Il Diluvio Universale
Fotografia tratta dal WEB

Confronto tra Antico Testamento ed Epopea di Gilgamesh

 

IL DILUVIO UNIVERSALE

L’evento catastrofico più conosciuto della storia, e l’aggettivo universale forse non è stato così casuale, non è monopolio dell’Antico Testamento, ma come molti altri miti appartiene al patrimonio culturale di moltissime civiltà.

Moltissime religioni condividono con il Giudaismo l’evento descritto nella Bibbia. Il Cristianesimo, il Buddismo, il Confucianesimo, l’Induismo, L’Islam, lo Zoroastrismo… esprimono racconti molto simili, con differenti protagonisti e luoghi geografici, che nel concreto narrano lo stesso disastroso evento.

La Bibbia affronta l’argomento nei capitoli 6, 7, 8 del libro della Genesi. Tuttavia il testo più antico risulta essere quello sumerico conosciuto come La Genesi di Eridu o Diluvio sumerico (XXX sec. a.C.).

Il cosiddetto Diluvio sumerico venne inserito in un antichissimo poema epico, definito l’Epopea di Gilgamesh dove si narra dell’incontro tra un semidio (Gilgamesh) con Utnapishtim/Utanapishtim (il Noè della cultura babilonese).

In tutti e due i racconti emerge la figura di una divinità che sembra pentita di aver creato l’umanità, e che in un momento d’ira (sembra non così raro) decide di sopprimerla.

ANTICO TESTAMENTO

La Bibbia racconta di un certo Noè che vive in Mesopotamia con la propria famiglia. Noè ha una moglie e tre figli, Sem, Cam e Iafet, tutti sposati. Si tratta di una famiglia particolare, una famiglia che si distingue dalle altre che popolano la stessa zona e che sembrano inclini alla violenza e ad altre forme di turpitudini.

Dio, decide di punire quelle genti ma per evitare l’estinzione dell’Umanità parla con Noè, mettendolo al corrente del suo discutibile progetto.

Gli propone di costruire una sorta di casa galleggiante, indicandogli con precisione le misure: lunga 156 metri, larga 26 metri e alta 15. La Bibbia specifica anche che tali misure siano state proposte perché quelle più adatte a sfidare le onde e i vortici dell’alluvione.

Noè, terminata l’Arca, porta con sé molte coppie di animali domestici, le fantasiose immagini dell’arca con giraffe, coccodrilli, ippopotami, rinoceronti e criceti, sembrano essere solo parti di recenti fantasie.

Tali animali sarebbero serviti in futuro per sfamare l’umanità superstite.

Terminate le operazioni d’imbarco, chiusi i boccaporti, inizia a scendere una pioggia fittissima che sembra non cessare più. Dopo molti giorni i due fiumi Tigri ed Eufrate straripano e muoiono tutti gli uomini presenti in quella zona.

La valle più fertile del Mondo diventa un grande lago che sommerge tutte le terre e fa strage di bestie e di umani.

Dopo un certo periodo l’Arca si arena sopra una montagna, cessa di piovere e Noè comprende di essere in prossimità della terra ferma grazie al comportamento di alcuni uccelli che aveva portato con sé.

Noè scende sulla terra ferma, che sembra riemersa dopo il ritiro delle acque, e sacrifica alcuni animali al suo Dio.

Dal canto suo, Dio, stipula con Noè una nuova alleanza e gli promette che se si comporterà bene in futuro non ci sarà più bisogno di altre punizioni.

Senza entrare troppo nel dettaglio emerge subito la personalità di questa divinità un po’ troppo irascibile che, scontenta di alcuni comportamenti delle proprie Creature, decide di annientarle senza troppi tentennamenti.

Il Dio biblico aveva già sbagliato con le sue prime creature, gli Adamiti, e ora dava una seconda possibilità a Noè per fargli continuare la Specie alla quale si sentiva più vicino.

Ci sarebbe veramente molto da aggiungere su questo punto, ma in questo articolo vorrei limitarmi ad individuare similitudini e analogie tra i vari racconti relativi al diluvio.

 

EPOPEA DI GILGAMESCH

L’Epopea di Gilgamesh è stata scritta in Mesopotamia dai Sumeri intorno al 4.500 a.C. e presenta una storia del Diluvio molto complessa e articolata che riportiamo in una sintesi molto succinta, ricordando, per chi volesse approfondire l’argomento il testo:

L’EPOPEA DI GILGAMES, a cura di N.K. Sandars, ed Adelfi 1986.

 

Fonte Web

 

Il RACCONTO DEL DILUVIO

Narra Utapanipistim che sulle rive dell’Eufrate presso la città di Suruppak, vi erano molti dei divenuti troppo vecchi, tra i quali Enlil,dio e grande guerriero.

