L'Infinita Meraviglia del Cosmo

Ottava tappa. "Alla Primavera, o delle favole antiche" dell'Universo

Riconduciamo quest’oggi l’immaginifico vascello di Civico 20 News all’interno del nostro perimetro galattico e, in particolare, a soli 1400 anni luce di distanza dalla Terra… Sempre nella ferma convinzione di voler caparbiamente continuare a percorrere quella preziosa scia di luce tracciata dalla Poesia delle Stelle.

Qui, scrutando in direzione della costellazione del Cigno, i potenti occhi elettronici del Telescopio Spaziale Hubble consentono di disvelare un elegante intreccio di ciuffi luminosi (in gergo tecnico wisps): trattasi della Veil Nebula (Nebulosa della Vela), retaggio di una locale esplosione di supernova avvenuta oltre 7000 anni or sono.

Come già noto ai Lettori, eventi cataclismici di questo tipo accompagnano lo stadio evolutivo terminale delle stelle più massive, preludendo contestualmente al fiorire di una nuova primavera astrale, in un ciclo continuo che arricchisce vieppiù l’Universo di elementi pesanti.

All’uopo, in riferimento alla stella caduca eppur foriera di nuova gemmazione, l'intramontabile Giacomo Leopardi mutuando i versi di un Suo celebre canto potrebbe facilmente commentare come  ottenebrati e spenti di Febo i raggi al misero non sono in sempiterno? Ed anco, Primavera odorata […] vivi tu, vivi, o santa Natura”?

Tuttavia nell’immagine, ottenuta componendo sei pose dello strumento, si apprezza solo una modica porzione della nube residua (o supernova remnant), pari – in estensione ad appena due anni luce.

Osservata dalla Terra infatti, l’intera struttura della Veil Nebula con i suoi ciprigni e colorati tentacoli di gas e polveri – risulta alquanto vasta, arrivando a coprire un’area di cielo cinque volte superiore rispetto a quella occupata dalla Luna piena.

Vissero i fiori e l’erbe, vissero i boschi un dì”…

Probabilmente, all’epoca dell’esplosione, l’abnorme quantità di materiale eiettato nello Spazio interstellare suscitò, per settimane, l’attonito stupore delle popolazioni coeve, permanendo visibile in cielo con il medesimo bagliore della Luna crescente.

Dunque, “conscie le molli aure, le nubi e la titania lampa fur dell’umana gente, […] con gli occhi intenti il viator seguendo, Te compagna alla via, Te de’ mortali pensosa immaginò”…

Oggi l'intensità dell’iridescenza nebulare risulta alquanto depotenziata, essendosi ormai i gas dispersi a costituire (chissà dove, chissà dove…) nuovi astri, come “musico augel che tra chiomato bosco or vieni il rinascente anno cantando”.

Inoltre, dall’immagine proposta si evince come i filamenti di materia, superstiti del fulgore primigenio, si tuffino e dipanino mollemente nella stretta degli interminati spazi cosmici…

Giustappunto come una reliquia sospesa la quale, inabissandosi nella profondissima quiete successiva alla fase cataclismatica di supernova, “pianger credè la sconsolata prole quel che sommerse in Eridano il Sole”.

Nondimeno, quello appena descritto è un naufragar dolce, una favola antica e bella...

È la Primavera delle stelle, che “le meste anime educa”, inculcandoci nuove consapevolezze in merito alla nostra origine e agli altri infiniti misteri della Natura.

Perchè, “se de’ nostri affanni cosa veruna in ciel, se nell’aprica Terra s’alberga o nell’equoreo seno”, sia Essa “pietosa no, ma spettatrice almeno”…

 

Il viaggio continua!

 

Image Credit: NASA, ESA, and the Hubble Heritage Team (STScI/AURA) 

 

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Articolo pubblicato il 19/03/2018