L'Infinita Meraviglia del Cosmo

Settima tappa. Le onde gravitazionali, ovvero la Musica dell'Universo

L’itinerario celeste proposto quest’oggi da Civico 20 News si prefigge di condurre i Lettori a oltre 134 milioni di anni luce di distanza dalla Terra, e più precisamente nella costellazione dell’Orsa Maggiore.

Qui troviamo Arp 299, un sistema binario di galassie fortemente interagenti, le quali, nello specifico della morfologia, afferiscono ambedue al tipo cosiddetto irregolare barrato.

La denominazione dell’oggetto deriva giustappunto da Halton Christian Arp (1927-2013), celebre, eclettico e discusso scienziato statunitense nonché autore, nel 1966, di un pionieristico catalogo contenente ben 338 galassie definite peculiari o in interazione.

Il contesto in cui ci muoviamo risulta alquanto turbolento: ivi è stata infatti osservata anche l’esplosione di ben 8 supernovae.

Dall’immagine si evince nitidamente la coalescenza (ovvero la fusione, in gergo tecnico merger) delle due strutture galattiche, ciascuna custode al proprio interno di un buco nero.

Le analisi in banda ottica condotte dal Telescopio Spaziale Hubble, sovrapposte ai dati X dei satelliti NuSTAR e Chandra, rivelano un’intensa emissione di radiazione altamente energetica, evidenziata dal bagliore diffuso al centro dell’immagine.

Responsabile del predetto fenomeno è la concomitante coalescenza dei due buchi neri, a seguito della quale se ne costituisce uno solo, centrale e supermassiccio. Nel caso di Arp 299 è il buco nero di destra a dimostrarsi maggiormente attivo e vorace, accrescendo materia dal compagno ed eiettando di concerto nello spazio ingenti quantitativi di radiazione X.

Codesta danza cosmica certo bellicosa e avvolgente, con i vieppiù cospicui spostamenti di massa che ne derivano comporta l’insorgere di perturbazioni e pieghe nel tessuto dello spazio-tempo. Queste ultime, la cui esistenza venne già teorizzata da Albert Einstein nel 1916, si propagano nel Cosmo senza comportare spostamento di materia: esattamente come le onde del mare. Motivo per cui sono oggi note in termini di onde gravitazionali.

Come fluenti note lungo le righe di un pentagramma, esse ci disvelano l’armonia degli oggetti celesti più misteriosi ed enigmatici, increspando lo spartito dell’Universo con le musiche di una ritmata marcia militare. All’uopo, il tempo musicale può essere assurto a quello di un trascinante prestissimo: infatti la propagazione delle onde gravitazionali avviene alla velocità della luce, da cui discende il loro essere considerate una vera e propria forma di radiazione.

Esse afferiscono inoltre alla categoria delle cosiddette onde di tipo trasversale: in pratica, le distorsioni conseguenti al loro transito risultano perpendicolari alla direzione di propagazione. Nel solco del paragone intrapreso poc’anzi, il fenomeno potrebbe essere visualizzato in guisa di un basso continuo orizzontale e piatto (giustappunto rappresentativo della direzione di propagazione dell’onda) sul quale svettano gli acuti e verticali florilegi della melodia (ovvero le vibrazioni che il passaggio dell’onda provoca).

Prima si è ragionato di tempo musicale: per quanto concerne invece la dinamica espressiva, essa appare senza dubbio riconducibile a un più che pianissimo.

Infatti, a dispetto delle immani energie tipiche dei processi cataclismici che conducono alla formazione di onde gravitazionali, gli effetti delle conseguenti distorsioni spazio-temporali risultano in ultima analisi piuttosto tenui, anche in virtù della (per fortuna) ragguardevole distanza fra noi e le possibili sorgenti.

In merito, il sensibilissimo metronomo impiegato dagli scienziati per rivelare codesti, intriganti, ritmi celesti si basa su tecniche di tipo interferometrico.

