L'Infinita Meraviglia del Cosmo

Sesta tappa. All'interno della Nebulosa di Orione: il "Manierismo poetico" dell'Universo

Soffermiamoci ancora qualche minuto nel contemplare la cangiante bellezza della Nebulosa di Orione (nota altresì come M42), proponendo ai Lettori un’immagine in campo profondo, sempre ottenuta con l’ausilio del Telescopio Spaziale Hubble. I colori, vividi e accesi, sono frutto di una (esteticamente eccezionale) rielaborazione informatica dei dati ottici e, come già appreso nel corso delle tappe precedenti, individuano la diversa natura chimica degli elementi che costituiscono la nebulosa.

L’occhio ormai avvezzo del Lettore – un moderno Giacomo Leopardi che “qui neghittoso immobile giacendo, il mar, la terra e il ciel miro e sorrido”, protendendo giustappunto “il guardo” all’Infinita Meraviglia del Cosmo – non faticherà ormai a scorgervi le sinuose e ampie pennellate di gas molecolari (in cromie magenta, rosse e purpuree), inframmezzate dagli scuri ciuffi tortili delle polveri (visibili per lo più nella porzione sinistra dell’immagine).

Colpiscono i cangiantismi: colori che si perdono l’uno nell’altro, naufragando dolcemente in un’amalgama composita che, come ovvio, rispecchia la continuità fisica delle differenti sottostrutture nebulari.

Questa reinterpretazione cromatica è inoltre contraddistinta da una plastica matericità e consistenza, spia pittorica del notevole quantitativo di materia presente all’interno della Nebulosa di Orione, considerata proprio uno dei siti astrofisici con più alto tasso di formazione stellare (STR – star formation rate – in gergo tecnico).

Se, dunque, la visione della tappa precedente aveva inteso suggerire un accostamento cromatico con l'amena, luminosa ed eterea leggerezza dei dipinti impressionisti, nell’immagine presentata oggi l'impasto timbrico, più corposo e denso, rimanda invece alle energiche sfumature di epoca manierista (XVI secolo). Esse infatti, in specie per quanto concerne i drappeggi delle vesti, venivano rese con tonalità mutevolmente accese, ardite e insolite: le stesse che caratterizzano l’avvolgente e serpentinato abbraccio di gas e polveri da cui sono cinti i giovani astri contenuti nella nebulosa.

In questo perenne ondeggiare fra licenze poetiche e dissertazioni scientifiche, sono proprio le stelle imprigionate a offrire lo spunto per nuove considerazioni da proporre al Lettore…

Infatti, come si osserva nella seconda immagine (ottenuta dal Telescopio Spaziale Hubble componendo fotogrammi in banda visibile e infrarossa), pur essendo la loro luce – proprio in virtù della giovane età  intrinsecamente tendente al blu, essa ci appare tuttavia alterata, risultando anomalmente rossa.

Questo fenomeno (con non poco ardimento quasi assurgibile a “licentia che fosse ordinata nella regola”, stante la definizione di Manierismo avanzata dal Vasari…) è giustappunto dovuto all’interazione della luce con i grani di polvere, i quali filtrano la componente blu dello spettro luminoso, conservando solo la banda rossa, meno energetica.

Al centro della suddetta immagine si riconoscono poi quattro sfolgoranti stelle, che costituiscono i membri principali dell'ammasso stellare aperto definito del Trapezio. Nello specifico, esso è posto appena al di sotto della cosiddetta cintura di Orione, all'interno dell'omonima costellazione. Come certo ricorderanno i Lettori, la distanza di questi oggetti dalla Terra è alquanto contenuta: appena 1500 anni luce. Del resto, a suffragio della sua relativa prossimità, il gruppo di Orione si colloca nella Via Lattea (la nostra galassia) all’interno della medesima regione che ospita anche il sistema solare.

Dopo aver esplorato appieno la poetica tavolozza di colori della Nebulosa di Orione, “bella non solo ancor, ma bella tanto”… come Aspasia nell’omonima lirica di Leopardi già citata in incipit, possiamo ora finalmente rivolgere altrove quello sguardo di infinita meraviglia e di “smisurato amor” che ogni volta, di fronte alla “celeste beltà”, suscita in noi un sincero e intenso “né tu finor giammai quel che tu stessa inspirasti alcun tempo al mio pensiero, potesti […] immaginar”…

 

Il viaggio continua!

 

Image Credit: R. Villaverde, Hubble Legacy Archive, NASA 

 

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Articolo pubblicato il 17/02/2018