I reduci e combattenti di Viù (Torino)

Una lunga storia che continua, narrata da Alessandro Mella

Premessa

Le sorprese, si sa, arrivano quando meno te le aspetti. Io avevo raccolto molti mesi prima degli articoli e delle cronache su un tema a me caro ma l’avevo poi archiviato in attesa di sviluppi futuri. Fu una domenica pomeriggio che mi arrivò un messaggio dall’amico Claudio Sanchioli cui devo un vivo ringraziamento. Egli mi inviò una foto che, a suo avviso, poteva interessarmi.

Un distintivo di cui conoscevo la foggia ma che non avevo mai visto. Da quell’emozionante immagine nasce questo studio. L’immagine di un oggetto che, prima o poi, spero di poter trovare e custodire.

I reduci e combattenti di Viù

Una delle più ingrate critiche mosse, spesso, al Risorgimento è quella d’esser stato un movimento elitario maturato nelle coscienze di poche figure di altissima levatura morale. Tuttavia, esso coinvolse, alle volte anche obtorto collo, tutta la popolazione. Ogni contrada d’Italia vide i propri giovani partire per le patrie battaglie. A quel tempo Viù (nelle Valli di Lanzo in provincia di Torino) contava molti più abitanti di oggi. Ancora non era iniziato lo spopolamento delle montagne ed il capoluogo e le frazioni erano abitatissimi. Molti abitanti, quindi, indossarono l’uniforme per andare a combattere nelle guerre d’indipendenza e, dopo l’unificazione, in quelle coloniali. Alcuni, purtroppo, non tornarono:

Giuseppe Aires, Vincenzo Brodà, Lorenzo Chelotti e Francesco Fino nella guerra del 1848 (Prima Guerra d’Indipendenza).

Giovanni Marchis (1855), Lorenzo Sarda (1856) e Paolo Aires (1856) in quella di Crimea.

Luigi Migliorero in quella del 1859 (Seconda Guerra d’Indipendenza)

Antonio Durando e Francesco Milone nelle Guerre Coloniali del 1887 e 1896.(1)

Questi viucesi sacrificarono la loro vita per l’unità, l’indipendenza, la libertà e l’avvenire d’Italia. Nomi, purtroppo, quasi dimenticati. Recentemente, e questa è buona notizia, l’amministrazione comunale di Viù ha colto un suggerimento dello scrivente e, grazie all’interessamento ed alla lodevole sensibilità dell’assessore Alberto Guerci e del sindaco Daniela Majrano, si è messo allo studio il loro prossimo inserimento sul monumento ai caduti del paese.

Un traguardo importante per una comunità che ha scelto di tenere vivo il ricordo di questi antenati illustri. Ma come abbiamo detto furono molti i combattenti viucesi nelle guerre ottocentesche e diversi, per fortuna, sopravvissero e tornarono al loro paese a raccontare le loro storie ed avventure alle famiglie ed ai paesani. È in questo clima che, parimenti a molti altri comuni, anche a Viù sorsero enti benefici, società di mutuo soccorso e reducistiche favorite dalle grandi aperture liberali portate a suo tempo dallo Statuto Albertino del 1848. I reduci, quindi, si raccolsero a sodalizio:

VIU’ — (Nostre lettere, 2 giugno) — La solennità dello Statuto. — Ieri la locale Società dei Reduci e Congedati dall’Esercito Nazionale si radunò all’Albergo della Corona a cordiale banchetto per festeggiare lo Statuto, e cosi l’unità ed indipendenza della patria, e ad un tempo per inaugurare il distintivo adottato, consistente in una spilla simbolica portante un trofeo sormontato dalla stella d’Italia con in campo lo stemma Reale contorniato dalla dicitura della denominazione della Società. Durante il simposio il vessillo sociale sventolò dal balcone dell’albergo, come sventolava il mattino dalla sede della Società. Al levar della mensa il socio fondatore cav. Martino Rastelli, presidente della Società, rivolse ai confratelli accorate parole; parlò dei diritti e dei doveri, delle varie fasi della Società, dei benefizi attuali ed attuabili, delle comuni aspirazioni; rammentò essere scopo precipuo della Società d’istillare nei figli e nel popolo sentimenti di moralità e concordia, d’onore e di rispetto verso la Monarchia e le istituzioni che reggono la nazione, ed infine li esortò di mantenersi onesti e concordi, onde col tenuissimo contributo attuale poter col tempo aumentare i fondi, e per conseguenza i benefizi d’una mutua fratellanza. Parlarono in seguito il maestro Suardi, segretario della Società, facendo un sunto storico della stessa, ed il dottore Cibrario, medico della Società, lodandone l’andamento ed augurando un progressivo sviluppo, nonché i soci Mondino e Falcherò Carlo. La Musica locale suonava ad intervalli allegre e patriottiche sinfonie. Come per incanto e per sempre rendere maggiore onore alla festa nazionale si combinò una passeggiata alla borgata Fucine colla Musica in testa e bandiera, passeggiata che riuscì benissimo sotto ogni riguardo; verso sera si ritornò alla sede della Società per la consegna della bandiera col massimo ordine e dignità. L’allegra comitiva si sciolse fra le grida d’evviva lo Statuto, evviva l’Italia, evviva il Re, evviva la Società dei Reduci e Congedati di Viù. (2)

