VALERIO LIBONI: cara musica, c'eravamo tanto amati

Ama definirsi “diversamente giovane”, nonostante le sessantotto primavere, festeggiate proprio questa settimana (19 marzo), confermando il detto in base al quale, l’età è solo una data scritta su un pezzo di carta.

 

Sessantotto anni, di cui cinquanta passati a fare musica, come batterista, cantante, produttore, arrangiatore, autore, e a realizzare progetti artistici, anche in campi diversi dalla musica.

 

Ma è tempo di bilanci, di “retrospettive”, se mi passate il termine, e soprattutto, è giunto il momento di togliere qualche sassolino dalle scarpe.

 

 Valerio Liboni, l’ospite di questa intervista, lo fa come al solito: crudo, diretto, senza peli sulla lingua.

Una chiacchierata interessante, ricca di spunti, che forse farà nascere qualche polemica.

Una chiacchierata, nata quasi per caso, davanti ad una pizza, rigorosamente al tegamino, in occasione proprio del suo compleanno.

 

Lascio la parola, senza ulteriori indugi, al mio amico Valerio. Buona lettura.

 

Valerio, per quanto riguarda il futuro: meno “artista”, più “produttore”? 

Ho compiuto da pochi giorni sessantotto anni, di cui cinquanta di attività, di tournee in giro per il mondo, mi manca solo la Russia, stavo per andarci, ma è morto mio padre, come ben sai. Ho intenzione di continuare a produrre e scrivere, e diversificare le mie attività, come organizzatore di mostre, insieme al mio amatissimo Modesto Veccia di Pietra Vairano, con il quale, tra l’altro ho allestito la mostra “Il genio di Leonardo”, attualmente esposta al “Salon Blanco” all’Avana. Proprio nella capitale cubana, conto di trasferirmi definitivamente...

...come mi dicesti tempo fa, da...diversamente giovane...

(ride, ndr)...si esattamente!... Sai, ho avuto dei problemi fisici, un lutto in famiglia, tra l’altro ho saputo della morte di mio padre da Facebook...tanto per dirti come va il mondo attuale. Credo che ad un certo punto si debba avere il coraggio di fermarsi, questa vita ti logora, i viaggi diventano sempre più pesanti. Senza contare che in questi “tempi” non mi ci riconosco più, diventa sempre più difficile organizzare concerti e tour: devi essere sempre presente, soprattutto in televisione, dove per altro, vanno sempre gli stessi. Sinceramente mi sono stufato, per non dire peggio: preferisco chiudere qui, tenendomi stretto il mio amore per la musica, per la batteria soprattutto, col ricordo di tante persone, anche quelle che negli anni non hanno ricambiato il mio affetto, artistico e non.

Parlando di produzione in senso stretto, recentemente sei coinvolto in tre progetti: vuoi parlarcene?

Attualmente sto producendo due ragazze, una è quella che preso il posto di Jessica Casula, che non fa più parte del mio gruppo; con la quale farò un tour la prossima estate, e che porterò ad ottobre e novembre inAustralia, si chiama Miry, una ragazza di Caserta, proveniente da una famiglia di musicisti, che scrive canzoni, e questo è interessante. Ho prodotto per lei questo singolo “Senza un perchè”, canzone che non ho scritto io. La ritengo una cantante neo-melodica, e credo che con questo brano possa farsi conoscere meglio. Il suo sogno è quello di andare a Sanremo, vedremo se sarà possibile. L’altra si chiama Michi C, si è appena laureata con una tesi su Stevie Wonder, canta in un coro gospel, è un vero vulcano. Ha una voce molto più rock: per lei abbiamo scelto un gran pezzo, se mi permetti, uno dei più belli che abbiamo scritto io e Guido Guglielminetti , mio amico, anzi mio fratello da più di quarant’anni, “E cambierà”. Poi Pietruccio Montalbetti, chitarrista e fondatore dei Dik Dik, anche con lui ci conosciamo da millenni (sorride, ndr), ha pubblicato un album come solista “Niente”, e mi ha chiesto due brani: “Buon compleanno” (Liboni – Guglielminetti – Peretti – Ausilio) e “Una Lettera” (Liboni – Borgatta). Per il futuro, ci sono in programma gli album delle due ragazze, e per quanto mi riguarda, voglio pubblicare un vinile, si il vecchio “padellone”, anzi ripubblicare in vinile, con la Egea, “Amore delle distanze”, un album del 1993, a suo tempo pubblicato dalla Polygram, dove ci sono delle canzoni che pochi conoscono, ma che io amo molto.

Parlando dell’attività live, in generale, sappiamo bene che a Torino è difficile esibirsi dal vivo. Quindi che si fa?

