L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: Sono trascorsi 70 anni dalla vittoria elettorale del 18 aprile 1948

Il ruolo di PIO XII, di Gedda e dei Comitati Civici. L’inevitabile confronto con le mediocrità odierne

Invano sono trascorsi oltre 40 giorni dalle elezioni politiche. In questo lungo periodo siamo stati invasi da dichiarazioni inconsistenti e siparietti di dubbio gusto.

I presunti vincitori, al momento non in grado di governare, hanno infatti conseguito la classica “Vittoria di Pirro”. D’altronde – aspetto peraltro già presentito in campagna elettorale – nei programmi dei due contendenti non solo è mancato qualsivoglia riferimento certo alla situazione contabile del “malato Italia” (situazione che qualcuno, prima o poi, dovrà pur risanare) ma i suffragi sono scaturiti direttamente dalla pancia del Paese, a seguito di proposte antitetiche e radicalizzate che li hanno visti contrapposti e divisi.

Ipotizzare un embrassons nous, senza una strategia di fondo, è impensabile. Da qui l’origine del tempo perso, la nebbia tuttora stagnante (nonostante la situazione internazionale problematica), le numerose scadenze europee all’orizzonte, oltre a più tensioni sociali e a vertenze occupazionali aperte.

Ma, acclarata la carenza di strateghi e di statisti, almeno in erba, in attesa del verdetto del Presidente Mattarella non dobbiamo dimenticare come l’Italia sia sopravvissuta a ben altri periodacci, grazie alla presenza attiva di esponenti politici adeguati, materia prima che oggi latita.

Vale la pena, soprattutto per i più giovani, ricordare un appuntamento con la Storia che oggi sta scivolando via, senza menzione.

Settant’anni fa, il 18 aprile 1948, le prime elezioni politiche libere della neonata Repubblica Italiana segnavano una svolta cruciale nella vita del Paese: la vittoria della Democrazia sul Totalitarismo, della libertà sull’oppressione, della verità sulla menzogna. Non erano in gioco proposte o formazioni politiche alternative, ma due concezioni del mondo completamente diverse.

Alla visione cristiana, liberale e moderata della nostra società si opponeva infatti un possibile regime filosovietico, ateo e liberticida.

Il 25 aprile 1945, il 2 giugno 1946, il 1° gennaio e il 18 aprile 1948 sono date memorabili per la nostra storia repubblicana. Esse hanno segnato indelebilmente la vita degli Italiani.

La prima ricorda la “Festa della Liberazione” dal Nazifascismo, grazie alle Forze alleate anglo-americane, affiancate dai Partigiani ma non solo. La seconda commemora la “Festa della Repubblica”, con la scelta referendaria del Popolo italiano fra Monarchia e Repubblica. La terza rammenta l’entrata in vigore della nostra Costituzione repubblicana mentre la quarta, senza ombra di dubbio, celebra la “Festa della Democrazia”, cioè la scelta del Popolo italiano per le libertà democratiche, di tipo occidentale, di fronte al pericolo di passare, dopo essere usciti da un regime dittatoriale nazionalistico, nero, a un regime dittatoriale filosovietico, rosso.

Tuttavia, mentre le prime tre riescono ancora a far emergere fra gli Italiani divisioni e valutazioni antitetiche mai sopite, il 18 aprile del 1948 rappresenta una vera pietra miliare nella storia della nostra Repubblica e della nostra Democrazia.

È e resta un passaggio epocale per le nostre libertà politiche e civili.

Il Popolo italiano avrebbe potuto scegliere tra due mondi: quello sovietico del Marxismo-Leninismo, oppressivo e disumano, e quello libero delle Democrazie occidentali, sia pur imperfette.

Gli avvenimenti dell’Europa dell’Est costituivano inoltre motivo di grande preoccupazione per la Santa Sede.

Preoccupazione per i tanti crimini commessi dal regime sovietico e per l’eventualità – poi avveratasi – che altri Paesi dell’Est europeo potessero cadere sotto l’egemonia bolscevica, come avvenne con il golpe di Praga del febbraio 1948, con l’eliminazione dei vertici politici e la persecuzione dei cattolici.

Preoccupazione, in Italia, per i risultati delle prime consultazioni elettorali, a suffragio universale, del 2 e 3 giugno 1946 dove, oltre al Referendum istituzionale fra Monarchia e Repubblica, si votò altresì per l’Elezione dei 556 membri dell’Assemblea Costituente, in cui, a fronte degli 8 milioni di voti della Democrazia Cristiana, il PCI di Togliatti raccolse oltre quattro milioni di voti (4.356.686) e il PSIUP-Partito Socialista quasi cinque milioni di voti (4.758.129).

Preoccupazione per le imminenti, prime e vere elezioni politiche, acuita - nell’allora Papa Pio XII - dal diffuso giudizio di inadeguatezza della Democrazia Cristiana, verso la quale Egli mostrava scontentezza ”… per gli errori commessi dai democristiani, per le beghe interne al partito, per la leggerezza con la quale essi affrontano i problemi”, come diligentemente riportò Luigi Gedda (18 aprile 1948 - Memorie inedite dell’artefice della sconfitta del Fronte Popolare, Mondadori, Milano 1998)

Infine, preoccupazione e amarezza crescenti di fronte alla possibilità che il Partito Comunista Italiano di Togliatti conquistasse la maggioranza relativa, facendo “blocco” come Fronte Democratico Popolare (costituito ufficialmente il 28 dicembre 1947) con i Socialisti di Nenni.

E così, poco più di due mesi prima delle Elezioni politiche del 18 aprile 1948, il Pontefice Pio XII affidò a Luigi Gedda, allora Presidente degli Uomini di Azione Cattolica, il mandato di organizzare la mobilitazione elettorale del mondo cattolico per una battaglia di libertà.

