Roma. Il misterioso accordo del Governo con Bruxelles sulla manovra

Il Mef annuncia l'intesa «informale» con l'Ue sulla Finanziaria 2019. I dettagli dovrebbero essere riferiti dal premier Conte oggi in Senato

Secondo fonti del Ministero delle Finanze sarebbe stato trovata l'intesa con l'Ue sulla Finanziaria 2019. Si tratta, è stato spiegato, di un «accordo tecnico che sarà passato nella giornata di oggi al vaglio dei commissari per essere ufficializzato», e dunque allo stato è ancora «solo informale». E proprio il 19 dicembre è in programma un intervento con cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dovrebbe svelare i dettagli dell'intesa anche se Palazzo Chigi ha per ora frenato sull'annuncio dell'accordo: «Rispetto alle anticipazioni sull'esito del negoziato con la Commissione Ue, c'è prudenza», hanno spiegato fonti della presidenza del Consiglio definendo «essenziale conservare la riservatezza anche nell'ultimo tratto del negoziato».

Dopo due mesi di trattative, vertici e riscritture, sarebbe dunque arrivato il via libera "tecnico" di Bruxelles e, in via informale, dei commissari Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis alla proposta messa a punto da Giuseppe Conte e Giovanni Tria, che eviterebbe la procedura d'infrazione.

Ma, come detto, solo la mattina del 19 è attesa decisione ufficiale della Commissione e una delle condizioni "essenziali" per un esito positivo era la "riservatezza" nella trattativa.

Una trattativa che ha un passaggio fondamentale tutto interno alla Commissione Ue proprio tra colombe e Falchi, i più morbidi, come Moscovici e Dombrovskis, e i duri e puri dei paesi del Nord. Perciò il premier sarebbe molto irritato dall'uscita "maldestra" del ministro: il timore, spiegano dal governo, è che i falchi Ue blocchino Juncker e l'intesa informale salti.

A Roma l'Ue avrebbe chiesto misure più «strutturali» e «realistiche» per ridurre il deficit strutturale e il debito.

Ma ridimensionare ancora il reddito di cittadinanza e «quota 100» non è possibile, ha fatto sapere Conte agli interlocutori. I tecnici del Mef avrebbero riproposto l'idea di farli slittare a giugno.

Ma il «no» di Luigi Di Maio e Matteo Salvini è stato netto e il premier ha tenuto il punto: si tagliano 4 miliardi dalle due misure, non di più. «Non tradiamo gli italiani», ha detto il leader M5s. «Noi siamo in buona fede, spero anche l'Ue», ha affermato Salvini. Conte ha spiegato a Jean Claude Juncker e ai due commissari che le risorse si sono trovate altrove, «nelle pieghe del bilancio», e non si può fare altrimenti. Non è solo «maquillage», ha assicurato: il deficit 2019 sarà un 2,04% «reale» e per gli anni successivi si garantisce la discesa strutturale di deficit e debito. Ma in cosa consista nel dettaglio la proposta non è ancora noto. Tanto che nel governo c'è chi arriva a sospettare una «forzatura» di Tria, per mettere nero su bianco l'intesa, che conterrebbe novità sgradite a M5s e Lega come l'abbassamento della stima del Pil all'1% nel 2019 e l'aumento dell'Iva per il 2020-2021. I tre miliardi mancanti per portare il deficit al 2,04% verrebbero da risparmi di spesa, dismissioni e rinvii di agevolazioni alle grandi aziende.

Ad ogni modo, che sia possibile evitare da subito l'avvio della procedura d'infrazione (senza neanche un rinvio della scelta della commissione a gennaio) è una convinzione di diverse fonti italiane. L'accordo lo comunicherà al Senato, dove il Pd ha minacciato di occupare l'Aula per denunciare l'esautoramento del Parlamento, Conte alle 12 di mercoledì, dopo la riunione della Commissione a Bruxelles. Nell'esecutivo si starebbe intanto già lavorando al maxiemendamento da presentare in commissione e poi in Aula, venerdì 21.

Con l'obiettivo, in una corsa contro il tempo, di incassare il via libera definitivo della manovra alla Camera entro Natale, domenica 23 o al massimo lunedì 24 mattina.

La decisione dell'Ue era tutt'altro che scontata ma tutto, in questi ultimi giorni, sconsigliava alla Commissione europea di aprire una procedura per debito eccessivo contro l'Italia.

L'incertezza sulla sorte della Brexit rende l'Europa più vulnerabile, l'avvio della campagna elettorale per le europee sensibilizza le istituzioni ai problemi 'd'immagine', e la Francia di Macron che sfora il 3% di deficit crea un precedente difficile da ignorare. Per tutti questi motivi Bruxelles - Juncker, Moscovici e Dombrovskis in primis - si è man mano convinta che un accordo (nonostante i falchi continuino a chiedere 'tolleranza zero') andasse fatto, anche a costo di fare verso l'Italia qualche passo in più del consentito dalle regole.

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Articolo pubblicato il 19/12/2018