L'Evoluzione dell'Uomo: nuove ipotesi
I Geni Manipolati di Adamo

Il Biologo molecolare Dr. Pietro Buffa racconta in un suo libro le nuove ipotesi evolutive.

 

 

Nuove ipotesi relative all’Origine dell’Uomo

 

Prendo spunto da un testo del Biologo molecolare Dr. Pietro Buffa, recentemente pubblicato da Uno Editori, I Geni Manipolati di Adamo, 2015, per affrontare un delicato argomento di natura biologica.

Da buon darwinista convinto, ho sempre creduto nei sofisticati meccanismi della Selezione Naturale: la "Causa biologica" che ha indirizzato e preparato le varie strade evolutive, imboccate dagli innumerevoli organismi animali e vegetali nel corso di oltre 3,5 miliardi di anni.

Il 24 novembre 1859 Darwin pubblica L'Origine delle Specie, testo fondamentale nel quale descrive per la prima volta i raffinati meccanismi che portarono esseri vegetali e animali, molto semplici, ad evolversi fino a raggiungere le forme più complesse della Classe dei Mammiferi fino all'Uomo moderno.

Per correttezza dovremmo specificare che Darwin presentò il proprio Lavoro sull'Origine delle Specie insieme agli studi di Alfred Wallace, che poco tempo prima gli aveva spedito un manoscritto, nel quale descriveva in modo pressochè analogo al suo, gli stessi meccanismi evolutivi.

Nel 1871 Darwin pubblicò L'Origine dell'Uomo e la selezione sessuale (titolo originale The Descent of Man, and Selection in Relation to Sex). 

Ovviamente la Scienza procede con le proprie conoscenze, favorendo la nascita di nuovi aspetti che possono confutare o confermare le precedenti teorie. Consideriamo anche che Darwin non era al corrente dei meccanismi della Genetica pur essendo coevo di Gregor Mendel, il noto scienziato e monaco che sperimentò sui piselli i primi studi di trasmissione ereditaria, evidentemente le conoscenze, a quei tempi, non erano così facili da condividere.

Centocinquant’anni di studi sull'Evoluzione, effettuati con moderne tecnologie che non potevano neppure essere lontanamente concepite da Darwin, ha portato la Scienza a dividersi in modo piuttosto netto riguardo l'Ominazione, ovvero il processo evolutivo che ha raccontato la nascita dell'Uomo moderno. 

Da una parte i Cattedratici che cercano di auto convincersi che i normali meccanismi evolutivi, avvenuti nel corso di circa 6 milioni di  anni, possano giustificare le variazioni genotipiche che hanno condotto il comune progenitore degli attuali Scimpanzé, Pan troglodytes, e Bonobo, Pan paniscus, ad aver dato origine all’Homo sapiens, dall’altra coloro che ritengono plausibile un’accelerazione artificiale, su base genetica, ad opera di qualche essere non umano.

Pietro Buffa, con grande serietà afferma che vi siano diversi aspetti nebulosi, tutti da chiarire: ..."In gioco vi sono diversi aspetti, come la brusca comparsa delle peculiari caratteristiche biologiche che ci contraddistinguono in quanto esseri umani, l’ordine di apparizione di queste caratteristiche ma anche il loro valore adattativo"...  (Cap. 3 pag 46)

Sappiamo dalla Paleontologia che 6 milioni di anni fa viveva il nostro comune antenato, ma per altri 4 milioni si parlerà solo di Australopithecus, ovvero la scimmia del sud.

Molto si discusse su questa specie di scimmia. Una delle principali questioni irrisolte fu e resta quella relativa alla possibilità che l’Australopithecus afarensis, più noto con il soprannome di Lucy, avesse assunto una postura eretta. Purtroppo i resti fossili in nostro possesso, che negli esemplari scoperti sono ridotti al 40% del totale, non comprendono gli arti inferiori completi di piedi, pertanto non possiamo  esprimere con sicurezza un parere definitivo sulla delicata questione della posizione verticale.

