Il 2019 dei grillini inizia con le purghe!

Terremoto nel M5S e al Senato: la maggioranza appare risicata.

Hanno aspettato l’approvazione definitiva della manovra per poter far digerire alla base un’epurazione alquanto discutibile. I Cinque Stelle perdono pezzi e affrontano il 2019 con più di un’incognita. Per se stessi e per il governo, che ora al Senato inizia ad avere una maggioranza risicata.

I gruppi parlamentari pentastellati, al di là delle dichiarazioni di facciata, sembrano percorsi da guerre sotterranee e intestine che ne minano la compattezza. L’insofferenza alla linea di Luigi Di Maio è crescente e l’apparizione sulla scena di Alessandro Di Battista non è bastata a placare gli animi di un elettorato inferocito e deluso che non capisce più molte scelte del Movimento e manifesta apertamente il suo dissenso.

I fatti ormai sono noti. Il Movimento Cinque Stelle ha espulso nei giorni scorsi i parlamentari Gregorio De Falco, Saverio De Bonis, e gli europarlamentari Giulia Moi e Marco Valli. La decisione è stata assunta dai probiviri "a fronte di comportamenti contrari alle norme dello Statuto e del Codice Etico, accettato e condiviso da eletti ed iscritti", si legge nel blog del Movimento.

Proprio mentre annunciano di voler abolire il vincolo dei due mandati, architrave dello statuto pentastellato, per poter garantire a Luigi Di Maio e tanti altri la possibilità di ricandidarsi anche alle prossime elezioni, i vertici del Movimento si aggrappano proprio alle regole interne per allontanare le voci non allineate.

Non appena si è capito che molti deputati e senatori grillini, alcuni dei quali già al secondo mandato, avrebbero dovuto cominciare a cercarsi un’occupazione in caso di scioglimento anticipato delle Camere, è partita la campagna acquisti da parte di Forza Italia e del Pd, con tentativi di avvicinamento di quelli meno ortodossi e abboccamenti più o meno riusciti.

Per poter evitare una probabile diaspora, Di Maio e soci hanno pensato bene di ufficializzare, senza alcuna discussione interna, il superamento del vincolo dei due mandati, al fine di convincere i possibili fuoriusciti a ripensarci.

Questa è la verità delle cose, nonostante le baldanzose dichiarazioni degli interessati.

Peraltro i casi De Falco e De Bonis, Moi e Valli non sono isolati. Ci sono altri senatori in bilico e i 10 deputati assenti alla votazione finale sulla manovra sono già nel mirino dei probiviri del Movimento.

Sembrano imminenti altri provvedimenti nei confronti di due senatrici da sempre critiche con la linea Di Maio come Paola Nugnes ed Elena Fattori che, al pari di De Falco, denunciano lo sbandamento a destra delle pattuglie grilline e il tradimento di tante promesse fatte al sud e all’elettorato di sinistra che aveva abbandonato il Pd votando Cinque Stelle. Se a Palazzo Madama lo smottamento dovesse proseguire, i nodi verrebbero al pettine perché la maggioranza non ci sarebbe più e a quel punto dovrebbero essere Luigi Di Maio e Matteo Salvini a cercare di rimpiazzare chi se ne va, operando quelle azioni di trasformismo da loro tanto criticate nel recente passato.

Eppure Di Maio e il suo ristretto entourage di fedelissimisembrano non cogliere la gravità di quanto sta accadendo dentro i loro gruppi parlamentari. 

Alla Camera, il deputato grillino Luigi Gallo non ha mandato giù le nuove espulsioni e i nuovi richiami definendoli assurdi: «Chi è stato espulso e segnalato ha cercato di migliorare le leggi dal Parlamento per il bene dei cittadini, con azioni politiche forti ma nel rispetto dei principi del Movimento e del governo». Anche sui social tanto amati dai Cinque Stelle monta la protesta.

La mancanza di democrazia interna, l’abbandono repentino e opportunistico di impegni e promesse, la sudditanza alla Lega, l’incoerenza tra vita privata e vita pubblica sono quindi i principali capi d’accusa rivolti dall’elettorato pentastellato ai vertici del Movimento.

Le contraddizioni tra il dire e il fare appaiono sempre più evidenti. Di Maio e Di Battista annunciano il taglio degli stipendi dei parlamentari mentre hanno scheletri nell’armadio in famiglia e mentre trascorrono lussuose vacanze sulle piste da sci.

Dimenticano l’art.68 della Costituzione che vieta il mandato imperativo e chiarisce che i Parlamentari devono agire nell’interesse della nazione senza essere telecomandati dai vertici di un Movimento o di un’azienda privata.

I sondaggi evidenziano il calo costante dei Cinque Stelle e la scarsa fiducia che molti loro elettori hanno nei confronti di Luigi Di Maio e degli altri vertici del Movimento.

Il 2019 potrebbe quindi essere per loro l’anno della disillusione e del brusco risveglio dal sogno della pseudo onestà e della trasparenza.

 

Fotografia: il gazzettino. it

 

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Articolo pubblicato il 06/01/2019