Torino, 1915: la scuola Giuseppe Parini è adattata a Ospedale militare della Croce Verde (prima parte)

L’opera benemerita del capitano medico Angelo Soresi

1.300 volontari, 76 dipendenti, 5 sezioni distaccate (Alpignano, Borgaro-Caselle, Ciriè, San Mauro Torinese e Venaria Reale), 9 squadre notturne, 1 squadra del sabato, 105 volontari diurni, 4 squadre speciali, 75.000 servizi nel 2016, 1.200.000 km percorsi, 52 ambulanze più 23 automezzi diversi, 1 servizio ogni 7 minuti, 24 ore su 24, sette giorni su sette… ecco cos’è, oggi, la Croce Verde Torino.

Nell’ambito dei festeggiamenti per i 110 anni dalla sua fondazione, avvenuta a Torino nel 1907, questo benemerito Ente torinese ha allestito la mostra storica “Croce Verde, 1907-2017: 110 anni di volontariato a Torino” presso la sua sede di via Tommaso Dore n. 4, aperta al pubblico il 21 e 22 ottobre 2017.

La mostra è stata organizzata per celebrare e raccontare i 110 anni di vita dell’Ente da Bruno Frigerio, volontario e cultore di storia della Croce Verde Torino e di ANPAS (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze) di cui è stato consigliere per la comunicazione e l’immagine e dal professor Marco Galloni, direttore scientifico dell’Archivio Scientifico e Tecnologico dell’Università di Torino (ASTUT).

Questa mostra ha presentato un importante aspetto della sanità e della assistenza pubblica della nostra città ed ha fatto emergere meritorie realtà torinesi del passato oggi praticamente sconosciute.

Tra queste, appaiono particolarmente interessanti quelle riguardanti il periodo torinese della prima guerra mondiale, ovvero l’opera benemerita del dottor Angelo Soresi e di Nerina Debenedetti presso la scuola torinese Giuseppe Parini adattata a Ospedale militare della Croce Verde.

Ho potuto approfondire questi aspetti grazie alla disponibilità e alla fattiva collaborazione del professor Galloni e del dottor Frigerio.

La Croce Verde sorge a Torino nel 1907 con lo scopo di soccorrere gli infortunati e gli ammalati ed è inizialmente presieduta da Cesare Lombroso. Nel 1914, dopo essere divenuta Ente Morale con decreto regio, allo scoppio della prima guerra mondiale la Croce Verde allestisce a Torino un ospedale dotato di 350 letti per curare i soldati feriti reduci dal fronte, detto Ospedale territoriale, nei locali della scuola elementare Giuseppe Parini, nell’allora corso Ponte Mosca, oggi corso Giulio Cesare.

Questo particolare momento della vita di questo edificio scolastico non è considerato dal pur documentato sito museotorino.it da cui apprendiamo che è stata costruita nel 1882 con il nome della borgata dove sorge, “Aurora”, primo insediamento della Barriera di Milano.

È una delle prime scuole collocate un edificio appositamente realizzato dal municipio di Torino, con ben 45 aule, sede di esperimenti scolastici come i “Ricreatori festivi” per gli alunni nei giorni di festa (1887) e la prima refezione agli alunni (1896). Nei primi anni del ‘900, l’Aurora ospita i corsi preparatori della scuola serale di disegno e le “Classi speciali per fanciulli deficienti”, visitate dal re Vittorio Emanuele III nel 1911, anno di intitolazione a Giuseppe Parini. Negli anni ‘20 questa scuola sarà anche sede di corsi di avviamento al lavoro di tipo industriale per la lavorazione del legno, dei metalli e del ferro battuto.

Quando la scuola Parini diventa Ospedale territoriale, non solo vi si applicano le migliori terapie al tempo disponibili, ma, grazie all’opera del capitano medico Angelo Soresi, proveniente da New York e nominato responsabile del reparto chirurgico, si sviluppano nuove proposte e si effettuano originalissime ricerche sperimentali.

Secondo le informazioni fornite da due ricercatori tedeschi, Neruda e Schmitz-Franken (2008), Angelo Luigi Soresi è nato a Piacenza nel 1877, ha studiato medicina a Napoli e a Roma e si è laureato nel 1903. È emigrato negli Stati Uniti d’America nel 1906. Si è stabilito a New York, dove apre un laboratorio chirurgico, è editore dell’International Journal of Gastro-Enterology e diviene capo chirurgo al Green Point Hospital a Brooklyn, dove muore nel 1951.

È autore di 150 studi, 17 sono dedicati a ricerche di anestesiologia: i due ricercatori lo definiscono una personalità affascinante, una notevole pietra miliare della medicina in generale, e specialmente della anestesiologia, più di quanto sia generalmente riconosciuto.

In questo studio non si fa cenno del periodo italiano di Soresi, molto probabilmente limitato al periodo bellico della prima guerra mondiale quando Angelo Soresi, indicato come dottor professor, col grado di capitano medico dirigeva il reparto di Chirurgia.

Per comprendere appieno l’importanza e lo spirito innovativo dell’attività del dottor Soresi a Torino, va ricordato che gli antibiotici non erano stati ancora scoperti, molte ferite correvano il rischio di rapidi e incontrollabili aggravamenti, in particolare quelle all’addome con interessamento dell’intestino. Ai chirurghi militari che operavano sul campo di battaglia era prescritto di non occuparsi dei feriti all’addome per i quali le perdite arrivavano quasi al 100%. Erano più meritevoli di attenzioni ai feriti alla testa che, malgrado le frequenti lesioni al cervello, rispondevano meglio alle cure con mortalità del 50%.

Soresi afferma che le perforazioni della maggior parte del tubo digerente guariscono spontaneamente per la formazione di adesioni del peritoneo circostante e la chiusura delle soluzioni di continuo. Solo il duodeno e il colon, per la loro posizione anatomica e per le caratteristiche del contenuto, tendono ad aggravarsi e avrebbero richiesto la sutura chirurgica, non necessaria negli altri casi, ma purtroppo nella maggior parte dei casi impossibile da eseguire in tempi utili in zona di operazione.

Considera la cura delle ferite, spesso ampie e irregolari, per trovare soluzioni alternative rispetto alle normali medicazioni. Scrive una nota critica verso le normali bendature, spiegando che, incollandosi ai tessuti lesi, nelle successive medicazioni causano dolore e danneggiano il tessuto cicatriziale in fase di sviluppo. Propone l’uso di bende ricoperte di paraffina che garantiscono un’adeguata protezione ma non aderiscono alle piaghe, rispettando i fenomeni riparativi naturali ed evitando anche i disinfettanti allora in uso, quali etere, iodoformio o acqua ossigenata.

(Fine della prima parte – continua)

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Articolo pubblicato il 21/05/2018