Giovanni Cibrario: dai monti ai cieli d’Europa

Alessandro Mella ricorda un eroe delle Valli di Lanzo disperso durante la Seconda Guerra Mondiale

Viù è una graziosa comunità montana, meta da più d’un secolo del turismo estivo e abitata da gente laboriosa e tenace. Ostinata e magnifica.

Nel giugno del 1918, il giorno 22, nacque in quel paese tra i monti Giovanni Cibrario. Un giovane con i tratti tipici della sua gente, cresciuto tra le montagne, forte e vivace e pieno di ostinazione e coraggio.

Figlio, occorre aggiungere, dei suoi tempi e cresciuto con i miti ed i valori di quella lontana e non sempre fortunata generazione. Nessuno, probabilmente, ci dirà mai cosa scatenò, nel suo cuore, la passione per il volo. Era forse uno dei bambini o dei ragazzini che, animati dal sacerdote erudito Padre Fulgenzio Del Piano (Parma, 1875 – Viù, 1936), avevano partecipato alla cerimonia in ricordo dei piloti caduti nel 1931 nella frazione Versino?

Un velivolo della Regia Aereonautica con due ufficiali si era abbattuto in Viù e la popolazione aveva deciso di ricordare i due giovani, vittime dell’incidente, con una targa marmorea.

Del resto, La Stampa di Torino, proprio quell’anno, ebbe anche a scrivere che: “Il bel ricordo, che è opera di alto significato civile, è dovuto all'iniziativa dei nostri fanciulli”.

Giovanni, chissà, poteva esser stato tra loro ed aver sognato per un attimo di stare su quei rombanti bolidi del cielo negli anni in cui le imprese di Italo Balbo e degli Atlantici infiammavano i cuori. Il fatto certo è che il giovane durante la guerra civile spagnola del 1936-1939 aveva già lasciato Viù per andare a volare come armiere del corpo di spedizione inviato dall’Italia in sostegno ai nazionalisti, sollevati dai vertici dell’esercito spagnolo. Tra loro emerse, sempre più, la personalità di Francisco Franco.

In Spagna, Giovanni, s’era fatto onore al punto di portare a casa una prima Croce di Guerra al Valore Militare. Il lettore non si faccia impressionare dalla retorica del tempo, il fascismo volle, per ragioni d’opportunità od opportunismo politico, politicizzare la guerra spagnola perfino nelle motivazioni delle decorazioni:

“Armiere, volontario in missione di guerra per l’affermazione degli ideali fascisti, già distintosi in precedenza partecipava ad alcune azioni belliche, distinguendosi per coraggio e sprezzo del pericolo. Cielo di Spagna, agosto – novembre 1938”.

Il nostro giovane combattente aveva, dunque, già aggiunto alla sua divisa un primo nastrino azzurro. Con la presa di Madrid e l’affermazione dei nazionalisti, anch’egli rientrò in patria ma la storia seguitò a fare il suo corso in un’Europa “polveriera”. Nel giugno del 1940 i successi dell’esercito tedesco impressionarono, infatti, il mondo. Ci si illudeva che la Gran Bretagna avesse trattato una pace con la Germania, e mentre la Francia agonizzava, Mussolini volle entrare in guerra per avere un proprio ruolo al tavolo della pace che riteneva, non lui solo in verità, prevedibile per l’autunno. Le cose non andarono affatto così! L’aviatore viucese si trovò, nuovamente, sui bombardieri in missione di guerra. Indubbiamente aveva coraggio da vendere, quasi al limite dell’incoscienza e solo un mese dopo l’ingresso nel conflitto, egli già si distinse:

“Medaglia d’argento al Valore Militare. Armiere a bordo di velivolo da bombardamento in rischiosa missione bellica, attaccato da quattro nemici, coraggiosamente cooperava alla difesa comune. Colpito più volte gravemente da raffiche avversarie, con magnifico stoicismo e con alto senso del dovere, continuava, con calma a far fuoco contro il nemico, incurante delle proprie ferite dalle quali gorgogliava il suo sangue generoso. Cielo dell’Africa Settentrionale, 10 luglio 1940”.

