L'Infinita Meraviglia del Cosmo

Diciottesima tappa. La mia Stella nell'Universo

I sentimenti umani si rivelano talvolta così profondi e (quasi) indescrivibili da essere facilmente accomunabili alle infinite meraviglie del Cosmo. Capita infatti che risplendano fulgidi nel nostro cuore – quasi esso fosse abitato dal Sole o da una Stella ancor più luminosa – a dispetto di ogni limite e costrizione… e nonostante il meteo, un po’ imbronciato, passibile di caratterizzare certuni periodi della vita.

Allo stesso modo, stelle e galassie si stagliano luminose sullo sfondo scuro dell’Universo, immutabili rispetto ai ritmi e ai tempi dell’esistenza umana.

A questo proposito, il poeta Arturo Graf (1848-1913), titolare per quasi quarant’anni della cattedra di Letteratura italiana presso l’Università di Torino, si rivolge alla Stella della sera proprio come a un’ “immortale favilla, nitida gemma ardente”. La prima a comparire, luminosissima, mentre “là, sulla selva, brilla” nonché l’ultima ad accommiatarsi, giustappunto prima di cedere spazio a quel sonno e a quei sogni che ci fanno sentire celestialmente avvinti e congiunti con Essa.

Nondimeno, dal punto di vista strettamente scientifico, anche gli astri evolvono e mutano: per quanto su tempi scala astronomici, dell’ordine quindi dei milioni o miliardi di anni.

Ecco che, allora, lo stadio evolutivo delle stelle fornisce un criterio sulla base del quale operare una catalogazione, collocando via via gli oggetti all’interno del diagramma di Hertzsprung-Russell (abbreviato con HG), dal nome degli astronomi che, indipendentemente, lo elaborarono al principio del XX secolo.

Per comprenderne appieno la valenza, si rende tuttavia necessario conoscere prima alcune nozioni basilari di Fisica stellare. All’uopo, l’immagine proposta quest’oggi – nuovamente tratta dall’archivio ottico del Telescopio Spaziale Hubble – contempla l’ammasso stellare Westerlund 1, uno dei più estesi e massivi che si conoscano.

Esso è ubicato ad appena 15 000 anni luce di distanza dalla Terra e viene ricompreso all’interno dell’Altare, una costellazione non visibile alle nostre latitudini.

In “un divino silenzio” che – mutuando ancora una volta i diafani versi di Graf – “tutte le cose ammanta, e l’anime rincanta beverate d’assenzio”, fra la pletora di stelle che lo popolano si distingue Westerlund 1-26, una supergigante rossa dalle proporzioni eccezionali (se collocata al posto del Sole, essa si estenderebbe infatti sino a inglobare l’orbita di Giove).

Già, ma a che cosa allude la definizione supergigante?

Le stelle che stanno intraprendendo il bruciamento di Idrogeno nel nucleo (con conseguente produzione di Elio ed energia, quella stessa che “le accende” rendendocele visibili) si trovano in una fase relativamente stabile e duratura della loro esistenza, la cosiddetta sequenza principale (o, in gergo tecnico, main sequence). Poiché, in generale, esse differiscono in termini di massa e composizione chimica (parametri legati all’età dell’astro), i tempi di permanenza lungo detta sequenza risultano diversi a seconda della tipologia di stella considerata.

Sul diagramma HR la sequenza principale corrisponde a una fascia, che si sviluppa diagonalmente dalla regione in alto a sinistra verso quella in basso a destra.

Sull’asse orizzontale si specifica la classe spettrale della stella, ovvero il suo colore: dalle più blu (tipi O e B) a quelle tendenzialmente rossicce (K e M). Da notare come l’indice di colore discenda a sua volta dalla temperatura superficiale (o meglio, fotosferica) della stella: il blu è associato a temperature dell’ordine di 30 000 gradi, mentre il rosso a valori di soli 3 000-4 000 gradi.

Lungo l’asse verticale si colloca invece la luminosità della stella (oppure la sua magnitudine assoluta, cioè la luminosità calcolata a una distanza fissa).

