La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini.

Brutale delitto a Porta Palazzo.

Nell’ambito dei “drammi di Porta Palazzo” fino ad ora presentati ai Lettori assume un particolare rilievo quello descritta da “La Stampa” di sabato 19 ottobre 1929 sotto il titolo “Brutale delitto a Porta Palazzo” e col sommario “Ridotta in fin di vita dal marito / con una bottiglia di vetriolo”.

Viene infatti descritto un caso di aggressione per mezzo del vetriolo da parte di un marito che non sa rassegnarsi alla separazione dalla moglie. Leggiamo come il cronista del 1929 affronti questo fenomeno criminale, oggi indicato col nome di “stalking” - ben noto e analizzato, anche se spesso non adeguatamente affrontato e prevenuto! – e come spieghi la causa della aggressività maschile nella ubriachezza abituale.

Una breve, tragica scenata ha ieri messo a rumore il mercato di Porta Palazzo, e più precisamente il settore posto verso la Galleria Umberto I, dove si allineano i banchi dei rivenditori di stoffe ed affini.

Appunto presso uno di questi banchi stava, insieme con altre compagne, la commessa Adele Lasagna in Moda fu Battista, di anni 38, abitante in via Borgo Dora 33, allorché al gruppo di donne s’avvicinava un uomo sulla cinquantina. Costui, che è il marito della Lasagna, certo Angelo Moda fu Gabriele, d’anni 52, rivolgeva alla donna alcune parole, e la invitava a scostarsi, come se intendesse trattenersi con lei per qualche tempo.

La Lasagna accondiscendeva all’invito, ed i due si allontanavano di qualche passo dal banco. Le commesse riprendevano il discorso interrotto, pur non perdendo d’occhio i due, che intanto avevano dato alla discussione un tono alquanto concitato. La curiosità delle donne non era affatto fuori luogo, in quanto tra le rivenditrici del mercato erano da tempo noti i dissapori che regnavano tra i due coniugi. La colpa di ogni cosa, stando alle prime versioni, va ricercata nel carattere dell’uomo, alquanto violento, specie quando aveva bevuto eccessivamente, il che gli accadeva spesso. Appunto per tale motivo le campagne di lavoro della Lasagna seguivano lo svolgersi del dialogo, in attesa di vedere come la sarebbe andata a finire.

Ad un tratto il Moda alzava la mano armata di una bottiglia, e con questa vibrava un tremendo colpo sulla testa della moglie. La donna con un urlo di dolore si accasciava al suolo, e coprendosi con le mani il viso, si lamentava pietosamente. L’uomo, compiuto l’atto malvagio, approfittando della confusione, si allontanava di corsa, senza che alcuno potesse trattenerlo.

Le donne presenti al fatto si davano subito attorno alla disgraziata, per porgerle qualche soccorso. La Lasagna aveva una gran ferita al cuoio capelluto, da cui scorreva copioso il sangue. La testa e la faccia erano però imbrattate di altra sostanza oltre che di sangue. Era vetriolo, che il selvaggio marito aveva messo nella bottiglia, e che si era sparso sulla ferita e rigava, piagandola, tutta l’epidermide della sciagurata. La donna, pur essendo fuori di sé, si lamentava compassionevolmente. Caricata sopra un’automobile, la donna veniva portata all’Astanteria Martini. Il medico di guardia, dott. Gasparini, la riceveva in sala di medicazione e le prestava le cure del caso. Avendole riscontrata la commozione cerebrale e gravi ustioni prodotte dall’acido solforico, il sanitario non si è pronunciato sulla prognosi. La povera donna è ora ricoverata in corsia ed è vegliata dalle due figlie di circa vent’anni e dal ragazzo di tredici anni.

Il Moda, sfuggito, come si è detto, all’arresto, è stato trovato, alquanto tempo dopo, cadavere nel cortile della propria abitazione.

Evidentemente, l’idea che la causa di tanta aggressività nell’ambito di una famiglia rispettabile sia riconducibile ad una inveterata tendenza al bere appare per così dire rassicurante. Il cronista non spinge oltre la sua analisi nemmeno quando, il giorno seguente, perviene al giornale una lettera della figlia che smentisce questa interpretazione:

La tragedia di Porta Palazzo

La signorina Adele Moda, la disgraziata figlia della vittima del dramma di Porta Palazzo, da noi riferito ieri, ci fa noto che la tragedia è stata la sciagurata conclusione di uno stato di cose creatosi in questi ultimi giorni, posteriormente alla addivenuta separazione dei coniugi Moda per reciproca incompatibilità di carattere. Pare quindi anche assodato che il fatto non sia dovuto allo stato di ebbrezza del marito, il quale, contrariamente a quanto era apparso dai primi accertamenti, non era eccessivamente dedito al vino (“La Stampa”, 20 ottobre 1929).

La tragedia di Porta Palazzo del 1929 si conclude così in sordina tanto più che il l’aggressore si è suicidato.

Certo al tempo non era facile immaginare che, dopo quasi 90 anni, comportamenti come quello di Angelo Moda sarebbero diventati molto più frequenti ed avrebbero assunto una precisa fattispecie nel nostro Codice Penale con l’articolo 612 bis. Atti persecutori. Stalking.

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Articolo pubblicato il 26/02/2018