Enlil,  a causa del clamore udito dalla numerosa popolazione della città, risultò essere molto infastidito e disse: “Lo strepitio dell’umanità è intollerabile e il sonno non è più possibile a cagione di questa Babele”

A questo punto, con il consenso degli dei, Enlil decide di sterminare l’umanità.

Un altro dio, Ea (Enki), a causa di un precedente giuramento avvisa in sogno il giovane Utanapištim che era un suo sacerdote e gli ordina di abbattere la propria casa per costruire una nave. E gli indica anche le misure: la sua larghezza sia pari alla lunghezza e che sia provvista di un tetto. Una sorta di chiatta quadrata diremmo oggi. Quindi il dio prosegue dicendogli di mettere nella nave il seme di tutte le creature viventi. Vedremo successivamente che questa affermazione aprirà discussioni molto stimolanti che potranno stravolgere il vero significato della frase.

Utanapištim, un po’ imbarazzato, chiede al suo dio come dovrà comportarsi con il resto degli uomini per giustificare le proprie improbabili azioni. Ea gli suggerì di dire: “Di’ loro così: ho saputo che Enlil è adirato contro di me, non oso più camminare nella sua terra o abitare in questa città; scenderò nel golfo per dimorare con Ea, il mio signore. Ma su di voi egli farà piovere abbondanza, pesci rari e selvaggina di elusivi volatili, una ricca stagione di messi. La sera, il cavaliere della tempesta vi porterà grano a torrenti…”.

Evidentemente la previsione dei torrenti era corretta, ma non quella del grano…

Aiutato dalla sua famiglia e da numerosi altri uomini, Utanapištim, riuscì a costruire una imbarcazione in grado di navigare. Con la pece per calafatare, legname, olio, asfalto e molti altri materiali riuscì a realizzare il proprio progetto.

A questo punto, dopo averla riempita di provviste, di animali, di oro e dopo aver fatto salire la sua famiglia e coloro che avevano collaborato alla realizzazione del progetto, Utanapištim, riceve un altro ordine: “Questa sera, quando il cavaliere della tempesta manderà giù la pioggia distruttrice, entra nella nave e serra i boccaporti”.

All’alba giunsero due dei, Sullat e Hanis, che precedevano la tempesta. Quindi sorsero altri dei dall’abisso: Nergal divelse le dighe delle acque sotterranee, Ninurta dio della guerra abbatté gli argini e gli Annunaki innalzarono le loro torce, illuminando spettralmente la Terra. Per sei giorni e sei notti il paese di Sumer venne travolto dalla furia delle acque.

All’alba del settimo giorno la tempesta cessò e Utanapištim aprì un portellone, si affacciò e vide solo una distesa d’acqua che si perdeva a vista d’occhio. Tutta l’umanità era stata trasformata in fango e Utanapištim s’inchinò e pianse.

A questo punto il racconto si sovrappone a quello Biblico (posteriore) e vi leggiamo l’episodio degli uccelli che gli indicano la presenza di una terra ferma.

Utanapištim apre le porte della nave, libera i suoi ospiti e fa sacrifici agli dei.

Quegli stessi dei sentirono il profumo del grasso bruciato, che a loro piaceva moltissimo, e ne furono felici. L’unico dio che rimase indispettito nel comprendere che vi erano ancora degli umani vivi fu Enlil.

A questo punto del racconto ricompare Ea (Enki), protettore del genere umano, che riprende Enlil il responsabile del diluvio: Saggio tra gli dèi, Enlil, come hai potuto così stoltamente far scendere il Diluvio? Imponi sul peccatore il suo peccato, puniscilo quando ha colpa, ma non incalzarlo troppo, altrimenti muore. Magari un leone avesse dilaniato l'umanità invece del Diluvio. Magari la carestia avesse devastato l'umanità invece del Diluvio. Magari la pestilenza avesse decimato l'umanità invece del Diluvio”.

A questo punto come in una commedia a lieto fine, Enlil va verso la nave, prende per mano Utanapištim e sua moglie, li fa entrare di nuovo nell'arca, li benedice e dona a Utanapištim l’immortalità.

Come si vede le analogie sono lampanti e dal momento che L’Epopea di Gilgamesh risale al 4.500 a.C., mentre la Bibbia risulta essere molto più recente (per alcuni Salmi a partire dal X secolo a.C., per il Pentateuco non prima del VI secolo a.C.) dedurremo che gli AA della Bibbia si siano ispirati al poema sumerico.

