Web tax, l’allarme di Netcomm: “produzione inferiore a 2 miliardi”

Preoccupazioni per i possibili effetti recessivi

Per quanto la web tax comune a livello europeo continui a sembrare poco più che una chimera, in Italia con la legge di Bilancio 2018 è stata formulata un’imposta sulle transazioni digitali del 3% che verrà applicata, a partire dal 1° gennaio 2019 sulle stabili organizzazioni di soggetti sia residenti che non residenti nel territorio dello Stato.

 

Non mancano le voci critiche verso la sua adozione. Infatti, scrive Il Corriere delle Comunicazioni, che secondo una ricerca effettuata da Prometeia, nell’ipotesi peggiore, “la produzione risulterebbe inferiore fino a circa 2 miliardi di euro rispetto allo scenario base senza imposta, con un’incidenza dello 0.06% sulla produzione complessiva dell’economia, mentre l’impatto negativo sull’occupazione del settore arriverebbe a una perdita di circa 17 mila addetti, lo 0.07% del totale di riferimento, a fronte di un maggior gettito fiscale di poco superiore a 250 milioni di euro”.

 

Roberto Liscia, Presidente Netcomm, che ha commissionato l’indagine, osserva come la tassazione abbia degli “elementi recessivi che si tradurrebbero nell’aumento dei prezzi per i consumatori e in un decremento dell’occupazione”. In questo modo si produrrebbe un allargamento del “gap sulla competitività con gli altri paesi europei e sui mercati internazionali”. Liscia ricorda come “il settore dell’e-commerce in Italia da diversi anni continua a crescere a due cifre rispetto al canale fisico, con un impatto sul Pil dell’1,6%, facendo registrare una bilancia positiva dell’export che oggi è di circa 4 miliardi di euro e contribuendo a creare posti di lavoro con un alto livello di alfabetizzazione”.

 

L.V.C.

 

(Immagine di copertina tratta da Next Generation Currency)

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Articolo pubblicato il 26/11/2018