In morte del manager-filosofo

Sergio Marchionne che sapeva pensare l'impresa

In un passo del suo “Cos’è la filosofia?”, José Ortega y Gasset propone un’immagine davvero illuminante sull’utilità di una disciplina spesso negletta e messa ai margini da una certa narrazione utilitaristica. Sia concessa la non breve citazione: “Quando in una strada solitaria l'auto si arresta spontaneamente il conducente, che non è un buon meccanico, si sente perduto e darebbe qualsiasi cosa per sapere cos'è l'automobile dal punto di vista meccanico. In questo caso la perdizione è minima (...) Ma, a volte, resta in panne la nostra vita intera, perché tutte le convinzioni fondamentali sono diventate problematiche (...). L'uomo, allora, riscopre, sotto quel sistema di opinioni, il caos primigenio con cui è stata fatta la sostanza più autentica della nostra vita. Incomincia a sentirsi assolutamente naufrago; di qui l'assoluta necessità di salvarsi, di costruire un essere più sicuro. Allora si ritorna alla filosofia”. 
Questa considerazione mi è tornata alla mente in questi giorni in cui le cronache erano largamente occupate dalla notizia della morte di Sergio Marchionne. Un manager la cui formazione filosofica non era un accessorio. Molti colleghi più autorevoli, tracciandone il ritratto e tentando un bilancio della sua azione, hanno sottolineato quest’aspetto come fosse poco più che “colore”. Dal mio nulla, invece, credo che il suo saper “maneggiare il pensiero” sia necessariamente da considerarsi centrale.
Si era trovato affidata un’azienda la cui vita (e ragion d’essere), nel momento in cui fu chiamato a guidarla, poteva assolutamente essere considerata “in panne”. Il filosofo-manager si è posto il problema di ri-costruirla, con soluzioni su cui si possono esprimere i più diversi giudizi ma non ignorarne la forza che va oltre la mera tecnica. 
In quest’epoca di soft skill, è stato detto, servono animi rinascimentali. Marchionne lo è stato, spiegando che l’impresa ha bisogno di un pensiero ancor più che di competenze ingegneristiche. C’entra con il “il caos primigenio con cui è stata fatta la sostanza più autentica della nostra vita”.

Marco Margrita


(Immagine di copertina tratta da Pickline)
 

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Articolo pubblicato il 27/07/2018