Cooperare è più che collaborare.

Le imprese e la sfida della “sussidiarietà circolare”.

È tempo di fare il passo decisivo mettendo la sfera degli enti pubblici e il blocco imprenditoriale e quello del Terzo settore in condizioni, non solo di dialogare, ma di progettare e gestire insieme tutta una serie di servizi nell’ambito del welfare, inteso in senso ampio (non solo sanità e assistenza ma tutto ciò che riguarda il benessere delle persone: quindi anche la cultura, i beni comuni).

Bisogna creare per questo un modello teorico di governance che ancora non esiste al mondo, mentre esistono delle buone pratiche che, in questo caso, sono venute prima della teoria, e alcune si stanno realizzando in Italia”.

Da qualche tempo, l’autore delle parole che abbiamo riportato, cioè il professor Stefano Zamagni, di questo passo ne parla come di una necessaria “innovazione di rottura sul piano sociale”.

Una realtà di cooperazione e di “dialogo operante” con il territorio, quale Dai Impresa è, non fatica a comprendere il perché. Davvero, come in altra occasione ha sostenuto il citato economista, “E’ indispensabile che la società civile torni ad organizzarsi per la cooperazione e non semplicemente per la collaborazione.

La parola chiave è qui cooperare, perché non basta collaborare. Aristotele ci ha insegnato che operare insieme è assai più che lavorare insieme”. Questo tempo chiede delle opere, quindi non mera filantropia o collateralismi egoisti con la piccola politica, che solo attraverso questa “circolarità” si potranno realizzare.

L’impresa non può innalzare muri, così illudendosi di presidiare una qualità e un livello di benessere che in realtà si consumano fino ad azzerassi nel “protezionismo di piccolo cabotaggio”, ma accettare fino in fondo la contaminazione e la triangolazione con il territorio.

Si badi bene, non per porsi in risalto per una particolare “responsabilità sociale”, bensì perché non si può non farlo, se si vuole difendere davvero l’economia e il lavoro.

Un percorso che richiede un dinamico “pensiero laterale” e l’uscita dalla logica dell’indispensabilità del conflitto. Una sfida che riguarda l’impresa, che non può proprio volgersi dall’altra parte.

Marco Margrita

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Articolo pubblicato il 29/01/2018