Appunti di viaggio in Russia (quindicesima e ultima puntata)
Pushkin (Carskoe Selo) - la Reggia di Caterina, con gli esterni in stile barocco elisabettiano

San Pietroburgo, la capitale dei Romanov nata dal sogno di Pietro, di Paolo Barosso

Sul fronte religioso, un altro segno dell’interventismo petrino negli affari della Chiesa fu la riforma del calendario: abrogata la consuetudine acquisita dai Bizantini di calcolare gli anni dalla presunta data di creazione del mondo (5509 a.C.) la si sostituì con il metodo di calcolo occidentale, a far data dalla nascita di Cristo. Rimase però una discrepanza di qualche giorno, ancor oggi esistente, perché Pietro non adottò il calendario gregoriano in vigore in gran parte d’Europa, bensì quello giuliano (ancor oggi in Russia il Natale ricorre il 7 gennaio). Inoltre stabilì che l’anno cominciasse non dal 1° settembre, ma dal 1° gennaio.

Tra le tante sontuose residenze della nobiltà russa che abbelliscono San Pietroburgo, citiamo il monumentale palazzo Jusupov, sia per il prestigio dei proprietari, i principi Jusupov, discendenti d’un’antica famiglia tatara che, dopo il disfacimento dell’Orda d’Oro, si russificò legandosi agli zar, sia per i drammatici eventi che ebbero luogo nelle sue sfarzose stanze poco prima dello scoppio della Rivoluzione del 1917, in particolare l’assassinio di Rasputin.

Al Museo Russo è esposto un ritratto di Feliks Jusupov eseguito dal pittore Valentin Serov quando il principe aveva sedici anni: fu proprio Feliks, unitosi in matrimonio nel 1914 con una nipote dello zar Nicola II, a passare alla storia come il brutale assassino di Rasputin. Per via delle straordinarie doti di mistico e guaritore, Grigorij Rasputin, il “monaco folle” com’era chiamato a San Pietroburgo, fece il suo ingresso a corte nel 1905 e da quel momento esercitò un’influenza da molti guardata con sospetto sulla zarina Aleksandra Feodorovna, persuadendola che, con l’imposizione delle mani, sarebbe riuscito a salvaguardare lo zarevic Alessio, affetto da emofilia, da fatali emorragie.

L’ingerenza di Rasputin nelle decisioni politiche, giunta al punto da condizionare la nomina e la destituzione dei ministri, soprattutto in un momento di grave difficoltà per la Russia, suscitò crescenti ostilità verso di lui, ma nella pianificazione dell’omicidio da parte del principe Jusupov, supportato da altri nobili, pare abbiano pesato anche altre considerazioni, come l’allontanamento dalla corte imperiale del padre e della madre di Feliks, rei di aver rimproverato la coppia imperiale per l’eccessivo potere concesso al guaritore, che fu anche accusato d’esser membro della setta siberiana dei Chlysty, originata da una mescolanza di elementi cristiani con pratiche pagane e orgiastiche.

Nella notte tra 16 e 17 dicembre 1916 (calendario giuliano) Jusupov e un gruppo di complici attirarono con un pretesto Rasputin nei sotterranei del palazzo, somministrandogli del veleno. Il monaco ne fu solo stordito: venne allora colpito da tre colpi di pistola e, non ancora sopraffatto, preso a bastonate e gettato in un buco praticato nella Neva ghiacciata. Oltre alla versione riportata e confermata dallo stesso Jusupov, esiste poi un’altra ipotesi, su cui si sofferma ad esempio Andrew Cook nel libro “To kill Rasputin”, che prospetta una responsabilità inglese nell’assassinio di Rasputin, visto con sospetto perché da sempre ostile al coinvolgimento della Russia nella Prima Guerra Mondiale (nel 1914, come riportato in Victor Alexandrov, The End of the Romanovs, scrisse in un telegramma “Se la Russia va in guerra, sarà la fine della monarchia, dei Romanov e delle istituzioni russe”) e favorevole a una pace separata con la Germania.

San Pietroburgo, pensata e costruita come una capitale dell’assolutismo imperiale, venne plasmata nell’arco di due secoli da una schiera di architetti chiamati a modellarne il volto. Similmente a Torino, sede delle corte sabauda, che raggiunse l’apice dello splendore architettonico nel corso del Settecento, si svilupparono attorno alla città-capitale una corona di residenze imperiali, luoghi di svago, di villeggiatura e di soggiorno estivo.

Tra le più famose spicca la reggia di Peterhof, affacciata sulle rive del golfo di Finlandia, voluta da Pietro il Grande, che seguì i lavori sino all’inaugurazione nel 1723, come residenza estiva in grado di competere con Versailles e celebrata per le centoquaranta fontane e i fantasiosi giochi d’acqua, alcuni progettati dallo stesso Pietro (che era amante degli scherzi, tanto da nominare “principe” il suo cane da guardia Romodanovski, facendogli tributare gli onori del rango). La residenza riportò pesanti danneggiamenti durante l’occupazione tedesca (le truppe naziste vi stabilirono per tre anni il quartier generale), che nel 1941 raggiunse le porte dell’allora Leningrado, imponendo l’assedio alla città per 871 giorni, senza riuscire a vincerne la resistenza.

A una trentina di chilometri a sud di San Pietroburgo si ammira invece lo splendido complesso architettonico e paesaggistico di Carskoe Selo, il Villaggio degli Zar, ribattezzato Pushkin nel 1937 in omaggio al celebre poeta russo, che qui vi aveva trascorso alcuni anni frequentando in gioventù il Liceo Imperiale (Pushkin morì nel 1837 per le ferite riportate sfidando a duello l’ufficiale francese D’Anthès, che il poeta, messo in guardia da una lettera anonima nota come il “Diploma del cornuto”, sospettava d’intrattenere una relazione clandestina con la bellissima moglie Natal’ja).

Il complesso, la cui costruzione venne avviata nel 1710 da Caterina, seconda moglie di Pietro il Grande e futura imperatrice come Caterina I, assunse però le sembianze attuali con l’imperatrice Elisabetta, che nel 1752 vi chiamò a lavorare Rastrelli, trasformando la Reggia, detta poi di Caterina, capolavoro del rococò, in residenza estiva abituale della famiglia e sede privilegiata dei ricevimenti diplomatici, e con i successori, l’imperatrice Caterina II e l’imperatore Alessandro I, che privilegiarono invece gli interventi in stile neo-classico, particolarmente evidenti nella Reggia di Alessandro, con il palazzo realizzato per Caterina II da Giacomo Quarenghi tra il 1792 e il 1796.

Paolo Barosso

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Articolo pubblicato il 23/09/2018