La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini
Pianta di Torino del 1768

Due storie di donne, di buona e di pessima vita (di Cristina Quaranta)

Cristina Quaranta con questa sua ricerca, condotta su documenti dell’Archivio Storico della Città di Torino, ci offre uno spaccato, in ottica femminile, della vita cittadina torinese nella seconda metà del ‘700, prima degli sconvolgimenti della rivoluzione francese.

È il caso di ricordare che il “Vicario” è il comandante della potente polizia del Municipio di Torino, il “Carcere delle Torri” è quello a disposizione del Vicariato, posto nella Porta Palatina, la prigione delle “Forzate”, in via San Domenico n. 32, inizialmente era un ritiro di donne traviate, fondato nel 1750 da un benefico cittadino sotto il titolo di Santa Maria Maddalena, per poi divenire successivamente un carcere femminile che sarà notevolmente migliorato ad opera della marchesa Giulia di Barolo a far tempo dal 1821. La “sottomissione” è un impegno che l’arrestato sottoscrive al momento del rilascio dove promette che in futuro non commetterà più il reato che lo ha portato in prigione (m.j.).

 

Un amore proibito

Novembre 1768. Margherita moglie d’un tal Preli vent’anni addietro aveva stretto amicizia con un gentiluomo torinese, certo Vittorio Frejlino poi morto in Alemagna, e contemporaneamente sembrava amoreggiasse col conte Alfieri di Magliano. Erano i tempi in cui il nobiluomo abitava nello stabile del conte Avenati, nell’isola di san Alessandro Sauli sotto la chiesa san Dalmazzo e la donna abitava nell’appartamento del piano superiore dello stesso caseggiato. Così forse incontrandosi sulle scale, chi salendo chi scendendo, tra i due nacque un grande amore. E un amore così grande non poteva che essere contrastato dalle persone invidiose e a osteggiare Margherita e il conte di Magliano ci si mise nientedimeno che il Vicario della città il conte d’Agliè, cognato dell’Alfieri.

Il Vicario conte d’Agliè contrastò in ogni modo questa unione clandestina, intimorì la donna ripetute volte, minacciò persino di espellerla dalla città, ma l’amore era più forte di ogni altra cosa e gli amanti si trovavano più uniti che mai. Le pressioni continuarono non solo nel tempo in cui rivestiva il ruolo di vicario ma si prese la briga anche di coinvolgere nel suo intento il suo successore, affinché continuasse a perseguitare la donna.

La si ammonì perché la sua cattiva condotta pregiudicava notevolmente il patrimonio del conte, le si vietò di frequentare la casa dell’amante, se avesse continuato a farlo si sarebbe arrivati persino al suo arresto. E quel giorno arrivò, ma quando gli arcieri del Vicariato si presentarono alla sua porta la donna era già fuggita, la si catturò tempo dopo nella sua nuova abitazione nell’Isola di San Cristoforo in casa Ravadotti. Margherita fu tradotta all’Opera delle Forzate, il carcere dove approdavano le donne di cattiva vita. Il conte d’Agliè dopo poche ore revocò l’ordine di cattura e il suo collega obbedì, la donna fu quindi scarcerata.

Nulla poteva fermare Margherita e il conte Alfieri, i due continuavano a frequentarsi nonostante le continue lagnanze dei famigliari del conte che inviarono a parlamentare con la coppia il teologo Veglio, vicario della Curia regia.

Si precettò la donna a non trovarsi mai ove si potesse trovare il suo amante, l’ordine d’arresto per poteva ancora una volta essere firmato, poi in ultimo si trovò il cocchiere del conte che, probabilmente lautamente assoldato, denunciò la donna per un futile motivo testimoniò d’esser stato calunniato gravemente.

