino tra Otto e Novecento, SEI, Torino, 2010.

Immagine tratte da: archive.org

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Articolo pubblicato il 24/01/2019