L’11 febbraio 1948 ebbe inizio l’attività dei Comitati Civici, come strumento di mobilitazione e di coordinamento, in campo politico, dei cattolici e degli Italiani tutti, in grado di opporsi alla dilagante virulenza dei SocialComunisti del Fronte Democratico Popolare, dati per vincenti, nonché al temuto astensionismo.

I Comitati Civici, presenti capillarmente sul territorio e vicini a ogni parrocchia, diventarono dunque una potente macchina organizzativa e di propaganda a favore della Democrazia Cristiana.

Fu così che la Chiesa cattolica italiana – mobilitata in tutte le sue componenti, laiche e consacrate, come il dronerese Padre Riccardo Lombardi, soprannominato il “Microfono di Dio”, e grazie agli innumerevoli “attivisti” dei Comitati Civici, organizzati sotto la regia di Luigi Gedda – riuscì a sconfiggere e a bloccare l’ascesa del Fronte Popolare, scongiurando il pericolo di una possibile sovietizzazione dell’Italia.

Quella registrata dalla Democrazia Cristiana fu una vittoria straripante: quasi tredici milioni di voti (12.740.042), cioè quasi cinque milioni di voti in più di quelli ottenuti nelle precedenti consultazioni, a suffragio universale, del giugno 1946.

Mentre la DC di De Gasperi raggiungeva alla Camera il 48,5% dei suffragi elettorali, ottenendo la maggioranza assoluta dei seggi (305 su 574), il Fronte Popolare di Togliatti e Nenni si fermava al 31%, con 183 seggi. Anche il temuto astensionismo fu sconfitto con una affluenza del 92% degli aventi diritto al voto.

Secondo l’opinione dei maggiori politologi – dotati di onestà intellettuale – gli oltre 20 mila Comitati Civici parrocchiali, attivati da Gedda per volontà di Pio XII, furono determinanti per la vittoria della DC.

Due giorni dopo il 18 aprile 1948 il Pontefice, ricevendo i rappresentanti di tre grandi agenzie di stampa, ebbe a dire, senza mezzi termini, parole che lette oggi hanno un inconfondibile sapore profetico: “Voi – disse il Papa – “avete testé assistito ad un avvenimento che resterà memorando negli annali della storia italiana. Un popolo intero ha dato prova del suo profondo senso di dovere civico, [….] e potrà affrettare la ricostruzione materiale e morale del Paese […] Questo avvenimento ha altresì accresciuto la fiducia di tutta l’Europa, anzi di tutto il mondo”. (L’Osservatore Romano, 23 aprile 1948).

Col 18 aprile 1948, la successiva elezione di Luigi Einaudi quale Capo dello Stato e la formazione del nuovo governo presieduto da Alcide De Gasperi, iniziava così la vera e stabile stagione dei Governi democratici della Repubblica Italiana.

Questa data infatti, veramente storica ed epocale, ha segnato il trionfo di tutti gli Italiani, e del mondo occidentale, per lo scampato pericolo di cadere dalla “padella” del Fascismo alla “brace” del Comunismo. Questo straordinario successo – maggioranza relativa dei voti e assoluta dei seggi – fece della Democrazia Cristiana il principale partito della scena politica italiana per quasi cinquant’anni, fino al suo dissolvimento, avvenuto nel 1993 a causa della vicenda “Mani pulite”.

Purtroppo l’ingratitudine è un sentimento molto diffuso, oggi come allora, e i dirigenti della Democrazia Cristiana, De Gasperi compreso, non se ne mostrarono scevri.

Infatti, in presenza di un leader indiscusso e amato come Gedda, si temevano forse interferenze politiche e condizionamenti, se non addirittura vere e proprie alternative alla DC.

La politica stava già prendendo brutte andature e il nome di Luigi Gedda fu oscurato, per poi essere, man mano, avvolto dall’oblio. Quasi una “damnatio memoriae” che appare persistere ancora oggi!

Ne sono testimonianza le “dimenticanze” dei vari storici, giornalisti, registi o autori televisivi.

De Gasperi, in primis, e a seguire gli altri maggiorenti democristiani non ammisero, né hanno mai ammesso, anche in seguito, che il vero “artefice” della vittoria elettorale del 18 aprile 1948 fu Luigi Gedda con i suoi Comitati Civici.

In ossequio alla sacralità del vero, c’è da chiedersi come e perché la verità storica su Gedda e sui Comitati Civici sia stata e venga tuttora rimossa o negata, preferendo un giudizio affrettato e quanto mai fazioso ad analisi più meditate, articolate e obiettive. Nel corso degli anni si è perso il senso della storia, di pari passo alla crescente superficialità culturale, piegata a interessi e convenienze del momento politico.

Le giovani generazioni dovrebbero conoscere la storia vera del nostro Paese, così da poterne trarre preziosi insegnamenti per il presente e per il futuro.

La verità li renderebbe autenticamente liberi!

A settant’anni da quell’evento memorabile sarebbe ora che qualche storico, politico o giornalista di buona volontà e di specchiata onestà intellettuale, si adoperasse per riportare alla luce la verità storica e incancellabile sulla vittoria del 18 aprile 1948 e sul suo vero e principale artefice: Luigi Gedda.

Oggi, in quest’epoca di confusione e disorientamento etico, sociale e politico, servirebbero uomini della sua tempra e onestà, della sua profonda formazione interiore, spirituale, professionale ed etica, per “ricostruire” un’Italia migliore, nel solco della giustizia, della solidarietà e della crescita morale e civile.

Invece!  

Francesco Rossa
Direttore Editoriale
Civico20News.it

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Articolo pubblicato il 15/04/2018