Torino. FCA, Marchionne lascia gravemente ammalato, gli subentra l’inglese Mike Manley

Camilleri nuovo ad di Ferrari, con Elkann Presidente. Suzanne Heywood è la nuova Presidente di Cnh Industrial

Ieri mattina sono stati convocati d'urgenza i Cda di FCA, Ferrari e Cnh Industrial per esaminare il nodo della successione all'amministratore delegato Sergio Marchionne, visto il prolungarsi della degenza per l'intervento chirurgico.

La convocazione, prosegue un comunicato del Gruppo, “è dovuta al fatto che Sergio Marchionne - la cui ultima apparizione pubblica risale al 26 Giugno - è in «congedo medico», motivato da un intervento alla spalla destra avvenuto nelle scorse settimane all’Ospedale Universitario di Zurigo, in Svizzera".

La
degenza per l’intervento, però, si sta prolungando oltre le attese, per motivi sui quali non esistono dichiarazioni ufficiali.

Le supposizioni sono molte, anche a causa del silenzio circa la deliberata volontà di Marchionne di lasciare gli onerosi e prestigiosi incarichi ricoperti, e del testo criptico della comunicazione.

Solo nel pomeriggio, a decisioni assunte, FCA ha diffuso un lungo comunicato volto a chiarire la situazione. “ In settimana - si legge - sono sopraggiunte complicazioni inattese durante la convalescenza post-operatoria, aggravatesi ulteriormente nelle ultime ore. Per questi motivi Marchionne non potrà riprendere la sua attività lavorativa".

"Si tratta di una situazione impensabile fino a poche ore fa - ha detto il Presidente di FCA John Elkann - che lascia a tutti quanti un senso di ingiustizia. Il mio primo pensiero va a Sergio e alla sua famiglia. Per tanti Sergio è stato un leader illuminato, un punto di riferimento ineguagliabile". Il Consiglio ha quindi proceduto alla nomina di Mike Manley quale amministratore delegato di FCA.

Manley, 54 anni, nato in Gran Bretagna, attualmente era ceo del marchio Jeep e responsabile del brand Ram. Dal 2011 è membro del Group Executive Council (Gec) di FCA.

Si è laureato in Ingegneria alla Southbank University di Londra e ha poi conseguito un master in Business administration all’Ashridge Management College. È entrato nel gruppo DaimlerChrysler nel 2000, come Direttore dello Sviluppo della rete per la Gran Bretagna. Nel 2008 è stato promosso a Executive Vice-president per le vendite internazionali e le operazioni di pianificazione del prodotto a livello globale. In particolare, si è occupato di pianificazione e vendite al di fuori del Nord America

Marchionne, 66 anni, lascia anche la guida di Cnh e Ferrari. Il nuovo amministratore delegato della Rossa è Louis Camilleri, attuale numero uno di Philip Morris e già membro del Cda Ferrari, mentre la carica di Presidente sarà ricoperta da John Elkann.

È invece una donna, Suzanne Heywood, la nuova Presidente di Cnh Industrial. Lo ha deciso il Cda. Il Consiglio - si legge nella nota - continuerà a lavorare al processo di selezione del ceo già in atto. Nel frattempo Derek Neilson proseguirà l'incarico di ceo ad interim, assicurando continuità operativa. Il Cda sottolinea "la leadership e l'impegno straordinari che Marchionne ha dedicato all'Azienda".

John Elkann aveva anticipato da mesi che per la successione di Marchionne, prevista ad Aprile del prossimo anno, il Gruppo avrebbe privilegiato una scelta interna e così è stato.

Ma molti ritengono che, considerate le peculiarità del personaggio, si stia davvero concludendo un’epoca.

Quando Marchionne fu assunto nel 2004 su indicazione di Umberto Agnelli, il bilancio 2003 si era chiuso con un rosso di 2 miliardi e il Lingotto era sull'orlo del baratro. Sul fronte finanziario i primi successi del manager italo-canadese furono la rottura dell'alleanza con Gm, che impedì l'acquisto di Fiat Auto da parte della casa americana, e l'accordo con le banche sul convertendo da 3 miliardi di euro, grazie al quale gli Agnelli mantennero il controllo sull'Azienda.

Il 17 Febbraio 2005, Marchionne divenne anche amministratore delegato dell'Auto (solo Cesare Romiti aveva tenuto le due cariche), lanciando a Torino la Grande Punto e varando un piano che prevedeva entro il 2008 investimenti per 10 miliardi. Nei conti del 2005 ci fu il turning point: il gruppo registrò (per la prima volta dopo 5 anni) un utile di 1,4 miliardi e il risultato della gestione ordinaria risultò venti volte superiore a quello del 2004.

Alla presentazione dei conti 2006, Marchionne parlò di una Fiat finalmente uscita dall'emergenza e il 4 Luglio 2007, a suggellare la rinascita, arrivò la nuova 500, presentata con una grande festa a Torino. La crisi del 2008 costrinse poi il Lingotto a modificare i propri piani e a ricorrere massicciamente alla cassa integrazione. "Il 2009 - ammise in quella sede Marchionne - sarà l'anno più difficile della mia vita perchè sono state spazzate via le condizioni sulle quali avevamo definito i nostri programmi".

Fu però proprio nel 2009 che Sergio Marchionne assestò il colpo da novanta, con l'acquisizione della statunitense Chrysler, fallita l'anno prima, e il cambio del nome, da Fiat a FCA. Il domicilio fiscale passò a Londra e la sede legale venne trasferita, dopo 115 anni, da Torino ad Amsterdam, scelta che minò in parte la popolarità del personaggio. 

