Cambiare le regole

Rischi e limiti derivanti da una normativa lacunosa o assente

Pubblichiamo qui di seguito un importante Editoriale redatto dall’Avv. Alberto Rizzo, il quale è da poco divenuto Coordinatore editoriale della prestigiosa Rivista “Banca Finanza” (andando dunque ad affiancare il Prof. Beppe Ghisolfi, che ivi ricopre il ruolo di Direttore responsabile).

Il contributo, datato 23 Dicembre 2018, è stato autorevolmente inserito nella rassegna stampa nazionale dell’Acri. In esso il Giurista braidese, specialista in Diritto bancario e finanziario, s’interroga sulle problematiche scaturenti dall’assenza di un’adeguata normativa che regoli l’attività delle Fondazioni. Senza precisi margini di manovra e profili di opportunità contingentati, il rischio è quello di un cortocircuito operativo, con esiti purtroppo a detrimento della collettività tutta.

È infatti comprovato come, mancando salde briglie di regolamentazione, prevalga la logica del primeggiare fine a se stesso, spesso senza obiettivi strategici di sistema. Se vogliamo, proprio come accadeva ai polli di Renzo che, durante il tragitto verso il desco dell’Azzecca-garbugli, s’ingegnavano a beccarsi l’uno con l’altro…

 

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La tragedia del ponte crollato a Genova, insieme al cordoglio per le vittime, ci suggerisce alcune riflessioni.

Nel capitale di Atlantia, la società cui fa capo Autostrade per l’Italia, hanno importanti partecipazioni la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino e quella di Cuneo. Fin qui nulla di male. Le Fondazioni, in base al protocollo Acri-Mef, devono diversificare i loro investimenti per evitare di rimanere senza risorse qualora la Banca partecipata non distribuisse dividendi.

Ovviamente devono scegliere investimenti sicuri, redditizi, col minor rischio possibile. Trattandosi di azioni, però, il rischio è sempre elevato. In questo caso si rivelerà molto probabilmente addirittura rovinoso.

L’altro aspetto alquanto discutibile è che, spesso, troppo spesso, gli esponenti aziendali (ci riferiamo, nello specifico, a queste due Fondazioni) siedono in numero ragguardevole in società partecipate o, comunque, collegate.

Può succedere con questo insieme di nomine e autonomine di arrivare a trenta incarichi. Qui si prospetta un profilo di opportunità, congiunto all’impossibilità concreta, sia di tempo che di competenze, di partecipare a svariati Consigli e Collegi sindacali. Per non parlare di conflitti di interesse, sempre in agguato, quando l’intreccio di cariche diventa abnorme.

Ultimo aspetto, finora non emerso. Considerando che i Presidenti e gli Amministratori delle Fondazioni percepiscono un adeguato compenso per i loro incarichi, a chi spettano questi emolumenti aggiuntivi che possono moltiplicare a dismisura gli introiti?

Alle persone fisiche che occupano Consigli e Collegi o all’Ente che li ha nominati?

Per evitare polemiche inutili, di cui le Fondazioni non necessitano, occorrerebbero nuove e precise regole. A quanto ci risulta, in questa situazione complessa, si ritrovano pochi casi. Una severa disciplina al riguardo sarebbe quanto mai opportuna”.

 

(Fonte: Alberto Rizzo, tratto da Banca Finanza / Immagine in copertina: Sala Perrone, presso la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino)

 

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Articolo pubblicato il 28/12/2018