Nel testo dell’articolo si ritrova e si avverte la vivacità dell’associazione dei reduci ma, soprattutto, si legge la descrizione del distintivo di cui la stessa si dotò. Cimelio la cui foggia è oggi visibile grazie all’immagine che, come scritto in apertura, mi inviò l’amico Sanchioli. Distintivo perfettamente corrispondente a quello descritto nel 1890 dalla Gazzetta Piemontese.

Un cimelio bello e commovente, carico di storia e memoria. Pochi mesi dopo il quotidiano torinese tornò a citare la società viucese in occasione del lutto che colpì l’Italia con la morte di Amedeo di Savoia primo Duca d’Aosta e già Re di Spagna:

VIÙ.Funerali pel compianto principe Amedeo. — Ci scrivono: Ieri, 27 andante mese, alle ore 10 ant, per iniziativa di questo molto reverendo vicario ebbero luogo nella chiesa parrocchiale solenni funebri pel l’illustre, valoroso e magnanimo principe Amedeo. Assistevano alla mesta cerimonia il Municipio in Corpo, una rappresentanza della R. Pretura, il consigliere provinciale signor Rastelli avv. Giovanni, i maestri coi propri alunni, la società dei reduci, il conciliatore, la Congregazione di Carità, le guardie forestali ed un concorso straordinario di popolo. I funebri riuscirono assai decorosi e nella circostanza questa popolazione dimostrò quanto si accuori davanti alle sventure nazionali e di Casa Savoia e come non vi sia distinzione di animi per commemorare la perdita del principe Amedeo, che è sempre più sentita da questi valligiani affezionatissimi e fedeli alla Casa regnante. (3)

Alla società dei reduci presto si unirono i combattenti delle guerre coloniali di fine secolo, le sfortunate campagne che archiviarono la stagione politica di Francesco Crispi, e quelli della guerra italo-turca del 1911 e 1912 condotta faticosamente, ma con successo, dal Regio Esercito Italiano al tempo del governo dell’illustre statista Giovanni Giolitti.

Ma poco dopo le attività associative finirono, probabilmente, per subire un grave arresto con l’ingresso dell’Italia nella grande guerra. La Prima Guerra Mondiale, infatti, colpì tutti i paesi, borgate e frazioni d’Italia con un impiego di uomini e risorse senza pari nella memoria collettiva. E Viù ebbe moltissimi combattenti al fronte e tra loro diversi tornarono a casa, spesso con il nastro azzurro delle medaglie al Valor Militare guadagnate sul campo. Furono loro a rianimare l’associazionismo reducistico:

Da Viù. Festa di ex-combattenti. - Domenica, 18 settembre alle ore 10 avrà luogo la inaugurazione della bandiera sociale della locale Sezione Combattenti e la consegna della medaglia d’oro di riconoscenza dei combattenti della Valle di Viù al cieco di guerra Antonio Pagliano, di Nole Canavese. Le adesioni al pranzo, in onore ai mutilati ed ex-combattenti, devono pervenire non più tardi del 14 corr., alla Sezione Combattenti di Viù.(4)