Se ne deduce dunque come gli astri più blu siano anche quelli più luminosi. Essi, già collocandosi nella parte alta della sequenza principale, vi rimangono di concerto per poco tempo (qualche decina di milioni di anni). Trattasi quindi di stelle giovani e con una massa significativa, tale da sostenere l’intensa (ma breve e fuggevole) attività termonucleare che dà luogo alle elevatissime luminosità osservate.

In pratica queste stelle si consumano presto, proprio in virtù della loro giovanile baldanza.

Alle stelle rosse, invece, corrispondono valori di massa, luminosità e temperatura superficiale decisamente più contenuti. Le reazioni termonucleari di bruciamento dell’Idrogeno avvengono quindi con minor rapidità e questo consente ai suddetti astri di permanere lungo la sequenza principale anche per alcuni miliardi di anni. È, per la cronaca, il caso del nostro Sole. Essendo una stella di classe spettrale G, esso è stabilmente collocato in sequenza principale da circa 5 miliardi di anni, e lì rimarrà ancora per altrettanti.

Esaurito l’Idrogeno nel nucleo, tutte le stelle, ovunque collocate, fuoriescono infine dalla main sequence.

A questo punto la stella passa attraverso diversi stadi di instabilità in cui, a seguito di complessi meccanismi fisici dovuti all’equilibrio fra gravità (che tende a far collassare gli strati esterni dell’astro) e pressione di radiazione (la quale invece cerca di espanderli), s’innescano il bruciamento e la produzione di elementi chimici sempre più pesanti, sino al limite del Ferro. Per effetto di questi fenomeni (peraltro strettamente sensibili al valore di massa iniziale, e dunque al colore) il raggio della stella aumenta, contrassegnandone giustappunto la fase di gigante o supergigante.

Anche il Sole, al termine del suo periodo stabile lungo la sequenza principale, conoscerà il passaggio a gigante rossa, espandendosi sino a inghiottire la Terra e, probabilmente, anche Marte.

Come ovvio, qualunque illazione su quello che sarà allora il futuro dell’umanità risulta, a oggi, profondamente anacronistica, oltre che fantascientifica, date altresì le molteplici variabili in gioco.

Certo, il Pensiero non conosce limiti. Esso è in grado di azzerare le distanze, nonché qualsivoglia barriera fisica o temporale. E il Pensiero scientifico, guidato con sapienza dalla dolce mano della Poesia, è il solo in grado di penetrare e comprendere gli infiniti misteri dell’Universo e della Vita.

Così è nata la Filosofia, ovvero l’attitudine dell’Uomo a porsi domande cui cercare d’attribuire una risposta: guardando il cielo.

Col viatico di alcuni altri soavi versi – scritti questa volta dal milanese Clemente Rebora (1885-1957), letterato per anni vissuto nel novarese – merita sottolineare come il medesimo sentimento ci rapisca ogni giorno, al crepuscolo, quando attendiamo il levarsi delle stelle. Per prima, fra di esse, la Nostra, cui seguono presto le infinite altre faville che trapuntano la sfera celeste.

 

Leggiadro vien nell’onda della sera
un solitario pàlpito di stella:
a poco a poco una nube leggera
le chiude sorridendo la pupilla;

e mentre passa con veli e con piume,
nel grande azzurro tremule faville
nascono a sciami, nascono a ghirlande,
son nate in cento, sono nate in mille
:

ma più io non ti vedo, stella mia”.

 

Nondimeno, se l’incipiente scintillio del cielo può confondere allo sguardo il lucore di Èspero, primo astro a sorgere, non così capita con la Stella che palpita e abita stabilmente nel nostro cuore. Per Essa, duratura e immutabile, tornano circolarmente a valere le considerazioni di Arturo Graf: così “in quell’innamorato lume il mio sguardo mira; l’anima mia delira risognando il passato”.

 

Il viaggio continua!

 

Image Credit: ESA/Hubble & NASA, ESA

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Articolo pubblicato il 19/05/2018