Torneranno a casa i reperti egizi sequestrati all'Isis nel porto di Salerno
Uno dei reperti archeologici sequestrati a Salerno che verrà restituito all'Egitto. Fotografia per gentile concessione Egyptian Ministry of State for Antiquities

Oltre 100 oggetti trafugati per finanziare attraverso la vendita sul mercato nero il terrorismo jihadista scoperti dai carabinieri nel marzo scorso verranno restituiti alle autorità egiziane

Fonte: Nationalgeographic.it

Negli ultimi anni, siamo stati abituati al rinnovato sforzo profuso dalle autorità italiane nel recuperare frammenti del nostro patrimonio storico-artistico acquistati illegalmente da collezionisti privati o musei stranieri. Ultimo caso celebre, ad esempio, è quello del cosiddetto Atleta di Fano, capolavoro bronzeo (IV-II sec. a.C.) attribuito allo scultore greco Lisippo, scoperto al largo della città marchigiana, ma finito attraverso il mercato nero al Getty Museum di Malibu che si sta opponendo strenuamente alla restituzione. Tuttavia, per una volta sarà il nostro paese a rendere al legittimo proprietario reperti archeologici che probabilmente avrebbero foraggiato l'attività terroristica dell'Isis. In questo caso, però, non c'è alcun contenzioso né lunghe trafile legali, ma la libera collaborazione tra Italia ed Egitto, luogo di origine di 118 oggetti confiscati lo scorso marzo nel porto di Salerno.

Fotografia per gentile concessione Egyptian Ministry of State for Antiquities

Ieri mattina (20 giugno), il procuratore generale egiziano, Nabil Sadek, ha annunciato l'approvazione da parte del suo omologo campano della rogatoria inviata qualche settimana fa, grazie alla quale la "refurtiva" tornerà presto al Cairo per essere esposta in una mostra temporanea nel Museo Egizio di Piazza Tahrir. La vicenda era stata resa nota il 21 maggio in un servizio di Stefania Battistini per il TG1, ma il sequestro, ad opera dei carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli e dell'ufficio delle Dogane di Salerno, era stato effettuato a marzo e prontamente comunicato all'Ambasciata egiziana a Roma. In un container diplomatico, infatti, erano stipati ben 23.700 reperti archeologici di cui 118 provenienti dall'Egitto. Tra questi, databili dal periodo faraonico all'età islamica, spiccano vasi in ceramica, monete, canopi, frammenti di sarcofagi, una maschera funeraria dorata e diversi modellini in legno che riproducono barche con relativi rematori e donne che realizzano pane e birra.

Fotografia per gentile concessione Egyptian Ministry of State for Antiquities

Foto dei pezzi erano subito state inviate al ministero egiziano delle Antichità, ma la conferma della loro autenticità è arrivata solo il 5 giugno, quando una delegazione del Supreme Council of Antiquities si è recata presso la caserma Tofano di Nocera Inferiore per un controllo da vicino. Secondo quanto riferito da Shabaan Abdel Gawad, direttore generale del Dipartimento per il Rimpatrio delle Antichità, i reperti non compaiono in nessun registro ufficiale quindi non sarebbero stati trafugati da musei o magazzini del ministero, ma proverrebbero da scavi clandestini in siti archeologici. Purtroppo in Egitto, soprattutto dopo la rivoluzione del 2011, l'attività dei tombaroli ha avuto una crescita esponenziale, nonostante l'inasprimento delle pene che possono arrivare fino a multe di 10 milioni di lire egiziane (quasi 500.000 euro) o addirittura all'ergastolo. Il fenomeno è ancor più grave in zone difficilmente controllabili come quelle del Sinai in cui si sono diffusi gruppi jihadisti affiliati all'Isis.

Fotografia per gentile concessione Egyptian Ministry of State for Antiquities

Proprio dalla penisola sarebbe arrivato il carico, poi imbarcato ad Alessandria per l'Italia. Non è un caso che le indagini dei carabinieri si siano da subito indirizzate verso i traffici degli uomini del Califfato. La vendita di beni archeologici, infatti, è diventata una delle principali fonti di guadagno del Daesh che ha sfruttato i siti in Siria, Iraq e Libia come veri e propri supermercati dove attingere denaro facile. In questo caso, inoltre, ci sarebbe anche lo zampino della malavita locale, come testimonia un'indagine della Procura di Salerno che ha posto fine nel 2016 a un traffico analogo orchestrato da camorra e 'ndrangheta nella vicina Vietri sul Mare.

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Articolo pubblicato il 22/06/2018