Torino, 1915: la scuola Giuseppe Parini è adattata a Ospedale militare della Croce Verde (seconda e ultima parte)

L’opera benemerita del dottor Angelo Soresi e di Nerina Debenedetti

Il suo metodo di medicazione delle ferite, assai poco invasivo, è descritto in una sua comunicazione alla Accademia di Medicina di Torino del 10 dicembre 1915. La ferita è esaminata molto attentamente anche ricorrendo ai raggi X, ma evitando di irrorarla con liquidi: i detriti di tessuti e tutti i corpi estranei sono rimossi per mezzo di pinze con la massima delicatezza possibile per non causare dolore e non traumatizzare i tessuti.

Il metodo di cura è ispirato a questi concetti: abolire il dolore, curare secondo natura, fare la medicatura nel più breve tempo possibile, con minore disturbo dell’ammalato e con la massima economia possibile.

Soresi afferma con soddisfazione: «[…] all’Ospedale della Croce Verde in questi due ultimi mesi, […] nella sala di medicazione non si ode più un lamento, che anzi gli ammalati vengono volentieri a farsi medicare».

Può essere curioso ricordare che nel dibattito sul modello di bende da preferirsi interviene anche Auguste Lumière, il più anziano dei due fratelli inventori del cinematografo, che produce una garza vaselinata che favorisce la guarigione delle ferite, nota come “tulle gras Lumière”.

Tornando a Soresi, emergono anche il suo affetto e la simpatia verso i militari suoi pazienti, con sistemi impensabili in un comune ospedale militare.

Quando descrive il decorso postoperatorio di un soldato sottoposto ad amputazione dei piedi, colpiti da setticemia, Soresi accenna alle premure riservate al degente subito dopo l’intervento, quando le sue condizioni erano ancora critiche: «l’ammalato fu tenuto nel più assoluto riposo, fu nutrito con zabaioni, cervella, champagne, fornito gentilmente dalle dame della Croce Verde».

Nell’Ospedale territoriale sono attive come infermiere molte volontarie, dette Croceverdine, fra di loro anche la moglie dell’avvocato Gino Olivetti (1880-1942), terzo presidente della Croce Verde dal 1910 al 1938, che avrà grande rilevanza per consentire all’Ente di sopravvivere nel difficile periodo tra le due guerre.

Fra queste infermiere volontarie assume particolare rilievo Nerina Debenedetti (1896-1918), «protagonista, nei primi anni del Novecento, di uno straordinario gesto di solidarietà ed altruismo», come scrive Marino Properzi, compiuto nel difficile periodo della prima guerra mondiale, che metteva a dura prova il tessuto sociale italiano, non ancora pienamente integrato dopo l’unificazione realizzata da mezzo secolo appena. Nerina Debenedetti, proveniente da una famiglia della borghesia ebraica torinese, dopo aver frequentato il Corso di abilitazione, presta servizio nell’Ospedale Territoriale. Un lavoro duro per tempi e modalità di svolgimento e difficile per le caratteristiche dell’assistenza da fornire ai soldati reduci dal fronte, spesso martoriati nel fisico e letteralmente distrutti nel morale.

Nerina De Benedetti muore in data 23 dicembre 1918, come registrato nei documenti della Croce Verde, a soli ventidue anni, per una infezione contratta in servizio. La sua memoria è onorata con il conferimento da parte del Ministero dell’Interno della medaglia d’argento per i benemeriti della salute pubblica, sia dalla Croce Verde che, tra le premiazioni di guerra, inserisce per lei una speciale medaglia d’argento.

«Questa storia […], scrive Marino Properzi, testimonia la continuità dell’impegno dei volontari della Croce Verde nella realtà torinese, oltre a fornirci una sorta di filo conduttore per il nostro lavoro, da prestare sempre con umiltà e discrezione, con la consapevolezza dei rischi che comporta, ma anche il coraggio che occorre per soccorrere i malati, in applicazione dei veri sentimenti di solidarietà e fratellanza».

Nel marzo 1919 l’ospedale viene chiuso dopo il mancato accordo col sindacato infortuni della FIAT per trasformarlo in istituto delle malattie del lavoro. Per il servizio svolto dall’ospedale, la Croce Verde riceve, nel 1922, la medaglia d’argento per i benemeriti della sanità.

Il dottor Soresi, uno dei molti esempi di “fuga dei cervelli”, ritorna negli Stati Uniti: della sua esperienza restano nelle biblioteche torinesi le sue pubblicazioni prima ricordate, oltre ad una dedicata alla chirurgia del piloro. Sono dimenticate fino a quando sono riportate alla luce per la preparazione del libro di Galloni e Musso “Nell’interesse supremo della Scienza e della Nazione. L’Università di Torino nella Grande Guerra” (2016) e della successiva mostra commemorativa della Croce Verde (2017).

È importante che queste ricerche non restino confinate in un ristretto ambito specialistico ma possano essere conosciute anche fra i cultori di storia torinese e, soprattutto, dai responsabili della scuola Parini.

Appare paradossale che in questa scuola dove, come in altre di Torino, sono commemorati gli allievi caduti nella prima guerra mondiale con le lapidi poste all’ingresso delle aule, non sia conservata la memoria dell’opera benemerita del dottor Soresi e di Nerina Debenedetti.

(Fine della seconda e ultima parte)

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 22/05/2018