Torino. “SÌ Tav, SÌ al progresso”

Oltre 40000 persone presenti in piazza Castello per dire “Torino non ci sta”!

Nelle ultime ore l’aspettativa era palpabile e febbrile con le migliaia di sottoscrizioni raccolte dalle due petizioni. Quella di Mino Giachino per “SÌ TAV, SÌ LAVORO” e l’altra da sette professioniste di successo con “SÌ, Torino va avanti”, in una giornata autunnale e piovosa, hanno sortito il loro effetto.

Piazza Castello e le vie limitrofe traboccanti testimoniano la volontà di invertire la rotta che conduce al degrado verso il quale una classe politica d’incompetenti e rinunciatari ci ha relegato.

Oltre 40000 persone raccolgono l’appello per riappropriarsi della Città, con scelte ben precise e quantificate. Erano presenti cittadini di ogni età e ceto sociale, imprenditori, studenti e operai.

Palpabile il volto di Torino e del Piemonte che studia e che produce, con i referenti di più di trenta organizzazioni di produttori, lavoratori e ordini professionali. Si è palesata la rivolta delle coscienze di una Torino che per troppi anni s’era rassegnata a perdere.

Chiara Appendino con la sua antipatica supponenza ha rappresentato la goccia che ha fatto traboccare il vaso con i “NO a Tutto”, dal G7, alle Olimpiadi alla M2, alla TAV (senza averne titolo), oltre alle sciagurate scelte in materia di viabilità e urbanistica e la reazione c’è stata!

Civile, composta, “sabauda”, ma ferma.

I partiti politici, ormai imbonitori screditati da quando hanno cacciato i competenti o sono diventati succubi di altri poteri, hanno, negli anni, contribuito a far perder alla città i primati conquistati con il “miracolo economico” e la visibilità internazionale culminata con le Olimpiadi del 2006.

Ieri hanno cercato di parare maldestramente i colpi, diffondendo risibili e tardive dichiarazioni di compiacimento, o mandando in piazza e in un convegno le loro “vergini cucce” per spiegare l’esatto contrario di quel che hanno da tempo predicato, tollerando non poche ambiguità ben collocate nei loro organismi dirigenti.

Ma da ieri non riusciranno più con la consueta patina di doppiezza a piegare la voglia del cambiamento e del Sì, che parte dalla TAV per articolarsi in tematiche qualificanti, finalizzate per assicurare il futuro della città e per prospettare ai giovani che studiano seriamente valide opportunità di sbocco lavorativo in loco e scongiurare la via obbligata all’emigrazione.

Fra pochi mesi dovremo rinnovare il Governo della Regione e vigilare su una Giunta comunale sempre più acefala e schiava di scelte ideologiche controverse e deleterie.

Torino diventi quindi un laboratorio d’idee concrete e valide, d’intenti positivi, con l’apporto determinante e non di mero contorno, di professionalità che possano esprimersi e proporre qualificati provvedimenti e investimenti finalizzati a cancellare la parola regresso che oggi Chiara Appendino, e i suoi pretoriani tra le mille usuali contorsioni definiscono “decrescita felice”.

Domani potrebbe davvero essere un altro giorno o per lo meno ce lo auguriamo.

L’economia di Torino e del Piemonte non può ripiegarsi su se stessa, né rassegnarsi a un lento declino. Non si deve mollare!

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Articolo pubblicato il 11/11/2018