Praga, 28 luglio 1869: muore Johannes Evangelista Purkinje, studioso del sistema nervoso

Il suo nome è legato a strutture del cervelletto e del cuore. Scoprì e classificò le impronte digitali senza però coglierne le possibilità di impiego in campo forense e investigativo

Johannes Evangelista Purkinje nasce il 17 dicembre 1787 a Libochovice, città della Boemia occidentale, oggi nella Repubblica Ceca. Studia medicina all’Università di Praga e consegue la laurea nel 1819. Inizialmente lavora come medico ma a poco a poco abbandona la professione di clinico e preferisce applicarsi agli innovativi studi sul sistema nervoso.

Nel 1823 diviene professore di patologia e fisiologia all’Università di Breslavia, allora in Prussia e oggi in Polonia. Qui, nel 1839, crea quello che può essere considerato il primo laboratorio per le ricerche in campo fisiologico. Successivamente si trasferisce a Praga, dove muore il 28 luglio 1869.

Purkinje può essere definito come uno studioso dell’anatomia microscopica del tessuto nervoso, e di altri organi, ma anche un ricercatore dell’attività fisiologica del sistema nervoso e degli organi di senso.

Ha scoperto nel 1837 le cellule del cervelletto che portano il suo nome e, nel 1839, ha descritto per primo le fibre del cuore, oggi dette di Purkinje, la cui funzione sarà spiegata dal giapponese Sunao Tawara nel 1906.

È Purkinje a introdurre in biologia i termini di «plasma» e di «protoplasma» e a iniziare ad usare un apparecchio detto “microtomo” per poter realizzare sottilissime fettine dei campioni degli organi e dei tessuti animali (le “sezioni istologiche”) che ne permettono, dopo opportune colorazioni, l’esame al microscopio. Vanno ricordati i suoi studi sull’occhio e sulla visione: prende il nome di «effetto Purkinje» quel movimento di riduzione e dilatazione del diametro della pupilla per l’adattamento alla luce ambientale, scoperto dal Nostro.

Sono ancora da citare i suoi studi sugli effetti farmacologici di varie sostanze (belladonna, canfora e oppio), sulla struttura dei tubuli seminiferi del testicolo umano, sulle ghiandole sudoripare, sull’azione digestiva delle sostanze proteiche esercitata dal pancreas.

Purkinje dà quindi un formidabile apporto allo studio delle scienze biomediche ed è anche dotato di grande cultura: conosce ben tredici lingue e traduce molti componimenti letterari, tra cui opere di Goethe e di Schiller, in lingua ceca.

Lettore, consentimi qualche ricordo personale!

Al tempo dei miei studi all’Università di Torino, nei primi anni ’70 del secolo scorso, il docente di Istologia della Facoltà di Medicina Veterinaria, professor Antonio Barasa, nelle sue dispense aveva molto opportunamente inserito anche alcune note biografiche di questo importante studioso, il cui nome si presentava con una certa frequenza nelle descrizioni della struttura microscopica del cuore e del cervelletto. Probabilmente ero stato l’unico dei frequentatori del corso a leggerle con un certo interesse. Così, molti anni dopo, mentre mi interessavo della storia della Polizia scientifica, mi è sembrato di ritrovare un vecchio amico, quando ho scoperto che Purkinje aveva anche condotto ricerche sulle impronte digitali, nel 1823, con la distinzione e descrizione di nove diversi modelli di linee papillari. Aveva anche osservato, per la prima volta, la non esistenza di due individui con impronte digitali identiche.

A Purkinje interessavano in modo particolare le implicazioni filosofiche del problema della identificazione dell’individuo ma non aveva intuito le grandi possibilità di impiego delle impronte digitali in campo forense e investigativo.

Per questo motivo, gli esperti di dattiloscopia hanno adottato per lui, e per altri ricercatori, la definizione di «falso precursore», scientificamente corretta ma che, sinceramente, mi infastidisce un po’!

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Articolo pubblicato il 28/07/2018