Roma. Forza Italia

C’è qualcosa che non va?

Per chi è abituato a seguire l’ormai lunga stagione berlusconiana, i silenzi e le tardive reazioni di Berlusconi dopo il risultato elettorale, sono apparsi, per lo meno insoliti. Pubblichiamo l’autorevole analisi di

Tommaso Labate che in parte ci conferma altri chiacchiericci romani. Sorge spontanea la domanda: I coordinatori regionali di Forza Italia che più sono stati penalizzati dal voto, dov’erano al momento ella stesura delle Liste elettorali e poi, come hanno reagito?


Berlusconi e il ritorno in scena della vecchia guardia: il nuovo cerchio magico sotto processo

I nodi che vengono al pettine dopo il disastro elettorale e il sorpasso della Lega vanno ben oltre la gestione del partito

«Perché non torni a trovare Berlusconi? Potrebbe esserci di nuovo bisogno di te», gli chiese Fedele Confalonieri incontrandolo a Roma pochi giorni prima di Natale.

«L’amicizia per Berlusconi, dal mio punto di vista, è quella di sempre. Però i tempi non sono ancora maturi», rispose lui. E si vede che adesso sono maturati, i tempi, se è vero che venerdì scorso Denis Verdini, a due mesi e mezzo dal niet pronunciato di fronte al presidente di Mediaset, s’è materializzato di nuovo ad Arcore.

Perché lì, a Villa San Martino, lontano dai riflettori che hanno illuminato le tappe del processo al Pd di Renzi, si sta consumando l’altro processo agli sconfitti del 4 marzo.

Con la differenza che — al contrario di quanto è capitato ai democratici, dove è stato il leader a pagare per tutti — in questo caso è il leader a mettere sotto processo quelli che hanno gestito la macchina elettorale.

Due su tutti, Niccolò Ghedini e Licia Ronzulli, l’avvocato e l’assistente personale, finiti nel mirino di mezzo partito e di quella vecchia guardia — a cominciare da Gianni Letta e Fedele Confalonieri — che avevano provato a estromettere dal rapporto diretto con Berlusconi.

E che adesso, insieme ad Adriano Galliani (per lui si parla di un ruolo di primo piano nel partito) e forse al figliol prodigo Denis Verdini, sarà chiamata a gestire questa fase difficilissima. Nel rapporto con la Lega di Salvini, nell’«intelligenza» con Pd e Cinquestelle, nel dialogo col Colle, certo. Ma anche, forse soprattutto, nella riorganizzazione interna della casa di Arcore e anche di Forza Italia.

Raccontano di un Berlusconi furibondo. Furibondo lui, furibondi i vertici aziendali e della pubblicità di Cologno Monzese per l’impatto devastante che il risultato elettorale degli azzurri ha avuto su Mediaset, a cominciare da Piazza Affari.

L’ex premier era letteralmente fuori di sé da quando s’è ritrovato davanti agli occhi la lista degli eletti di Forza Italia. Molti di quelli su cui si era impegnato in prima persona sono fuori dal Parlamento o erano addirittura stati fatti fuori dalle liste all’ultimo secondo oppure retrocessi in posizione ineleggibile. Fuori in Lombardia Francesco Ferri, a cui era stato affidato il compito di selezionare le candidature dal mondo dell’impresa e delle professioni; fuori in Campania Vincenzo Caputo, già vicepresidente dei giovani di Confindustria; fuori in Friuli Stefano Blasoni, imprenditore con duemilacinquecento dipendenti. Ma sono solo tre dei tantissimi esempi che si potrebbero fare.

Dentro, nella lista degli eletti, l’ex premier si ritrova gente «che attribuiscono a me — dice ora — ma che nemmeno conosco». Come Annaelsa Tartaglione, già miss Molise, eletta in Puglia.

O come Matilde Siracusano, già concorrente di Miss Italia nel 2005, su cui si consuma dietro le quinte uno spassosissimo remake del «Ruby nipote di Mubarak» andato in scena anni fa. Nel senso che, all’interno del cerchio magico, qualcuno la segnala per le liste come «nipote di Antonio Martino». Ma la parentela, come per l’illustre precedente, si rivelerà una bufala. Col risultato che, comunque, ora Siracusano si ritrova alla Camera, proprio come il suo «falso» zio ex ministro.

I nodi che vengono al pettine dopo il disastro elettorale e il sorpasso della Lega vanno ben oltre la gestione del partito.

Nelle settimane della presentazione delle liste e della campagna elettorale, per esempio, persino Fedele Confalonieri e Gianni Letta fanno fatica a parlare con Berlusconi.

Lo cercano ad Arcore ma anche loro, come decine di parlamentari, non riescono a superare il filtro imposto dal cerchio magico. Ne sanno qualcosa quelli che vengono a sapere dai giornali dell’esclusione dalle liste o della retrocessione da caselle considerate «blindate» a posti senza speranza. «Il presidente non c’è». «Il presidente non può rispondere». «Il presidente sta riposando».

A tutte le ore del giorno e della notte. Il muro eretto da Ronzulli (ad Arcore) e Ghedini (a Roma) pare invalicabile anche per i vecchi amici. Capita, però, che qualcuno riesca a forzare il blocco.

Antonio Angelucci, per esempio, scopre di essere scivolato in posizione ineleggibile e, furibondo, chiama Arcore. Respinto. Ma al secondo tentativo, quello che il ras delle cliniche riesce a urlare all’orecchio della Ronzulli dev’essere talmente convincente che quest’ultima, spaventata, risolve il problema in mezzo secondo. Col risultato che oggi Angelucci è di nuovo tra gli eletti. Piccoli, grandi, dettagli di cronaca degli ultimi mesi di Forza Italia che, adesso, sembrano destinati alla storia.

Berlusconi, adesso, è pronto a riaffidarsi alla vecchia guardia. Letta pontiere dei rapporti col Colle e col Pd, Confalonieri a presidiare (anche) i tavoli con la Lega, Galliani a occuparsi del partito e, chissà, magari Verdini consulente (stavolta esterno) sullo scacchiere del Parlamento. Da sciogliere, tra le altre cose, anche la delicata partita che riguarda i capigruppo. Romani e Brunetta puntano alla riconferma. L’ex premier, però, potrebbe voler dare un segnale di discontinuità. L’ennesimo di questa dolorosa fase che si è aperta, per Forza Italia, nella notte tra i 4 e il 5 marzo”.

Tommaso Labate

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Articolo pubblicato il 16/03/2018