La web tax slitta al 2019

Un puzzle fiscale complesso

 

Niente da fare per quest’anno, se ne parlerà nel 2019, forse prima delle elezioni europee. Resta “ferma al palo” la web tax europea, nonostante lo sprint degli ultimi mesi di Francia e Germania.

La prima proposta prevedeva una tassazione al 3% per le aziende del Web con un fatturato di almeno 750 milioni di euro e almeno 50 milioni di euro di vendite. Ma c’è stata una retromarcia: la bocciatura nell’ultimo Ecofin, anche sulla scorta di timori diplomatici nel rapporto Unione Europea - Stati Uniti.

Pertanto la questione slitta al prossimo anno, probabilmente in una formulazione molto più leggera e ristretta a un numero minore di aziende, rispetto a quanto avanzato dalla Francia.

Il nostro Paese intanto fa parte di quello schieramento che vede i cugini d’Oltralpe insieme alla Germania per cercare delle linee condivise, la sunset clause, in attesa che si pronunci l’Ocse. Anche se la Francia pare abbia annunciato di voler introdurre una tassa nazionale sui colossi informatici dal 2019 se i negoziati europei sulla web tax non dovessero giungere a buon fine.

Come più volte affermato da queste colonne digitali, la questione è quanto mai fondamentale, dal momento che nella stessa Unione vigono delle regole fiscali non allineate  per le aziende della Rete, e che in passato hanno portato vantaggi a uno Stato invece che a un altro. Non si tratta di “protezionismo digitale”, piuttosto di un intervento volto a non riequilibrare la bilancia fiscale che pende a favore di GAFA (Google, Amazon, Facebook, Apple). Come esemplifica Il Sole 24 Ore sul rapporto tra Irlanda e Apple: “per la Commissione, grazie a questi accordi, equiparati ad aiuti di Stato, e alla particolarità del diritto tributario irlandese, la multinazionale Usa aveva ottenuto vantaggi fiscali illegali, finendo per pagare su gran parte degli utili registrati fuori dagli Stati Uniti non la già favorevole corporate tax irlandese (12,5%), ma percentuali via via ridotte, fino allo 0,005%del 2014. Accuse respinte da entrambe le parti, che hanno sempre sostenuto che il trattamento concesso a Apple fosse in linea con la legislazione irlandese ed europea”.

 

L.V.C.

 

(Immagine di copertina tratta da bergamonews.it)

 

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Articolo pubblicato il 07/12/2018