Troppo spesso, e questo riguardo molto anche l’impresa, ci si fa amplificatori di un giudizio largamente negativo dei cosiddetti Millenials.
Per intenderci, appellati anche Generazione Y, stiamo parlando di quanti sono nati tra i primi anni '80 e i primi anni 2000: la prima generazione del nuovo millennio ad essere nata nel mondo della comunicazione globale (all’incirca il 24% della popolazione mondiale).
Si suole indicare questa generazione come quella delle tre C: Connected (il 97% ha almeno un profilo personale su una piattaforma di social network); Confident (ricercatori, curiosi e sperimentatori); Open to Change (socialmente tolleranti e aperti alla novità e alla contaminazione culturale). Caratteristiche, queste, di cui si preferisce dare una lettura negativa o strumentale, senza cogliere la sfida e l’energia che possono rappresentare.
L’impresa, anche e soprattutto in Italia, quasi non riesce a valorizzare questo patrimonio potenziale. Patrimonio dal punto di vista della più immediata delle innovazioni: uno sguardo nuovo e rinnovato.
Non è solo una faccenda di normative del lavoro o disoccupazione difficile da scongiurare: anche là dove il lavoro c’è, infatti, si tende a non lasciarsi trasformare da un’accoglienza vera di questa “consapevolezza altra” del mondo.
Evidenziava, qualche mese fa, Simone Colombo, Instructional Designer presso Logotel, nel suo contributo per il quaderno Weconomy #11 “Quid Novi? – Generazioni che collaborano”: "Non è vero che i millennials sono superficiali, sono le imprese che devono imparare a valorizzarli meglio".
In pochi anni avremo cinque generazioni insieme al lavoro, si prevede accadrà intorno al 2020 (Bureau of Labor Statistics). La leadership dell’Impresa, quindi, deve iniziare a portare a quel futuro, pensando la comunità del lavoro come uno spazio collaborativo meno formale che le nuove generazioni cercano, perché più informalmente già vivono.
Questo è già un mondo, e lo sarà sempre più, dove nessuno potrà smettere di imparare. Per incidere davvero, anzi, si dovrà la capacità di farlo continuamente.
Accogliere davvero i Millenials, osando imparare da loro potrebbe essere un potente fattore di sviluppo.
I conservatorismi hanno ben poco da conservare, d’altronde, in questo frangente storico.
Marco Margrita
Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini
Articolo pubblicato il 26/01/2018