Immagine tratta dal Web

 

Recentemente, 1994, Fred Spoor della Liverpool University, ha evidenziato, con studi sull’apparato vestibolare dell’Australopithecus, che  ora è possibile ricavare informazioni riguardo la posizione del corpo dei nostri antenati rispetto al terreno. Le conclusioni sono state che “il metodo di deambulazione degli ominidi analizzati rispecchiava quello di una moderna scimmia antropomorfa e solo in parte quello umano”. F. Spoor, Bernard Wood, F. Zonneveld Implication of Early Hominid Labryntine Morfology for Human Bipedal Locomotion, Nature, 1994.

Studi successivi hanno messo in evidenza alcune caratteristiche/differenze alquanto significative:

Gli Australopithecus sono individui alti tra 110 e 150 cm, con un peso medio di 30-40 kg. Il volume cerebrale è compreso tra i 350 cc e i 450 cc e presentano marcato prognatismo e volto scimmiesco. Denti molari grandi rispetto alle dimensioni e un accorciamento del bacino tale da non giustificare la postura eretta che, se non gli impediva di camminare, sicuramente non gli permetteva di correre.

Poco sappiamo dei suoi piedi e del problema della opponibilità del pollice o del suo allungamento, paragonabile a quello umano che non favorirebbe la vita arboricola, bensì la corsa sul terreno.

Si è sempre supposto che una forte spinta verso l’abbandono della vita arboricola sia stata la progressiva deforestazione. Tuttavia, afferma Buffa, la Geologia ci dimostra che le grandi foreste pluviali scomparvero circa 12 milioni di anni fa, mentre gli Australopithecus vissero tra i 6 e i 2 milioni di anni fa.

2,4 milioni di anni fa appare improvvisamente una creatura dall’aspetto scimmiesco che risulta essere un portatore di numerosi caratteri che potremmo definire umani. In altre parole, 2,4 milioni di anni fa compare all’improvviso un essere che definiremmo il primo rappresentante del genere umano: l’Homo habilis.

L’Homo habilis presenta un volume cerebrale di 700 -750 cc, quindi maggiore del 40% rispetto all’Australopitecus.

Il peso di Homo habilis raggiunge i 50 kg, mentre l’altezza supera i 150 cm. Alcune modificazioni del bacino e della struttura ossea generale ci permettono di affermare che il nostro antenato avesse assunto una posizione eretta obbligata.

La comparsa di Homo habilis coincide anche con quella dei primi oggetti fabbricati dall’uomo: pietre scheggiate per poter lavorare le pelli o per iniziare la costruzione di strumenti in legno.

Il problema della transizione da Australopithecus sp. a Homo habilis nasce dalla mancanza di anelli intermedi, ovvero di quelle forme di passaggio che collegherebbero biologicamente le due differenti specie.

 

Immagine tratta dal Web

 

Numerosi studiosi, tra i quali il Sumerologo Zacharia Sitchin, proposero una teoria piuttosto intrigante. Secondo lo studioso, nato in Azerbaigian nel 1921 e morto a New York nel 2010, i testi sumeri racconterebbero, con un anticipo di 2000 anni sui testi biblici, le tecniche di manipolazione genetica utilizzate dagli Annunaki, di probabile origine extraterrestre utilizzate per accelerare il processo di ominazione.

Tale intervento avrebbe potuto essere stato compiuto su numerosi individui durante il Pleistocene inferiore, quindi circa 2,5 milioni di anni fa.

E’ proprio in questo periodo che avviene un "balzo evolutivo" biologicamente inspiegabile.

In realtà Sitchin propone il momento dell’intervento genetico in una fase più recente, relativa all’Homo erectus, tuttavia secondo molti scienziati, tra i quali Pietro Buffa, il balzo evolutivo sembra avvenire già con Homo habilis.

Veramente interessante l'analisi delle differenze genetiche tra i nostri progenitori, un argomento complesso e sempre più documentato che sarà affrontato nei prossimi articoli, analizzando gli studi dei due ricercatori italiani, Pietro Buffa e Mauro Biglino. 

 

 

 

 

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 22/12/2018