L'Infinita Meraviglia del Cosmo

Diciannovesima tappa. Albireo o la "favola bella" di Ermione nell'Universo

Proseguendo nell’alveo dell’armonioso accordo scientifico-poetico cui gli affezionati Lettori di Civico 20 News sono ormai avvezzi, la nostra immaginaria navicella s’accosta quest’oggi nei pressi di uno dei sistemi stellari più affascinanti e poetici del cielo. Si tratta di Albireo, altresì noto in gergo tecnico come β Cygni, perché giustappunto individuabile in corrispondenza dell’omonima costellazione.

Esso consta di due componenti principali, chiamati Albireo A (o stella primaria) e Albireo B (l’astro compagno, o secondario). Osservazioni mirate compiute sul finire degli anni ’70 evidenziano tuttavia come anche Albireo A sia a sua volta un sistema duplice: costituito quindi da due astri estremamente vicini, la cui esigua separazione angolare non ne consente la risoluzione in stelle singole se non con l’utilizzo di telescopi alquanto performanti.

Per contro, limitandoci qui al sistema binario principale, le due stelle A e B risultano angolarmente molto distanti fra loro. In questo senso, per lungo tempo s’ipotizzò che Albireo fosse in realtà una semplice doppia ottica (correlata dunque a meri effetti di proiezione bidimensionale sulla volta celeste) e non, invece, un sistema tenuto insieme dalla reciproca attrazione gravitazionale fra gli astri componenti.

Nondimeno l’Infinita Meraviglia del Cosmo cela sempre qualche insperata sorpresa…, per cui spesso “piove su convinzioni che paiono assodate e i “vestimenti leggieri delle conoscenze pregresse vengono spazzati via dai “freschi pensieri che l’anima schiude novella”, disvelando così una “favola bella che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione”.

Oppure, giustappunto, “o Albireo”…

L’accostamento con la lirica forse più celebre di Gabriele D’Annunzio potrebbe, di primo acchito, apparire persino un po’ azzardata…

Tuttavia, ispirati dall’ardimentosa foga del Vate – il quale non a caso sentenziò “Memento Audere Semper” – siamo portati a scoprire nei suoi versi gaudiosi e avvolgenti una declinazione visiva, nonché musicale, dell’abbraccio cosmico che lega le due stelle. Così “tutta la vita è in noi fresca, aulente, il cuor nel petto è come pesca intatta… E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti (e il verde vigor rude ci allaccia i mallèoli c’intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove”!

Con la sola eccezione pittorica che, nel caso delle stelle, il “vigor rude” sarebbe celeste…, non verde.

Tornando all’aspetto prettamente scientifico, le campagne d’indagine promosse dal satellite astrometrico Hipparcos (cui, alla fine del 2013, è subentrata – peraltro con una significativa partecipazione italiana – la missione Gaia) hanno rideterminato le distanze dalla Terra di Albireo A e Albireo B. Ambedue i valori trovati sono compresi fra i 400 e i 450 anni luce, con una differenza reciproca di circa 40 anni luce che, come già osservato poc’anzi, si traduce però in una consistente separazione angolare fra i due oggetti del sistema.

Per quanto concerne le caratteristiche fotometriche degli astri, essi sono discretamente luminosi (quindi denotano una magnitudine apparente contenuta), tanto da essere facilmente visibili con un piccolo telescopio nonché, in corrispondenza delle latitudini temperate dell’emisfero Nord, addirittura a occhio nudo.

Dal punto di vista cromatico (o, più propriamente, spettroscopico) Albireo A e Albireo B sono significativamente assortite. La prima è infatti una gigante rosso-arancione di classe spettrale K, dunque una stella già fuoriuscita dalla fase stabile di sequenza principale, molto brillante ed estesa ma con una temperatura superficiale (fotosferica) relativamente bassa.

Albireo B rappresenta invece una vivace stella bianco-azzurra, di alta classe spettrale (indice B) e ancora collocata lungo la sequenza principale, dove sosterà sino al completo bruciamento di tutto l’Idrogeno contenuto nel suo nucleo. Come tutte le stelle blu, dunque quelle di più recente formazione, anche Albireo B denota una temperatura fotosferica estremamente elevata (dell’ordine dei 12 000 gradi, circa tre volte il dato fatto registrare dalla compagna).

Sotto questo profilo, alcun parallelismo è però perorabile con “La pioggia nel pineto”. In essa troneggia infatti l’uniforme timbro “virente” della “solitaria verdura”, fatto di “tamerici salmastre ed arse”, di “pini scagliosi e irti”, di “mirti divini”, di “ginestre fulgenti di fiori accolti” e di “ginepri folti di coccole aulenti”, tutti appena chiazzati dai piovosi spruzzi del “ciel cinerino”.

Ma, se vogliamo, i contrasti si fermano ai semplici colori…

Su le soglie del bosco” o spersa nelle infinite lande cosmiche, non odo infatti “parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane”… Esse narrano una “favola bella” senza fine, la quale ci racconta a ogni tappa come fra Scienza e Poesia non ci sia contrasto, né limite, né separazione. Quello cantato da D’Annunzio è un sistema binario, di corpi immersi “nello spirto silvestre, d’arborea vita viventi”, mossi ambedue da un sentimento di “creatura terrestre che hai nome Ermione”.

Come visto, anche quello presentato dall’indagine astronomica è un sistema binario: esso è costituito da corpi alla deriva nell’Universo, il cui mistero “canta nell’ombra più fonda”…

Oggi siamo tuttavia riusciti a svelare un altro arcano: si tratta di una creatura celeste, che ha nome Albireo.

 

Il viaggio continua!

 

Image Credit: John Theil Pedersen from Sky and Telescope – The essential guide to Astronomy, time of photo 8/12/2010, Denmark.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 30/05/2018