In piena crisi economico-finanziaria, Marchionne aveva ben chiaro che il piano stand-alone non poteva bastare per Fiat. "Solo quei gruppi che riusciranno a fabbricare 6 milioni di automobili l'anno saranno in grado di resistere nel futuro".

Ad Aprile vennero avviate lunghe e travagliate trattative per Chrysler con i sindacati e l'amministrazione Obama, fino all'accordo, annunciato dall'allora Presidente americano, che prevedeva l'acquisizione da parte del Lingotto del 20% delle azioni Chrysler, in cambio del know how e delle tecnologie torinesi. Seguirono poi diversi altri passaggi, caratterizzati dal progressivo aumento della quota di partecipazione nella casa americana.

Nel 2014 Marchionne subentrò a Luca Cordero di Montezemolo al vertice della Ferrari e dette il via al processo di spin-off del Cavallino da FCA, completato a inizio 2016 con la quotazione a Wall Street, dove il manager aveva già portato Fiat Chrysler a Ottobre 2014.

Un'altra scommessa vinta. Gli analisti infatti, al momento della quotazione, assegnavano al Cavallino un valore tra i 5 e gli 8 miliardi di euro, mentre oggi Ferrari capitalizza oltre 22 miliardi di euro e continua a macinare utili. Non è un caso che l'ultima operazione straordinaria annunciata da Marchionne, facente parte del piano 2018-2022, sia un altro scorporo, quello di Magneti Marelli, previsto entro l'inizio del 2019.

L'era Marchionne ha inoltre segnato profondamente le relazioni industriali in Italia. Capace di portare avanti scelte impopolari, il manager ha aperto uno scontro frontale con la Fiom, negli stabilimenti e nelle aule dei tribunali, sul nodo della governabilità delle fabbriche contro assenteismo e microconflittualità diffuse.

Furono indetti referendum a Pomigliano e a Mirafiori, e i lavoratori approvarono la linea Marchionne. Un altro fronte il manager italo-canadese lo aprì con Confindustria, annunciando a fine 2011 l'uscita dall'associazione. Una decisione clamorosa perché, all'inizio del '900, la Fiat era stata uno dei suoi soci fondatori.

Lo scontro con il sindacato venne accentuato dal piano Fabbrica Italia, che però non diede il successo sperato. Doveva portare a produrre 1,4 milioni di vetture nel 2014, un target lontano anni luce per l'Italia. Nel 2014 il manager presentò un nuovo piano, più vago sui target, e centrato sulla produzione dei modelli premium, che hanno un maggiore margine di guadagno. Portò la Jeep a Melfi e rilanciò l'Alfa Romeo (che oggi è altresì tornata a competere in F1).

In 14 anni Sergio Marchionne ha dunque staccato poche cedole, ma chi ha creduto in lui, investendo in Borsa sul titolo, può ben dirsi soddisfatto.

Infatti, chi avesse investito 1.000 euro su Fiat all'inizio del 2011, con le azioni a 7,02 euro dopo lo spin-off con Fiat Industrial - ora Cnh Industrial -, adesso, con le azioni a 16,42 euro, avrebbe 2.300 euro in tasca.

Marchionne prese il timone di una Fiat con ricavi pari a 47 miliardi di euro e un indebitamento di 500 milioni. L'ultimo bilancio, quello 2017, vede invece ricavi per 110,9 miliardi di euro, profitti per 3,51 miliardi e un indebitamento netto che a metà 2018 è azzerato. I numeri sono dalla sua parte.

La successione avviene in modo brusco, traumatico, improvviso, ma Marchionne lascia una FCA in carreggiata.

Non sarà una passeggiata e non sarà scontato che FCA, senza Marchionne, continuerà a mantenere il suo legame con l'Italia come oggi. Questo è il dilemma che resta intimamente legato al futuro di Torino.

Nell’ultimo piano illustrato dal manager, si prevedeva di potenziare la produzione di auto di lusso negli stabilimenti torinesi. Realizzazione in parte condizionata dalla situazione di mercato.

Con la maggior parte di manager stranieri, prevarranno gli impegni e, soprattutto la volontà di mantenere e di potenziare la produzione nei nostri stabilimenti, Mirafiori in testa?

Le ricadute sull’indotto e l’occupazione sul territorio sono direttamente collegate a questa decisione.

Oggi i lavoratori non potranno contare sull’appoggio e sul condizionamento della Sindaca. Chiara Appendino è infatti ideologicamente lontana dallo sviluppo della grande industria. Sotto la sua scialba gestione, Torino, da ex capitale dell’auto si è ridotta ad alfiere di divieti e di condizionamenti alle circolazione dei veicoli, alla realizzazione di parcheggi e di percorsi viari. Emblematico il progetto di chiusura del centro città per tutto il giorno, oltre alla clausola capestro di vincolare la circolazione alle sole auto elettriche nei percorsi Olimpici del 2026.

Chiamparino ha annunciato ufficialmente che non ripresenterà la Sua candidatura alla guida della Regione Piemonte. Sulla Sua successione è ancora buio fitto.

Non ci resta dunque che seguire le vicende di FCA, augurandoci che la nostra Città - anche per non dimenticare le glorie e i fasti del passato - continui a essere annoverata come polo di eccellenza dello sviluppo economico e tecnologico.

 

Fotografie FCA

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Articolo pubblicato il 22/07/2018