Le associazioni datoriali tutte molto critiche nei confronti del primo atto del Governo giallo-blu
Gli imprenditori, attraverso le loro organizzazioni di categoria e rappresentanza, bocciano il cosiddetto “decreto dignità”.
Il primo commento di Confindustria è decisamente negativo. I vertici di Viale dell’Astronomia fanno notare che “l’Italia è un grande Paese industriale, la seconda potenza manifatturiera in Europa dopo
Non è la difesa di privilegi o di una posizione di vantaggio, poiché “colpire duramente i comportamenti opportunistici di chi assume un impegno con lo Stato e poi non lo mantiene è un obiettivo che condividiamo. Ma revocare gli incentivi per colpire situazioni di effettiva distrazione di attività produttive e di basi occupazionali dall’Italia è un conto; altro è, invece, disegnare regole punitive e dalla portata tanto ampia quanto generica”.
L’associazione datoriale evidenzia che “Il Decreto-Legge dignità approvato ieri è il primo vero atto collegiale del nuovo Esecutivo e, anche per questo, è un segnale molto negativo per il mondo delle imprese”. Negativo perché non riconosce come siano “le imprese che creano il lavoro”. Le regole – secondo Confindustria – possono favorire o scoraggiare i processi di sviluppo e hanno la funzione di accompagnare i cambiamenti in atto, anche nel mercato del lavoro. Si dovrebbe perciò intervenire sulle regole quando è necessario per tener conto di questi cambiamenti e, soprattutto, degli effetti prodotti da quelle precedenti.
Il contrario di ciò che è avvenuto col Decreto “dignità”.
Mentre infatti i dati Istat raccontano un mercato del lavoro in crescita, il Governo innesta la retromarcia rispetto ad alcune innovazioni che hanno contribuito a quella crescita. Per l’associazione degli imprenditori, “l’unico denominatore comune delle scelte fatte in tema di lavoro e delocalizzazioni è di rendere più incerto e imprevedibile il quadro delle regole in cui operano le imprese italiane: l’esatto contrario delle finalità di semplificazione e snellimento burocratico dichiarate dal nuovo Governo all’atto del suo insediamento”.
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Per Confesercenti, invece, "non è accettabile la penalizzazione delle imprese, che garantiscono il lavoro". L'incremento del costo contributivo sul rinnovo contrattuale porterà, stima l'associazione, "un aggravio di oltre 100 milioni di euro l'anno, di cui più della metà verrà sborsato già quest'anno, visto che scadranno il 55% dei contratti".
Non sempre queste organizzazioni hanno saputo dare rappresentanza e voce al complesso delle imprese, ma è davvero troppo riduttivo, come hanno fatto alcune voci della maggioranza, derubricare le loro critiche a “difesa corporativa che conferma come siamo nel giusto”.
D.C.
(Immagine di copertina tratta da TirrenoNews.Info)
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Articolo pubblicato il 04/07/2018