Il Coni vuole "l'Olimpiade delle Alpi", il Governo nicchia

La vision poco "Chiara" fa di Torino una comprimaria

Una candidatura veramente nazionale, così il Coni vede (e rivendica) quella per ora battezzata “delle Alpi” e che “unisce” Milano, Torino e Cortina (con diversi gradienti di volontà e intenzione delle tre realtà interessate). È indubbio che l’idea abbia un valore di novità e la forza di collocare i Giochi al centro dell’Europa. Più che comprensibile, però, essendo un dato storico più che consolidato la rivalità tra loro, la delusione delle due metropoli dal vedersi costrette a convivere in un dossier calato dall’alto e privo di una narrazione condivisa. Altrettanto, la soddisfazione della località sciistica veneta, il cui sogno “a cinque cerchi” acquisisce realizzabilità incassando il vantaggio rappresentato dal denso e globalmente riconoscibile brand di due capitali, l’una già città ospite e l’altra ancora forte della memoria del successo dell’Expo.

 

La prospettiva alpina ha una teorica intensità e una potenzialità evocativa con pochi eguali. Il progetto, nella concretezza delle linee e delle scelte tracciate dal Comitato Olimpico nazionale, però, è segnato da tutti i limiti dell’imposizione. In primis, l’aspetto da prêt-à-porter laddove sarebbe necessario un approccio sartoriale, con una condivisa valorizzazione degli specifici: mettendo in luce le eccellenze e coprendo (con la giusta dose d’astuzia) i difetti.

 

Il Governo nicchia, intanto, subordinando il placet al pieno accordo tra le località e alle verifiche sulla sostenibilità economica. Il Sottosegretario con delega allo Sport Giancarlo Giorgetti, nel suo intervento davanti alle Commissioni Istruzione e Cultura di Camera e Senato, ieri, ha definito "apprezzabile lo sforzo del Coni e del Presidente Giovanni Malagò per dare una proposta unitaria e credibile. E il Governo si riserva di valutarla e sostenerla, se le città interessate rinunciano a una parte significativa di ambizioni".

 

Sfruttando gli impianti e le strutture già esistenti, secondo le stime del Coni, organizzare le Olimpiadi in tre città diverse costerà circa 376,65 milioni di euro: una cifra inferiore ai preventivi presentati da ciascuna. Le gare e le strutture saranno divise più o meno equamente fra le tre, insieme al coinvolgimento di altre località come il Sestriere (l’unica già presente alle Olimpiadi invernali del 2006), la Valtellina e la Val di Fiemme. A Milano dovrebbe avere sede il villaggio olimpico principale, che sarà costruito nell’ex scalo ferroviario di Porta Roma, e le strutture per ospitare le gare di hockey, short track e curling. A Torino dovrebbe sorgere il principale hotel per gli atleti, da 834 posti, e saranno ospitate altre gare di hockey e alcune di speed skating. Le competizioni di sci e di snowboard si terranno in diversi posti sulle Alpi. In tutte e tre le città ospitanti ci sarà una “medal plaza”, sede delle premiazioni.

 

Da Torinesi, essendo tra i pochi che hanno sempre sostenuto la necessità di una virtuosa alleanza con Milano in forza di un disegno alpino-padano, non possiamo non rilevare il forte ridimensionamento della capitale subalpina (e la scomparsa delle Valli Susa e Chisone, di Pinerolo e del Pinerolese dalla “cartina olimpica”). Le divisioni e l’assenza di una visione complessiva, in cui inseriamo anche certi isterismi anti-meneghini, stanno sicuramente alla base di questo mediocre risultato. Un risultato che boccia la classe dirigente locale. Anche e soprattutto i pentastellati: vagheggiavano di un nuovo protagonismo delle periferie cittadine, per intanto rendono periferica la città in quest’ambizioso progetto di sviluppo.

 

Fermiamoci qui, in attesa della Sessione Cio di Settembre a Milano, in cui sarà decisa l’assegnazione. E vedremo se saranno battute Calgary (Canada), Erzurum (Turchia), Sapporo (Giappone) e Stoccolma (Svezia). Sempre che la candidatura si formalizzi davvero.

 

Marco Margrita

 

(Immagine di copertina mutuata da Vvox)

 

 

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Articolo pubblicato il 03/08/2018