Forlì - I Musei San Domenico “L’Eterno e il Tempo” per illustrare il passaggio dell’arte da Michelangelo a Caravaggio

Visioni religiose della Riforma e Controriforma attraverso una esposizione di duecento capolavori

Documentare il tramonto del superbo Rinascimento e il procedere a un nuovo  luministico orizzonte, attraverso grandi capolavori del Manierismo è stata allestita negli spazi espositivi  dei Musei San Domenico di Forlì  fino  al 17 giugno la tredicesima mostra dedicata a :“L’ETERNO E IL TEMPO TRA MICHELANGELO E CARAVAGGIO”, ideata e promossa dalla Fondazione Cassa Risparmi di Forlì, in collaborazione con il Museo Real Bosco di Capodimonte e i Musei Vaticani, curata da Antonio Paolucci, e Gianfranco Brunelli.

La rassegna è documenta da oltre duecento opere che vanno tra l’avvio della Riforma protestante avvenuta tra il 1517- 1520 e il Concilio di Trento 1545-1563. In questo periodo trattato si è verificato anche il compimento del Giudizio Universale di Michelangelo realizzato nella Cappella Sistina ( 1541) e l’affermazione a Roma con molte difficoltà di Michelangelo Merisi detto il “ Caravaggio”, e il Sidereus Nuncius di Galileo (1610).

Tutti questi avvenimenti rappresentano uno dei periodi più avvincenti e stimolanti della storia dell’arte, in cui si snoda un ricco percorso culturale innovativo alla ricerca di un equilibrio tra i valori eterni e quelli storici. Accompagna questo grande progetto espositivo un corposo catalogo, edito da Silvana Editoriale con autorevoli saggi di  Gianfranco Brunelli, Antonio Paolucci, Andrea Bacchi, Daniela Benati, Paolo Refice, Ulisse Tramonti.

Gianfranco Brunelli scrive:”Obiettivo della mostra è quello di offrire un contributo all’indagine della trasformazione dei valori delle arti nell’età delle Riforme del XVI secolo, ripercorrendo la visione che di quel momento storico ne ebbero i contemporanei, quale fosse il loro modo di guardare al presente e al passato artistico e, a seguitare, quali siano state le interpretazioni critiche e successive”. 

Il percorso inizia dalla Chiesa di San Giacomo Apostolo, una parte  integrante del complesso museale al suo primo utilizzo dopo un attento restauro. E si dipana in varie sezioni: iniziando dall’esaltazione della forma alla rappresentazione del sacro prima del Concilio di Trento, toccando tutti gli avvenimenti citati. Per illustrare la grande esposizione adopereremo alcune opere (presenti nel percorso), fornendo  descrizioni tratte dalle schede di autorevoli studiosi di ogni capolavoro. Iniziamo con La “Deposizione” di Giorgio Vasari che  venne realizzata nel 1539 per la chiesa di Camaldoli intitolata ai santi  Donato e Ilariano.

Michelangelo  Buonarroti “Cristo Giustiniani” prima versione del Cristo per Santa Maria Sopra Minerva di Roma. La statua, in marmo del Polvaccio (Carrara)  fu iniziata, secondo un contratto nel 1514, ma l’opera fu completata da un ignoto scultore del XVII secolo. Nel 1644 Andrea Giustiniani la trasferiva sull’altare maggiore della chiesa di san Vincenzo Martire che era situato nel feudo di Bassano (oggi Bassano Romano) per poi divenire nel 1854  proprietà degli Odescalchi, infine il principe Innocenzo nel 1941 la donò definitivamente alla Congregazione Silvestrina che tutt’oggi appartiene e viene prestata per l’evento forlivese.  

 Federico Barocci “Deposizione di Cristo dalla  Croce” proveniente dalla Cattedrale di San Lorenzo in Perugia. La tela costituisce un punto importante nella carriera del pittore urbinate, e nel più generale corso dell’arte italiana un momento di svolta, un passaggio irreversibile verso una nuova era: si tratta di un opera in cui il Barocci mostrò di avere assimilato l’arte del suo tempo e di poter passare a un nuovo modo di fare pittura.

 Daniele da Volterra è presente con il quadro  “Il profeta Elia nel deserto”. La composizione di quest’opera è caratterizzata dalla rappresentazione isolata della figura biblica e dall’assenza dell’angelo a conforto del profeta, solitamente presente nell’iconografia tradizionale. Il primo piano è riservato al tema dell’eucaristia, uno dei più significativi e attuali negli anni del Concilio Tridentino, sintetizzato attraverso una brocca di vino e una pagnotta. Tali elementi, presentati in primo piano, assolvono tuttavia anche a una funzione squisitamente compositiva in quanto il pane, in procinto di essere sollevato dalla mano del profeta.

