Appunti di viaggio in Russia (terza puntata)
Sergiev Posad - San Sergio benedice il gran principe Dmitrij Donskoj prima della battaglia di Kulikovo contro i Tartari

L’Anello d’Oro, tra monasteri, città mercantili e antichi principati, alla scoperta dell’anima russa, di Paolo Barosso

Il cosiddetto Anello d’Oro è un circuito turistico che comprende una serie di città e insediamenti monastici a nord-est di Mosca e lungo l’alto corso del Volga. Alcune di queste località furono sedi di prospere comunità mercantili, come Jaroslavl’, e di fiorenti principati, come Vladimir-Suzdal’, che vennero poi travolti dall’invasione tartara del XIII secolo, frammentandosi o divenendo vassalli degli occupanti. Alla testa del movimento di liberazione dal “giogo tartaro” si pose il piccolo principato di Moscovia che, dopo aver inflitto a partire dal 1380 dure sconfitte militari agli invasori, riunì i vari principati russi all’interno di una nuova formazione statuale sotto l’autorità della dinastia dei Rjurikidi.  

Anche dopo la nascita del nuovo Stato russo guidato da Mosca, che sottrasse il rango di capitale alla città di Vladimir, questi centri mantennero una posizione di prestigio, legata ai commerci, a importanti fondazioni monastiche o al rapporto privilegiato con le famiglie dell’aristocrazia. Fu in particolare Ivan il Terribile a ridisegnare la fisionomia dello Stato in senso centralistico, arginando il potere dell’aristocrazia terriera, composta dai boiari (titolo che indicava il massimo rango nella scala gerarchica degli onori), rafforzando il legame con la Chiesa e dando vita nel 1565 alla temuta opricnina, guardia personale dello zar cui per un certo periodo venne affidata la gestione delle terre tolte ai boiari. 

Prima tappa dell’itinerario proposto è Sergiev Posad, località posta a circa 70 Km nord-est di Mosca, dove sorge la prestigiosa fondazione monastica della Trinità di San Sergio, che fu in passato tanto fiorente da eguagliare addirittura lo zar nell’ampiezza delle proprietà terriere, frutto di donazioni e lasciti. L’ingresso principale al monastero fortificato è la cosiddetta Torre-porta Rossa, le cui pareti interne sono ornate da affreschi incentrati sulla figura di Sergio di Radonez, il santo monaco che fondò la comunità cenobitica nel 1345.  

In uno degli episodi San Sergio è colto nell’atto di benedire il gran principe moscovita Dmitrij Donskoj, che si appresta alla battaglia contro i Tartari, sconfitti a Kulikovo nel 1380. Nel 1408 il monastero venne incendiato e depredato in un’incursione tartara, ma in breve tempo rifiorì. La fama di inespugnabilità e sacralità del luogo crebbe durante la cosiddetta “epoca dei torbidi”, periodo di contese al vertice del potere seguito alla morte di Ivan IV. Nel 1584 venne proclamato zar il debole Fëdor, figlio di Ivan IV, infermo di mente, sostituito nell’azione di governo dall’intrigante cognato Boris Godunov, che, divenuto zar nel 1598, morì nel 1605, venendo sepolto proprio a Sergiev Posad, dove riposano anche moglie e figli.