Ne uscì, malgrado le ferite, vivo.

La guerra, tuttavia, non solo non finì in breve ma si fece sempre più malvagia, sempre più atroce, sempre più devastante. Nel 1942 gli eserciti alleati travolsero le forse dell’Asse ad El Alamein. Nei cieli del Mediterraneo si scatenò l’inferno mentre si attaccavano i convogli e si bombardava, vanamente, Malta con la speranza mai concretizzata d’invaderla. In quei combattimenti senza sosta Giovanni non si risparmiò:

“Medaglia di bronzo al Valore Militare. Partecipava a numerose azioni belliche. In ogni circostanza dimostrava belle doti di combattente valoroso, contribuendo validamente al buon esisto di ogni azione. Cieli dell’Africa e del Mediterraneo, giugno 1940 – gennaio 1942”.

“Medaglia di bronzo al Valore Militare. Mitragliere di velivolo da bombardamento compiva numerose azioni belliche. Coadiuvava sempre il Capo equipaggio in completa dedizione al dovere, confermando belle doti di specialista capace e di valoroso combattente. Volontario in una missione bellica, non faceva ritorno. Cieli del Mediterraneo, aprile – novembre 1942”.

“Croce di Guerra al Valore Militare. Partecipava quale armiere di velivolo da bombardamento alla luminosa vittoria dell’Ala d’Italia nei giorni 14 e 15 giugno 1942 nel Mediterraneo. Cieli del Mediterraneo 14-15 giugno 1942”.

Promosso primo aviere, condusse la sua guerra con accanimento, disperazione e fede arrivando ad accumulare due medaglie d’argento e tre di bronzo al valore militare, due croci di guerra al valore militare ed una croce al merito di guerra.

La Stampa di Torino, nel marzo del 1944, ne tracciò un ritratto accennando che cadde in combattimento, proprio nei cieli del Mediterraneo centrale, il 17 novembre 1942 al suo 199° volo di guerra.

Lo citò non più come “primo aviere armiere” ma come “sergente armiere”.

Forse fu promosso, alla memoria, per i suoi meriti di combattente. Sul suo atto di nascita si cita la morte in combattimento sul Mediterraneo Centrale e la sentenza di morte del Tribunale di Torino giunta vent’anni dopo a confermare che le sue spoglie sono, oggidì, custodite dal mare che ne vide le gesta coraggiose.

Attualmente nel suo paese natale, Viù, esiste un viale alberato dal magnifico paesaggio e da percorrersi a piedi, passeggiando. Un cartello, affisso nel dopoguerra, lo indica come “viale Giovanni Cibrario pluridecorato”.

Molti, nelle sere d’estate percorrendolo con la famiglia od i figlioli, forse si saranno chiesti per quali ragioni e perché quell’aggettivo associato a quel nome.

Al giovane, morì a 24 anni, Giovanni, figlio di un’epoca sfortunata e dolorosa, si è cercato di ridare oggi un poco di memoria.

A questo montanaro coraggioso che dai verdi prati delle valli piemontesi andò a solcare i cieli azzurri dell’Europa in guerra e, parafrasando il testo d’una motivazione letta anni fa, strappò al cielo un pezzo d’azzurro per fregiarsene il petto.

Lui, da bravo e tenace valligiano, non s’accontentò d’un pezzo solo. Ne volle far suoi più d’uno e perpetuarne la memoria diventa un dovere a cui non è permesso sottrarsi.

Alessandro Mella

Nota (1) - Le motivazioni di alcune delle decorazioni al valore militare provengono dal prezioso archivio messo a disposizione dal benemerito Istituto del Nastro Azzurro.

 

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Articolo pubblicato il 19/09/2018