Utilizzando quindi un fascio di luce laser fatto correre all’interno di due bracci perpendicolari (ciascuno caratterizzato da lunghezza di qualche chilometro e terminante con uno specchio) si studia la differenza nei tempi di percorrenza dei due segnali luminosi, riflessi su di uno schermo a istanti non perfettamente sincroni. La discrepanza nei tempi di arrivo discende da una variazione relativa della lunghezza dei bracci, giustappunto investiti e deformati dall’impatto con una o più onde gravitazionali.

Sbalorditivamente, la distorsione dei bracci risulta inferiore al diametro di un atomo (i.e. dell’ordine del decimiliardesimo di metro!): essa è purtuttavia bastevole per modificare sensibilmente il cammino percorso dai fasci di luce.

Peraltro, il primo rilevamento di onde gravitazionali (ottenuto il 14 Settembre 2015 dai due interferometri statunitensi LIGO, coadiuvati dall’osservatorio italo-francese VIRGO, sorto nei pressi di Pisa e oggetto della sottostante fotografia) è valso l’attribuzione del Premio Nobel per la Fisica 2017, conferito agli scienziati Rainer Weiss, Barry Barish e Kip Thorne. Ulteriori conferme sono poi state raccolte l’anno scorso, potendo finalmente beneficiare della triangolazione dei tre interferometri.


Il fatto che la radiazione gravitazionale emessa da un oggetto sia direttamente proporzionale alla massa dello stesso conduce all’ascolto di onde (o musiche…) caratterizzate da sfumature diverse.

Esattamente come avviene nel caso degli strumenti musicali, il cui suono è legato ai parametri fisici degli strumenti stessi, il timbro delle onde gravitazionali dipende dunque dalle differenti caratteristiche dell’oggetto celeste che le emette, sia esso una coppia di buchi neri, un sistema binario di stelle, l’esplosione di una supernova oppure una galassia in via di formazione.

Così, come forse commenterebbe amenamente il poeta Gabriele D’Annunzio, ecco che “il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, stromenti diversi sotto innumerevoli dita”…

In clausola, per sottolineare il seppur ardito nesso fra Musica e Fisica Extra-Galattica, proponiamo ai Lettori alcune riflessioni tratte dall’opera De institutione Musicae di Severino Boezio (circa 475-477 – circa 524-526), noto filosofo romano annoverato tra i fondatori della Scolastica.

Anch’egli infatti, riprendendo la teoria pitagorica, attribuisce agli astri una musica celestiale, cosiddetta musica mundana. Essa, imperniata su solide regole matematiche e aurei rapporti armonici, è appunto in grado di tramutare il disordine entropico dell’Universo in placido e dolce kósmos, termine greco significante ordine, nel quale ciascun essere umano si sente lieto e libero di poter naufragare.

Osserva infatti Boezio come “possibile che un così veloce organismo del cielo si muova con tacito e silenzioso corso? Sebbene quel suono non giunga al nostro orecchio […] pure un movimento così veloce di tanti corpi celesti non potrà non suscitare affatto alcun suono, tanto più che i corsi degli astri sono congiunti specialmente con sì grande connessione, che nulla si possa immaginare così giustamente organizzato, niente così compatto”…

É la musica delle sfere celesti, ripresa anche da Dante nell’ambito della Sua mirabile e divina Commedia.

É la musica delle stelle, la cui eco riverbera nell’esistenza umana, conferendole gioia e armonia.

Sempre che si prestino orecchi attenti e che, ogni giorno, ci si lasci pervadere dall’infinita meraviglia di uno sguardo rivolto al cielo.

Sempre avvolti dall’abbraccio infinito della sua Stella più luminosa.

 

Il viaggio continua!

 

Image Credit: NASA, JPL-Caltech, GSFC, Hubble, NuSTAR

 

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Articolo pubblicato il 12/03/2018