In seguito si affacciarono sulla scena due impostori che si spacciarono per Dmitrij (Demetrio), figlio di Ivan IV assassinato nel 1591 forse per volontà dello stesso Godunov: il primo “falso Dmitrij” salì al potere nel 1605 appoggiato da polacchi e lituani, ma fu destituito già nel 1606 da una congiura di boiari, che acclamarono zar Basilio IV, mentre il secondo “falso Dmitrij” di lì a poco occupò Mosca alla testa di un esercito polacco, che mise sul trono Ladislao, figlio del re di Polonia Sigismondo III, suscitando forte malcontento popolare. Tra i protagonisti di questo periodo turbolento vi furono i Cosacchi, gruppi di uomini liberi di varia estrazione (contadini ribelli, nobili in rovina, fuggiaschi) stanziati nelle regioni del Don e del Dnepr, ma anche in Ucraina e Siberia, che col tempo si organizzarono in comunità autonome rette da un capo detto atamano e che combatterono sempre al servizio degli zar, mossi dal gusto dell’avventura militare. Con Caterina la Grande nel 1770 i guerrieri cosacchi vennero inquadrati nell’esercito regolare in reggimenti e squadroni dalle divise sgargianti, che svolgeranno un ruolo significativo nella storia russa successiva, mentre a partire dal 1919 furono tra i bersagli principali dell’odio bolscevico, vittime di misure persecutorie note come “decosacchizzazione”.  

In piena “epoca dei torbidi” tra 1608 e 1610 i Polacchi occuparono Sergiev Posad, ma non riuscirono ad avere ragione dei monaci di San Sergio, che resistettero a sedici mesi d’assedio. Questa fase travagliata terminò con la destituzione di Ladislao, la cacciata dei polacchi e l’ascesa al trono nel 1613 di Michele Romanov, capostipite della dinastia rimasta al potere sino al 1917.

Il monastero della Trinità di San Sergio ricomparve in più occasioni nelle vicende dinastiche offrendo per due volte rifugio al futuro zar Pietro I detto il Grande, fondatore di San Pietroburgo: nel 1682 vi trovò riparo la zarina Natal'ja Naryškina, vedova dello zar Alessio I Romanov, con i figli Pietro e Ivan, in fuga dalla rivolta degli Strelizzi, corpo di milizia di fanti (arcieri) creato da Ivan il Terribile, poi soppresso da Pietro il Grande, mentre nel 1689 vi si rifugiò lo stesso Pietro, al tempo diciassettenne, in fuga dai complotti in cui era (forse) coinvolta la sorellastra Sofia che, fallita la congiura, venne rinchiusa in convento come suor Susanna (la scelta del nome s’ispirava al racconto veterotestamentario di Susanna che, accusata ingiustamente di intrattenere una relazione adulterina da due anziani perversi, i “vecchioni”, bramosi di possederla ma da lei respinti, rivendicò la propria innocenza, venendo poi scagionata dall’intervento divino; Sofia, come la biblica Susanna, si reclamava esente da colpe nella congiura contro Pietro e confidava di vedere riconosciuta la propria estraneità ai fatti). 

Il complesso di Sergiev Posad comprende due cattedrali, la Dormizione, che sfoggia cinque cupole a cipolla, l’una dorata al centro e le altre quattro azzurre (colore mariano) con stelle dorate, voluta da Ivan il Terribile per commemorare la conquista del khanato di Kazan’ nel 1552, e la Trinità, con unica cupola su alto tamburo e interno ispirato all’architettura serba, che racchiude la venerata urna di San Sergio.

L’area del monastero conta poi altre sette chiese, un seminario, un museo e vari edifici, concentrando in un’area limitata un affascinante mix di stili architettonici, dal finto bugnato del palazzo del Refettorio, che evoca il palazzo dei Diamanti a Ferrara, al barocco naryškin della chiesa di San Sergio, dalla foggia olandese della chiesa di San Michea all’alto campanile costruito nelle forme del barocco rastrelliano.

Visitando questi luoghi e assistendo alle scene di devozione s’intuisce come il senso del sacro, in larga parte smarrito in Europa occidentale, sia molto vivo e vitale nella Russia cristiana di oggi, malgrado i tentativi sovietici di sradicarlo: si manifesta nei gesti di venerazione delle icone, che vengono baciate, come nell’uso del foulard (mai nero) in chiesa, indossato dalle donne russe per coprirsi il capo non come adempimento d’un obbligo (non è vincolante), bensì in segno spontaneo di rispetto.

(Paolo Barosso - continua)

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Articolo pubblicato il 03/09/2018