Ercole Moggi, che era costui?

Giornalista ferrarese, torinese d’adozione, noto per i suoi resoconti giudiziari, autore di magistrali articoli su argomenti molto vari: dalla cucina futurista alla Shoah

Oggi, quando si cercano in rete notizie sul giornalista Ercole Moggi, compaiono molte citazioni dei suoi magistrali articoli su argomenti piuttosto eterogenei.

La sua grande capacità di resocontista giudiziario è attestata dal sito dedicato a Leonarda Cianciulli, la serial killer italiana nota come «saponificatrice di Correggio». Ma il nome di Ercole Moggi emerge in molte altre occasioni, soprattutto a proposito della cucina futurista e di molti altri argomenti ancora: interviste ad attori e sportivi, articoli dedicati a fatti e personaggi storici non soltanto piemontesi, contributi qualificati a “Torino rivista mensile municipale” e anche il beato Pier Giorgio Frassati e le prime notizie sulla Shoah.

Ma per ottenere informazioni sulla biografia di questo personaggio occorre consultare qualche libro e il necrologio pubblicato su “Stampa Sera” il 7 ottobre 1952.

Ercole Moggi è nato a Ferrara il 12 giugno 1878, dove fin da giovanissimo ha iniziato la carriera di giornalista. Nel 1903, quando Angelo Mauri fonda a Torino, per volontà dell’arcivescovo di Torino Agostino Richelmy, il giornale cattolico “Il Momento”, chiama Ercole Moggi a far parte della redazione e gli fornisce così la possibilità di dimostrare le sue grandi attitudini: ha 25 anni, è molto volenteroso, brillante e spiritoso cronista, garbato umorista, capace di passare da un genere all’altro.

Il giovane cronista Ercole Moggi viene descritto nel 1914 in tono arguto e brioso da un suo anonimo collega de La Stampa: «Il nostro collega Ercole Moggi, corrispondente di giornali milanesi e romani, è uno spirito battagliero e audace. Ed è anche molto cortese verso i cronisti dei giornali cittadini. Quando si accorge che questi sono a corto di notizie, pensa lui a creare gli avvenimenti, rendendosi protagonista di qualche fatto di cronaca. Grazie. Più volte abbiamo dovuto occuparci di lui. come autore ora di arresti, ora di inseguimenti, ora di pacificazioni, ora, e molto spesso di pugni. E gli siamo riconoscenti, soprattutto perché fra tante cose di cui è autore, non ha nemmeno scritto una commedia. Un bel caso, questo, per un giornalista!».

L’articolo, intitolato «Un giornalista in guerra nell’interesse della pace», descrive Moggi mentre interviene a fare da paciere in corso Oporto [oggi corso Matteotti]. quasi all’angolo con corso Re Umberto, dove tre uomini e due donne stanno litigando con una certa vivacità. Quando interviene, i cinque smettono di azzuffarsi e, concordi, gli danno addosso con una certa violenza tanto che per evitare il peggio, il volenteroso paciere deve sparare due colpi in aria con la rivoltella che porta in tasca!

Un gustoso episodio del suo periodo di collaborazione con “Il Momento” che è un bel giornale, di notevole diffusione e capace di competere con “La Stampa”, è raccontato da Luciana Frassati: Ercole Moggi una sera ha trovato la lettera di licenziamento perché era entrato nella gabbia dei sei leoni di Madame Nouma-Hawa e il direttore Mauri aveva interpretato questo gesto come un fallito tentativo di suicidio!

Il drastico provvedimento è stato poi revocato ma Moggi, come scrive Luciana Frassati «spinto dal proprio talento a scrivere note umoristiche di grande popolarità, nel 1915 scelse il quotidiano liberale», cioè “La Stampa” di Frassati, dove si firma “emme.” ma anche col nome per esteso come nel caso delle sue magistrali cronache di impressionanti catastrofi, come ad esempio l’esplosione della polveriera di Falconara a San Terenzo di Lerici (La Spezia), il 28 settembre 1922, e dello stabilimento di fiammiferi “Phos” a Rocca Canavese (Torino), il 16 marzo 1924.

Nel 1919 Ercole Moggi diviene artefice di una vicenda massmediatica che ha come protagonista Ernesto Berra. Questo signore, con il soprannome di Gioanin ël Cit ëd le Tor, era stato e processato come appartenente ad una associazione di malfattori che aveva eseguito a Torino una serie di clamorosi furti, dall’ottobre del 1895 all’ottobre 1896, e condannato a 30 anni di prigione con sentenza del 28 luglio 1897.