«Erano circa le 9 e mezzo, ore di Francia, della sera, quando la donna rifiutò al cocchiere il passo sulle scale, proprio quando si recava dal conte, i due si spintonarono ed ebbero un fastidioso alterco, proprio mentre si recava dal suo amato sebbene le fosse proibito. Riusciva ad entrare nella casa del suo beneamato con la complicità della servitù che provava molta comprensione per la donna».

A causa dell’alterco fra i due, il cocchiere pensò subito a denunciarla.

Il giorno 20 ottobre 1768 Margherita fu portata subito alle “Torri” e poi ancora una volta trasferita alle Forzate. Nessuno volle ascoltare la voce di Margherita che rivendicava oltre l’amore reciproco col conte, anche i molti interessi finanziari che i due condividevano.

«Sottomissione segreta.

6 gennaio 1769, personalmente Margherita uxor Giovanni Prelli, alfine di venir rilasciata dall’Ospizio delle Forzate ove è trattenuta per replicata disobbedienza, all’Ufficiale e per scandalosa amicizia col conte di Magliano e per non aver mai voluto desistere nonostante tutto, si sottomette di abbandonare per sempre l’amicizia e di non trovarsi mai in alcun luogo e per qualunque causa o pretesto col conte. Nemmeno per gli interessi che dimostra avere con lui. Per questi interessi di tipo economico-bancario dovrà avvalersi di un Procuratore.

Sottopena l’arresto personale o altra pena maggiore».

Margherita in calce apposta una croce, è illetterata, ma ciò non toglie che un amore durato un ventennio possa considerarsi un vero grande amore, almeno a noi piace considerarlo tale!

 

Una donna perniciosa

31 luglio 1760: in carica il vicario conte Francesco Flaminio San Martino d’Agliè. A questo toccò leggere una memoria sul conto di una donna di cattiva vita, una meretrice:

« … questa donna sia stata una delle più perniciose tra le meretrici che abbiano infestato la città, poiché nella propria casa, sia di giorno che di notte sono molte le figlie che sono state stuprate e moltissime le altre che venivano a tutte le ore a prostituirsi ed erano in detta casa gli accorrenti sempre sicuri di ritrovar una donna per poter appagare le loro impudiche voglie».

Nel momento dell’arresto di Domenica V. si trovarono due donne di mal partito, già detenute nelle “Torri”. Si trovò anche una ragazza che per più volte tentata con atti disonesti, non aveva ancora con effetto, perso il suo verginal candore. La ragazza venne poi da un Istituto incaricato, collocata in matrimonio, fatta maritare a un uomo pio e sembra si inizino vedere dei riscontri positivi.

Solo più tardi sembra sia tornata a prostituirsi con gli stessi soggetti conosciuti nella casa della meretrice Domenica, insieme ad altre donne che passavano la metà del loro guadagno alla ruffiana.

Domenica venne carcerata dal conte d’Agliè per un lungo tempo, molto di più di quello previsto per quel tipo di reato, il vicario era contrariato e volle tenerla reclusa per cinquanta giorni, dopodiché fu costretto al rilascio, cercò tuttavia di bandirla dalla città e sottometterla a pessime conseguenze. Mai chi scrive la relazione sembra scettico infatti denuncia quanto sia difficile per una donna così perversa e sregolata tornare a una vita onesta. Domenica, bandita, obbedì, lasciò Torino e se ne andò raminga con la sua famiglia, un marito e i figli. Fissò la sua residenza fuori la Porta Nuova, nella casa attigua alla chiesa di San Salvatore.

È passato il tempo del bando e Domenica è tornata a vivere in città, ma al Vicariato si continua a dubitare di lei e sulla sua vita futura. Si è interpellato il parroco di san Filippo, parrocchia nell’isola dove la discutibile famiglia ha posto la sua nuova residenza, e gli si chiede di vigilare per arrestare la donna al primo sgarro come dire che non è meritevole di grazia regia perché anche se la sua condotta è buona, l’esperienza «mi dice che raramente v’è ravvedimento in questi delitti…».

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Articolo pubblicato il 30/07/2018