Silvio Cherio, presidente della Sezione di Torino dell’Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia (U.n.i.r.r.)

A proposito della mostra sul tema “Le fosse di Kirov”, in corso a Rivoli (Torino) fino a giovedì 19 luglio

A Rivoli (Torino), da giovedì 12 a giovedì 19 luglio presso l’atrio del Comune si tiene la mostra sul tema “Le fosse di Kirov” organizzata dall’Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia (U.n.i.r.r.) Sezione di Torino e da North Appennines Po Valley Park, con il patrocinio della Città di Rivoli.

Abbiamo rivolto qualche domanda a Silvio Cherio, presidente della Sezione di Torino dell’U.n.i.r.r. (m.j.).

 

Qual è l’obiettivo che si propone l’U.n.i.r.r. con la mostra “Le fosse di Kirov” in programma a Rivoli dal 12 al 19 luglio?

Ci poniamo come obbiettivo di far riflettere le persone che vedono questi oggetti sulle tragiche storie ad essi legate. Milioni di persone sono state travolte dalla seconda guerra mondiale scatenata dalla lucida follia hitleriana.

Questi pochi oggetti ci devono far riflettere sulla inutilità della guerra e sulla sacralità della vita. A Kirov transitarono decine di migliaia di prigionieri di molti paesi alleati della Germania tra cui sicuramente anche italiani.

Questa località, a centinaia di chilometri dal fronte, è uno dei tanti siti in cui la sofferenza di esseri umani toccò vette inimmaginabili.

 

Quali sono le azioni su cui maggiormente si concentra l’U.n.i.r.r. per mantenere vivo il ricordo dei reduci e degli oltre 90.000 caduti sul fronte russo?

L’U.n.i.r.r., nata nel 1946 per volontà di alcuni ex prigionieri, raccolse nei primi anni della sua esistenza migliaia di reduci segnati profondamente da quella tragica esperienza che fu la campagna di Russia. Inizialmente l’attività principale fu quella di raccogliere informazioni sui Caduti e sui Dispersi e di sostenerne le famiglie.

Ora mutato il quadro storico l’U.n.i.r.r. pone particolare attenzione alla memoria attraverso la conoscenza di quei tragici eventi. Ecco quindi cerimonie, mostre come questa di Rivoli, ma soprattutto, attività nelle scuole di ogni ordine e grado per raccontare ai giovani la tragicità delle guerre attraverso questa guerra che solo per parte italiana è costata più di novantamila morti.

Non trascuriamo di sostenere l’uscita di libri autobiografici o di saggistica sull’argomento. Siamo in contatto con personaggi dello spettacolo che hanno realizzato commedie, spettacoli o film sulla campagna di Russia.

A Cargnacco, frazione del comune di Pozzuolo del Friuli (Udine,) dove riposano i resti di circa diecimila Caduti, è stato riaperto il Museo sulla campagna di Russia contenente una enorme quantità di oggetti donati da reduci e loro familiari.

Altri musei sono nati, come ad esempio il Memoriale della Cuneense alla stazione Gesso di Cuneo, o quello in avanzato stato di realizzazione a Mantova dedicato alla Pasubio.

Riguardo alle vostre iniziative, volte a custodire il ricordo dei reduci, dispersi e caduti nella drammatica ritirata di Russia, che tipo di interesse e di risposte riscontrate oggigiorno nell’opinione pubblica e nelle istituzioni? 

I rapporti con le istituzioni sono buoni, in particolare con Onorcaduti ente del ministero della difesa preposto al recupero di salme italiane nel mondo ed al mantenimento delle aree cimiteriali sparse un po’ ovunque.

Con le amministrazioni locali solitamente riusciamo ad instaurare buoni rapporti come ad esempio qui a Rivoli. 

L’opinione pubblica risente della mancanza di conoscenza della storia degli ultimi cento anni del nostro Paese ma, ove opportunamente stimolata, segue le nostre iniziative e ci aiuta là dove possibile.

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Articolo pubblicato il 16/07/2018