Berra, dopo oltre 20 anni di reclusione, evade dal penitenziario di Oneglia il 22 settembre 1919, poi giunge a Torino. Qui, stanco, lacero, affamato, incontra di notte, in corso Re Umberto, Ercole Moggi. Incuriosito dalla strana figura dell’evaso, Moggi lo interroga e riesce a conquistarne la fiducia tanto da farsi raccontare la sua storia. Moggi decide di non denunciarlo, anzi gli fornisce il suo aiuto in modo che possa vivere onestamente sotto falso nome.

Dà notizia di questo episodio su La Stampa del 1° ottobre 1919, con questo ironico incipit: «Di solito è la Questura che dà le notizie di cronaca nera e di solito è la Questura pure che rintraccia, i ladri. Questa volta, per un singolare caso, possiamo dare noi una notizia che alle nostre Autorità locali, sino a ieri non era pervenuta, e abbiamo rintracciato un uomo contro il quale sono sguinzagliati tutti i carabinieri della Liguria e che sarà oggi ricercato anche nella nostra città».

Quando Berra, che ha sempre vissuto onestamente svolgendo modesti lavori nella zona di Porta Palazzo, viene scoperto e arrestato nel maggio del 1921, Ercole Moggi con altri giornalisti de La Stampa si prodiga per ottenergli la grazia dal re Vittorio Emanuele III, concessa nel giugno dello stesso anno.

Così scrive Berra nel suo libro autobiografico “I misteri della malavita torinese. Vita e avventure di Gioanin ‘l cit d’ le Tour”, pubblicato a Torino nel 1922: «Si dice male dei giornalisti. No, per Dio… no! Se i giornalisti sono come il cav. Ercole Moggi bisogna benedirli e amarli».

Ercole Moggi, come già detto in precedenza, appare come un ottimo resocontista giudiziario, che riesce a cogliere anche gli aspetti umoristici: sa far ridere ma anche commuovere.

Autore di pregevoli articoli giornalistici, Ercole Moggi non ci ha lasciato libri ma soltanto pochi opuscoli, dedicati all’Arciconfraternita della Misericordia, del 1929, a Francesco Cirio, «un ragazzo che fece molta strada», del 1937, a Giovanni Saragat, Toga Rasa, del 1938.

Come spesso avviene quando si parla di giornalisti, la loro personalità tende a scomparire dietro i loro pregevoli scritti. A fatica abbiamo messo insieme qualche notizia: ha sposato la signora Lina Marchi, e dal loro matrimonio sono nate due figlie, Elena e Adele. Ha anche ricevuto l’onorificenza di Commendatore.

L’anonimo cronista che lo commemora al momento della morte, nell’ottobre 1952, sottolinea la sua figura caratteristica, il suo aspetto alto e asciutto, col volto dai lineamenti rudi e molto marcati, accigliato, quasi crucciato, decisamente contrastante col suo spirito umoristico. Con tono burbero, Moggi affermava che l’umorismo è una cosa seria su cui non si può scherzare, si faceva cupo, severo e quasi scontroso poi raccontava una barzelletta, una freddura e ci faceva sopra una risata.

Muore a Torino domenica 5 ottobre 1952, all’Ospedale Mauriziano. Un mese prima era ancora in attività, poi è sorta la necessità di un intervento chirurgico per una grave malattia. Dopo l’operazione sembrava riprendersi ma è stato colpito da un improvviso collasso che lo ha stroncato.

Il 7 ottobre a Torino si svolge il funerale poi la sepoltura viene effettuata a Ferrara, sua città natale. Il funerale, che il Nostro voleva modesto, si rivela imponente per la grande partecipazione di molti colleghi giornalisti, del sindaco di Torino, Amedeo Peyron, di molte autorità cittadine, di magistrati, avvocati, del presidente della FIAT, Vittorio Valletta. Il presidente della repubblica, Luigi Einaudi, invia un telegramma di condoglianze.

 

Un giornalista in guerra nell’interesse della pace, La Stampa, 28 aprile 1914.

Luciana Frassati, Un uomo un giornale: Alfredo Frassati vol. I, parte I, Roma, 1978, Edizioni di storia e letteratura.

Ercole Moggi, L’Arciconfraternita della Misericordia, Torino rivista mensile municipale periodico - A. 9, n. 1 (gen. 1929), p. 9-15.

Ercole Moggi, Francesco Cirio storia di un ragazzo che fece molta strada, Novara, de Agostini, 1937.

Ercole Moggi, “Sorrisi e lacrime della giustizia umana nelle opere di Toga Rasa”, 1938.

 

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Articolo pubblicato il 15/07/2018