Un fatto estremamente interessante riguarda un altro documento:

 “IL MANOSCRITTO DI COOKE”

Il prezioso scritto risalente al 1861, intitolato ufficialmente The History and Articles of Masonry, rappresenta la riedizione di un documento risalente secondo molti studiosi, tra i quali Hugan, al lontano 1450. Tale documento appartiene al patrimonio storico della letteratura massonica. Per coloro che fossero interessati all'argomento ricordo il testo: BIBLIOTECA MINIMA, 33 libri che parlano di Massoneria di Maurizio Galafate Orlandi, ed ATHANOR  2012.

La narrazione ha inizio con un racconto che precede il Diluvio. In questa parte incontriamo alcuni personaggi biblici come Jabal ed Enock, i quali avrebbero trasmesso i segreti dell’Arte ad Abramo. Questi a sua volta li avrebbe trasmessi ad Euclide, quindi agli Egizi, poi agli Ebrei, fino a Re Salomone che li avrebbe utilizzati per la costruzione del noto Tempio. Secondo il Manoscritto dopo la distruzione del Tempio, l’Arte Muratoria venne tramandata in Europa ai Cristiani, da questi ai Quattro Santi Coronati (martiri europei costruttori) ed in Inghilterra sarebbe giunta al Re Athelsano.

Uno degli obbiettivi del Manoscritto Cooke è soprattutto di affermare che il sapere originario non ha subito delle interruzioni con il diluvio: in altre parole, che la trasmissione del mestiere-mysterium è integra e continuativa. Se infatti il fondamento delle arti liberali fosse successivo alla confusione delle lingue che Dio volle dopo il tentativo di scalare il cielo con la torre di Babele, esso non avrebbe alcunché di sacro. 

Riporto un passo tradotto del Manoscritto:

“Invero la Bibbia dice nel capitolo IV della Genesi che Lameth ebbe dall'altra moglie chiamata Zillah (Sella) un figlio e una figlia. I loro nomi erano Tubalcain, il figlio, e la figlia fu chiamata Naamah (Neema) e, come dice il Polyecronicon, ella fu la moglie di Noè; che sia vero o no, noi affermiamo di no.


Voi comprenderete che questo figlio Tubalcain fu il fondatore dell'Arte del fabbro e di tutte le Arti del metallo, cioè del ferro, oro e argento, come dicono alcuni Dottori, e sua sorella Naamah fu la fondatrice dell'Arte della tessitura; ma filavano il «filobo» e lo lavoravano ai ferri e si facevano vestiti come potevano, ma la donna Naamah trovò l'Arte della tessitura da allora fu chiamata l'Arte delle donne; e questi tre fratelli sapevano che Dio si sarebbe vendicato del peccato o col fuoco o con l'acqua ed essi posero la massima cura per salvare le Scienze che avevano trovato e si consigliarono fra loro; e con i loro ingegni, dissero che c'erano due tipi di pietra di tale qualità che la prima non sarebbe mai bruciata e quella pietra è chiamata marmo e che l'altra pietra non sarebbe mai affondata e quella pietra è chiamata Laterus (Latere). E perciò essi idearono di scrivere tutte le scienze che avevano trovato in queste due pietre, così che se Dio si fosse vendicato con il fuoco il marmo non sarebbe bruciato e se Dio si fosse vendicato con l'acqua l'altra pietra non sarebbe affondata. E perciò pregarono il fratello più grande di Jabal di fare due colonne (pilastri) con queste due pietre, cioè marmo e Laterus e d'incidere nei due pilastri tutte le Scienze e le Arti che essi avevano trovato. E così si fece e perciò possiamo dire che egli fu molto abile nella scienza che per primo iniziò e perseguì il fine prima del Diluvio di Noè: ben sapendo della vendetta che Dio avrebbe attuato, sia col fuoco o con l'acqua, i fratelli -come una specie di profezia- sapevano che Dio ne avrebbe mandata una al riguardo e perciò scrissero nelle due pietre tutte le sette Scienze, perché essi pensavano che la vendetta sarebbe arrivata. E così avvenne che Dio si vendicò e venne un tale Diluvio che tutto il Mondo fu sommerso e morirono tutti tranne otto persone. E furono Noè e sua moglie e i suoi 3 figli e le loro mogli e da questi figli tutto il Mondo derivò. E [i tre figli] furono chiamati in questo modo: Sem (Shem), Cam e Japhet (Jaffet). E questo Diluvio fu chiamato il Diluvio di Noè, perché in esso si salvarono lui e i suoi figli.” 

 

Fonte Web

 

Proseguiremo a parlare di questo argomento inserendo anche altri approfondimenti, come quelli del Dr. Mauro Biglino, notissimo studioso di antichi testi e traduttore dell’Antico Testamento.

 

 

 

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Articolo pubblicato il 01/12/2018