L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Sara Garino: "I (Com)promessi Sposi"

L'italica Politica alla prova delle consultazioni: ma la sventurata ancora non rispose.

La ragione e il torto non si dividon mai con un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell’una o dell’altro. Nondimeno, da noi è ormai consuetudine trita, dopo ogni consultazione elettorale (e quirinalizia), sorbirsi i sermoni di que’ prudenti che s’adombrano delle virtù come de’ vizi, predicando sempre che la perfezione sta nel mezzo.

E il mezzo, si dà il caso, lo fissan giusto in quel punto dov’essi sono arrivati, e ci stanno comodi

Nulla di fatto, dunque, dopo il primo scandaglio del Presidente Mattarella, atteso come sia necessario soprassedere per “rispondere all’esigenza di tempo che è stata prospettata da molte parti politiche”.

Speriamo solo - dato l’orgoglio e il pregiudizio oggettivamente incrostatisi nella canea partitica di codesta claudicante XVIII Legislatura - che non s’insista inconsistentemente coll’andare alla ricerca del tempo perduto… perché, se è vero che uno il coraggio non se lo può dare, una soluzione per questo gramo Paese bisognerà pur trovarla.

Numeri alla mano, e procedendo ad excludendum stante per l’appunto i non pochi veti incrociati, le nozze più (in)credibili parrebbero quelle fra Salvini e Di Maio. Benché, dal punto di vista dei rispettivi programmi politici e anche solo a buon senso, sapete Voi quanti siano gl’impedimenti dirimenti?

Tanti, troppi. Del resto, non c’è da stupirsi: infatti il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune.

Posso aver fallato ma, non fosse stato così, ritengo si sarebbe evitato di approvare una legge elettorale pasticciata, nonché strutturalmente inadatta a esprimere - dato l’in essere scenario politico più o meno tripolare,  hic omne trinum est (im)perfectum - una maggioranza esecutiva ed “esecutibile”…, al di là di ogni ragionevole dubbio.

Ma noi Italiani siamo in generale fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani e ci curviamo in silenzio sotto gli estremi; sopportiamo, non rassegnati ma stupidi, il colmo di ciò che da principio avevamo chiamato insopportabile. E infine tracanniamo tutto.

Questo perché le parole (e le promesse) fanno un effetto in bocca di chi le pronuncia, e un altro negli orecchi di chi le ascolta…

E così venne quel benedetto giorno delle consultazioni: i due promessi andarono, con sicurezza trionfale, insieme ai loro testimoni e spettatori, tra cui qualche forzista ancora desideroso di dire la propria (tipo “Or bene, questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai”) e qualche malconcio piddino ritiratisi, piccoso, sull’Aventino.

Un altro trionfo, e ben più singolare, fu per i due l’andare a quel palazzotto: e vi lascio pensare che cose dovessero passar loro per la mente, in far quella salita, all’entrare in quella porta…

Con la consapevolezza che, tanto all’Avvocato quanto al Presidente della Repubblica, bisogna raccontar le cose chiare: a Lui, risciacquando in Arno le nostre consunte schede elettorali, tocca poi imbrogliarle

Chiaramente nell’accezione di dirimerle…, in quanto a noi poverelli le matasse paion più imbrogliate, perché non sappiam trovarne il bandolo

Si pensi, come poc’anzi già sottolineato, al M5S. Disponibile a “contrattare” (ma non ad “allearsi”, Di Maio dixit) tanto con la Lega quanto col PD, dimentico ormai di epiteti e strali lanciati in precedenza, e tutto proteso ad accaparrarsi i voti e la buona volontà di quanti, in campo avversario, siano valenti come i versi di Torti.

Chissà, forse si tratta del digerito fio da portare in dote…, dell’ormai irrifiutabile necessità di un compromesso prematrimoniale… o forse dello spauracchio di nuove elezioni…, le quali decapiterebbero l’intera classe dirigente pentastellata già giunta al secondo mandato. Di Maio compreso.

E, su questo punto, Grillo e Casaleggio jr sembrano non essere disponibili a deroghe.

Ciò (insieme al tristo passo di chi, appena svezzato tra le Istituzioni, già se ne allontana…) spiegherebbe tutta l’ostinata protervia del giovane leader, il quale dice spesso agli altri e a se stesso che tutto il suo studio è di secondare i voleri del cielo (e del popolo): ma fa spesso uno sbaglio grosso, ch’è di prender per cielo il suo cervello.

Ove infatti non è contemplata la figura di Berlusconi, considerato il padre (ig)nobile da cui Salvini non dovrebbe farsi condurre all’altare.

Eppure, per quanto ad Arcore ci si sia ormai accorti, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d’essere, in quella società, come un vaso di terracotta costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro, Forza Italia resta ancora, e pur sempre, un azionista della coalizione di Centro Destra. Ancorché di minoranza.

Così come, per quanto concerne il PD, permane nascostamente in auge Matteo Renzi. Quell’uomo (due volte nella polvere due volte sull’altar, considerando anche il referendum costituzionale) che, messosi volontariamente a terra (nonché a sedere, comodo, sullo scranno senatorio) dopo il bailamme successivo al 4 Marzo, viene ora risparmiato da tutti, e inchinato da molti.

Quantunque i Democratici - a loro tutela e futura ripresa - farebbero forse meglio a non chiamarsi del tutto e imbellemente fuori dall’attuale discussione programmatica, perché chi ha l’assunto di provvedere e non n’ha la volontà, o non ne trova il verso, alla lunga acconsente che altri provveda da sé. Come peraltro attesta la migrazione di oltre cinque milioni di voti, per l’appunto confluiti nelle fitte trame delle reti grilline.

Ma tant’è. La lungimiranza del politico contemporaneo è trasversalmente alquanto limitata e tutto il di più che c’era nel comandare doveva tornare in tanto meno nell’eseguire. Quel che va nelle maniche non può andar ne’ gheroni.

O, come fulgidamente sostenuto da Alcide De Gasperi, “il Politico guarda solo alle prossime elezioni mentre lo Statista guarda e pensa alle prossime generazioni”.

La differenza, sostanziale, è tutta qui: secondo De Gasperi “Politica vuol dire realizzare”, per cui “si dovrebbe pensare più a fare bene che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio”. Tra l’altro, dopo le storiche elezioni del 18 Aprile 1948 che videro il soverchiante prevalere della DC sul blocco delle Sinistre, l’illustre democristiano impiegò poco più di un mese per dar vita al proprio Governo.

Tanto per ragionar di cose (in)certe, sui tempi di questa tornata non è invece dato sapere.

Taluni vociferano che, in caso di protratto stallo, l’extrema ratio potrebbe essere quella di un Esecutivo del Presidente (un altro…), guidato da un’autorevole figura terza che sia irreprensibilmente accettata da tutti gli schieramenti. Con un caveat: per l’ennesima volta, il popolo votante (cui solo dovrebbe eppur spettare la sovranità) tornerà a guardare cotale personaggio come a un imposto «Carneade! Chi era costui?».

Come andrà a finire?

Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, i partiti conclusero che i compromessi vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione, e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Mattarella li raddolcisce, e li rende utili per una Legislatura migliore. Questa conclusione, c’è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia.

La quale, se non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta, e anche un pochino a chi l’ha raccomodata. Ma se invece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta


SARA GARINO

Collaboratore

CIVICO20NEWS

 

 

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Articolo pubblicato il 08/04/2018