Ma purtroppo furono molti, anzi moltissimi, anche i caduti. Uomini falciati da quella che papa Benedetto XV definì, saggiamente ed efficacemente, “l’inutile strage” ed i cui nomi oggi figurano proprio sul già citato monumento inaugurato nel 1923:

Viù ai suoi caduti. Viù, 11, notte. Questa ridente cittadina ha voluto onorare con una bella opera d’arte i suoi figli caduti in guerra. Con l’intervento di numerose Autorità la degna cerimonia venne celebrata in cospetto di una numerosissima folla qui convenuta da Torino e da tutti i paesi delle nostre belle vallate. Discorsi pieni di passione patriottica pronunciarono il capitano Cittadini, il colonnello Faracovi, comandante del 3° alpini, il conte Cibrario. Il monumento ai caduti, è l’opera di un giovane, che muovendo i primi passi già prorompe in una manifestazione cosi gagliarda di vita da meritare che su lui converga una qualche attenzione: Stefano Borelli. Il monumento, in bronzo, è alto circa sei metri, e mentre ricorderà nobilmente chi diede se alla Patria, segnerà nel giovane artista di Mondovì, che dal [Gaetano] Cellini trasse buon nutrimento d’arte, un primo passo, che è buon indizio di un luminoso avvenire. (5)

Tra quei nomi figura anche un cugino di mia madre. Tornato dalla guerra per la sovranità sulla Cirenaica e la Tripolitania nel 1912, fu richiamato e morì poi al fronte nel 1916 (6).

Tra i primi a cadere, i primi di decine di migliaia. Ai loro nomi, pochi anni dopo, si aggiunsero quelli dei caduti nella guerra 1940-1945 e quelli morti durante il difficile periodo 1943-1945. Alcuni soldati, ben prima del 1943, morirono in Albania, Russia, Nord Africa e Jugoslavia. Lontano da casa e famiglia come già avevano fatto, il secolo prima, anche i molti alpigiani morti al seguito di Napoleone I in tutta Europa.

L’autore di questo studio ricorda benissimo quando, anni fa, s’imbatté nei viucesi dispersi in Russia nel 1812. Oggi la memoria di quell’associazionismo vive ancora nei sodalizi che a Viù ne tutelano la memoria. Come l’Associazione Nazionale Alpini ma non solo. Lo scrivente ricorda ancora, con commozione, quando venne a mancare il suo pro zio Celeste Perotti, soldato in Albania e dopo l’armistizio nel Corpo Italiano di Liberazione del Regno del Sud.

Al cimitero di Viù si raccolsero tutti di fronte al loculo e poi fu recitata la Preghiera del Combattente. Poco dopo il rito sempre commovente dell’appello. La sua chiamata, la corale risposta: “Presente”. Un momento toccante, libero da ogni speculazione politica nel ricordo di un soldato che aveva combattuto accanto agli angloamericani per liberare l’Italia dal giogo tedesco. Ecco, quel percorso era iniziato tanti anni prima e aveva le sue radici in quel distintivo del lontano 1890. In quel panno tricolore c’era e c’è tutta la storia dei combattenti viucesi.

Dal nostro glorioso Risorgimento nazionale alla liberazione. Pagine di storia di cui dobbiamo essere fieri anche noi, innamoratissimi delle Valli di Lanzo.

Alessandro Mella

 

Nota 1) G. e P. Milone, Notizie delle Valli di Lanzo, Tipografia Palatina di G. Bonis Rossi e C., Torino 1911, p. 86.

Nota 2) La Gazzetta Piemontese, 6 giugno 1890, pagina 2.

Nota 3) Ibid. , 28 gennaio 1890, pagina 3.

Nota 4) La Stampa, 10 settembre 1921, p. 5.

Nota 5) Ibid., 12 ottobre 1923, p. 2

Nota 6) Ambrogio Bonavero del Salvagnengo di Viù dopo la leva, conclusa nel 1909, fu richiamato nel 1911 e dopo l’imbarco a Napoli giunse in Libia. Tornò vivo a Viù nell’estate 1912, autorizzato frattanto ad indossare la medaglia commemorativa di quella campagna, ma purtroppo morì poi nella grande guerra cadendo in combattimento nel 1916 a Velo D’Astico (VI). Il suo nome è tra quelli riportati nell’elenco dei caduti collocato sul monumento nella piazza di Viù.

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Articolo pubblicato il 25/09/2018