“La Chiesa e i papi della Controriforma”. Dalla pubblicazione della bolla del Concilio di Trento  di papa Paolo III Farnese avvenuta nel 1442 nel corso dei diciotto anni che si sono protasi i lavori del Concilio, sulla cattedra di Pietro a guidare la Chiesa Cattolica si sono succeduti ben quattro pontefici - Giulio III Ciocchi del Monte, Marcello II Cervini (papa per soli ventidue giorni), Paolo IV Carafa  e Pio IV Medici di Marignano. Nel periodo della Riforma e della Restaurazione Cattolica  vengono anche inclusi i pontificati di Pio V Ghislieri (canonizzato dalla Chiesa nel 1712), una delle opere presenti in questa sezione e quella dell’artista Scipione Pulzone con il bellissimo ritratto eseguito tra il 1570 e il 1572 dedicato a  Pio V. Il dipinto un  olio su tela conservato alla Galleria Colonna di Roma raffigura il pontefice Ghislieri con il camauro ben calcato sulla fronte e avviluppato in una calda mozzetta di velluto cremisi meticolosamente abbottonata sul petto, il pontefice sembra sia li in mostra accomodato su una sontuosa sedia camerale, impreziosita da raffinate finiture di tessuto e metallo dorati e corredata a coronamento della spalliera, dal canonico pomolo con le insegne pontificali.

 Ludovico Carocci “Conversione di Sauro" il dipinto si impone per la grande forza drammatica che agisce direttamente sulla sfera emotiva, una forza capace di  materializzare l’evento miracoloso come mai prima, facendo piazza pulita di ogni concettoso formalismo. Una serie di pagamenti avvenuti tra il 1587 e il 1589 corrisposti al giovane Ludovico dalla nobile famiglia bolognese degli Zambeccari, permette di datare con precisione questa memorabile pala, oggi conservata nella Pinacoteca Nazionale di Bologna.

Solo le opere di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio presenti in mostra, ne vale la visita,  una di queste è appunto  la “Madonna di Loreto” o conosciuta come ” Madonna dei pellegrini”, questa tela venne realizzata per l’altare della cappella funeraria del Marchese Ermete Cavalletti  situata nella chiesa di Sant’Agostino in Campo Marzio a Roma (da dove proviene per la mostra), il quadro commissionato all’ormai famoso Caravaggio - era intorno all’anno 1605 - rimase sempre nella collocazione iniziale nonostante fin da subito fu uno dei lavori più dibattuti e scandalosi e criticati dai commentatori dell’epoca. Caravaggio non cercava di sicuro il consenso del popolo, tanto meno l’approvazione delle gerarchie ecclesiastiche. Pensava semmai di restituire il mondo per come lo vedeva e sentiva, ossia come un impasto di orrore e splendore.

Sul finire del 1595 giunge anche a Roma Annibale Carracci  chiamato dal cardinale Odoardo Farnese. Per documentare il progetto espositivo forlivese viene prestata dal Museo Real Bosco di Capodimonte una tela eseguita attorno al 1640 ispirata alla “Pietà” dove la Vergine  a sedere con una mano sostenta in seno la testa del figliolo morto ed apre l’altra, riguardandolo con dolore.

 Un'altra tela del Caravaggio è il “Sacrificio di Isacco”. Il pittore sceglie di raffigurare l’episodio biblico in maniera del tutto inconsueta estrapolandone il fotogramma più cruento, come a voler fissare la vicenda al suo scandaloso apice di violenza. Caravaggio non sembra credere per altro alla chiamata celeste di cui si legge nella Genesi. 

Nelle opere sacre del Caravaggio, il racconto è provocatoriamente rivissuto nel presente e di conseguenza spogliato del decoro richiesto a una meditata ricostruzione in termini storici, mentre lo stesso ruolo ricoperto dal sacro nella vita terrena rifluisce in una dimensione interiore e priva di sottolineatura miracolistiche.

 Il Presidente della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì Roberto Pinza nel saluto istituzionale per il catalogo della mostra afferma:”Tornare al Cinquecento è tornare al presente, misurarsi con le contraddizioni religiose, politiche, morali, scientifiche che allora si espressero, e che per molta parte rimangono ancora aperte. L’arte ne fu testimone, protagonista, rivelatrice. Solo la cultura ha la capacità di interiorizzare sentimenti collettivi e rappresentarli”.

Nelle sezioni espositive si contemplano altri capolavori di intenso valore artistico, iniziando da Raffaello, Rosso Fiorentino, Lorenzo Lotto, Pontorno Sebastiano del Piombo, Bronzino, El Greco Veronese, Tiziano, Zuccari, Reni e Rubens  e molti altri ancora.

 “L’Eterno e il Tempo tra Michelangelo e Caravaggio” fino al 17 giugno  ai Musei san Domenico di Forlì. Informazioni e prenotazioni mostra tel. 199.15.11.34.

 

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Articolo pubblicato il 03/05/2018