Io praticamente a Torino non ho quasi mai lavorato, pensa un pò il paradosso...ultimamente vengono chiamati personaggi desueti, diciamo così. Io ho fatto solo, e tu c’eri, Mal & The Primitives, che mi è sembrato un gran bel gruppo, vorrei ripresentarli e forse ce la faccio...Comunque qui a Torino, e me lo confermano amici musicisti, se vuoi suonare in un locale, devi portare gente. Siamo arrivati al punto che, oltre a prendere molto poco, come ingaggio, devi portare gente, pubblico, altrimenti corri il rischio di non essere pagato. Questo lo trovo vergognoso. Poi non amo, e sai anche questo, le tribute-band: trovo assurdo fare il tributo a Vasco o Ligabue, tanto per dire, ci sono già gli originali, che senso ha farne un tributo? Proponi canzoni tue, fai cose tue, e se sei bravo, magari ce la fai, con tanta umiltà. Io questo fenomeno, lo chiamo il mondo di mezzo, né carne né pesce...mi dicono certi amici impresari che è un fenomeno che comincia a perdere colpi...speriamo.

Parlavi di un tour estivo.

Si, il 7 Maggio partiamo da Avellino, per proseguire con diverse date a sud, abbinate a serate di promozione del nostro cofanetto “Io questra maglia sognavo da bambino” . Dico “nostro”, perchè tu sei coinvolto in prima persona, visto che hai curato il dvd con le interviste. Ti ringrazio per il contributo e credo che abbiamo fatto una cosa, per la nostra squadra del cuore, che resterà nella storia. Tra l’altro ti ringrazio per avermi messo come personaggio nel tuo secondo romanzo “Il rullante insanguinato”...comunque, ti confesso che avrei tanto voluto riproporre lo spettacolo teatrale “Sono momentaneamente a Cuba”, dove raccontavo la mia storia di artista, attraverso canzoni ed aneddoti. Purtoppo non è stato possibile, e questo mi dispiace, perchè era davvero un grande spettacolo.

Concordo! Grazie per i complimenti, e grazie soprattutto per avermi voluto nel team del cofanetto, per me è stato un onore e un onere, e non mi sono mai divertito tanto. Spero do partecipare con te ad altre presentazioni...

...contaci...

...però vorrei chiudere, con una risposta secca, alla tua maniera...I Nuovi Angeli...vedremo ancora te e Paki insieme sul palco?

No! La reunion di tre anni fa, voluta fortemente da Marco Bonino, è clamorosamente fallita, perchè lavorare con Paki Canzi è praticamente impossibile, nonostante io abbia voluto molto bene a Paki, col quale ho passato momenti meravigliosi. Lui continua ad avere, riguardo al gruppo, un’idea che io ritengo sbagliata. Tieni presente che in questi tre anni, abbiamo pubblicato due album, abbiamo lavorato bene. Però alla fine, quando in una band decide qualcuno, imboccato da qualcun altro, diventa molto difficile lavorare. Io ritengo chiusa definitivamente questa esperienza: è stato bellissimo, ma finisce qui. Io sono proprietario al 50% del marchio “Nuovi Angeli” e, per questo motivo, il mio nuovo gruppo si chiama “Valerio Liboni & i suoi Nuovi Angeli” . NON sono i Nuovi Angeli, questo per tranquillizzare i grafomani da Internet, che scrivono, permettimi il francesismo, un sacco di cazzate, come riguardo a La Strana Società, gruppo fondato da me nel 1972, e la formazione originale, oltre al sottoscritto, comprendeva Celestino Scaringella, Giovanni Foresti, Luigi Catalano e Carlo Lena. In seguito, anche per chiarire questo punto, ho chiamato a suonare con me un amico d’infanzia, Cesare Gianotti, e quando me ne sono andato, ho ceduto proprio a lui il nome del gruppo. Sono passati molti anni e molte persone si sono alternate all’interno del gruppo, però questa è la storia. Ed è anche una bellissima storia. Ma come è stata gestita la band dopo il mio abbandono, non è cosa che mi riguardi. La stessa cosa vale per Paki: continua ad arrogarsi il fatto che lui, sia I Nuovi Angeli. Ricordo, e poi non ne parlo più, che il gruppo è stato fondato ad Alessandria da Renato Sabbioni e Alberto Pasetti. Alberto è morto qualche anno fa, ha lasciato il nome a Sabbioni, il quale ha dato il 50% a me e il resto lo ha venduto ad un presunto impresario di Rimini, di cui non voglio fare il nome, perchè mi viene l’orticaria. Questo è tutto.

Spero di no, personalmente e a nome dei tuoi numerosissimi fans. Sono convinto che ci vedremo ancora in giro, a fare musica e a parlare di musica.

Chi lo sa? Come ti ho detto all’inizio di questa lunga chiacchierata, preferisco smettere. Poi...mah...chissà...

 

Che dire...

 

Stay Always Tuned !!!

 

 

  

 

 

 

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Articolo pubblicato il 21/03/2018